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martedì 17 settembre 2024

Nell’anno dell’intelligenza artificiale gli auguri ed i consigli di un vescovo agli studenti: “Il link giusto per la scuola e la vita? Quello tra cervello, cuore, occhi e mani”

Nell’anno dell’intelligenza artificiale 
gli auguri ed i consigli di un vescovo agli studenti:
“Il link giusto per la scuola e la vita?
Quello tra cervello, cuore, occhi e mani”


Il messaggio del Vescovo di Lamezia agli studenti per l’avvio del nuovo anno scolastico 

Sarà l’anno dell’intelligenza artificiale, quello che i ragazzi si apprestano a vivere con il rintocco della prima campanella. Una tecnologia pervasiva che finirà inevitabilmente per mutare l’approccio allo studio e alla conoscenza. Una vera e propria rivoluzione a cui forse non siamo ancora pronti dal punto di vista antropologico e psicologico.

Ecco perché è importante mantenere fermo il timone dell’Humanum per evitare di perdersi tra le onde di un oceano vasto, sconosciuto e non privo di pericoli. È questo il senso della lettera che monsignor Serafino Parisi, vescovo di Lamezia Terme, ha rivolto agli studenti in apertura del nuovo anno scolastico. Un invito affinché fra i tanti link che i ragazzi utilizzeranno per videoconferenze, libri digitali, mail e servizi vari, non smarriscano quello più essenziale: il collegamento che connette cervello, cuore, occhi e mani. Quella “connessione interna – scrive il Vescovo ai ragazzi – che abita dentro ciascuno di Voi e che Vi garantisce, quando state bene, di restare vigili, lucidi, reattivi, proattivi e non resilienti, padroni della Vostra volontà e della capacità di autogovernarVi […]. Solo se questo sistema di connessione – o, per meglio dire, di ‘inter-connessione’ – resta funzionante, sarete in grado di fronteggiare altre connessioni e di raggiungere gli obiettivi prioritari, al netto di quelli che molto spesso sono orientati allo sfruttamento e al cumulo spietato del lucro di chi gestisce tali sistemi e potrete farlo senza restarne ‘stirati’, manipolati e violentati dal potenziale dirompente di questa tecnologia che, fra l’altro, rischia di favorire – se non proprio determinare – la privazione della interazione umana”.

Il Vescovo parla ai ragazzi con sollecitudine paterna delle nuove forme di schiavitù che le nuove frontiere del digitale finiscono inevitabilmente per costruire. Gli algoritmi sono efficaci ma non possono leggere il cuore dell’uomo e pertanto possono essere spietati.

Il riferimento è diretto alle nuove forme di lavoro che stanno caratterizzando la nostra epoca e che spesso vedono proprio i giovani vittime di un nuovo sistema di sfruttamento che qualcuno ha definito figlio del ‘tecnofeudalesimo’: “Pensate ai numerosi servizi come quelli che, ad esempio, ci fanno arrivare la pizza a casa, o altra merce ordinata: essi si servono di algoritmi che calcolano i tempi di consegna per i rider – ragazzi poco più grandi di voi – che con il motorino fanno le consegne a qualsiasi ora per guadagnare qualcosa. L’algoritmo non tiene conto dei bisogni più umani e scontati che anche tu, che mi leggi, hai. Ordina i ritmi e l’uso dei minuti trasformando i dipendenti in robot. A te chiedo come tu possa sentirti se omologato ad un robot. Ritieni ancora che un algoritmo possa prevedere, leggere il contesto e, per dirlo in breve, rispettare i bisogni più umani delle persone?”.

È da qui che muove l’invito di monsignor Parisi a saper leggere il contesto, quella capacità tipicamente umana che consente di sfuggire al determinismo degli algoritmi: “È importante restare lucidi e capaci di leggere sempre, fino al nostro ultimo respiro, il contesto – scrive agli studenti –. È la lettura del contesto il tratto prezioso e irripetibile che connota il sano fare degli uomini, che mette insieme la capacità di leggere dentro le cose, collegando cervello, cuore, occhi e mani”.

Il testo integrale del messaggio

Carissimi ragazzi e ragazze,

permettetemi di essere dei Vostri nel momento in cui prende vita questo nuovo anno scolastico.

Vi comunico subito il mio desiderio mentre vi raggiungo, ormai per il terzo anno consecutivo, con questo scritto: vorrei che le provocazioni che depongo nella Vostra cassetta degli attrezzi Vi servissero per l’esperienza scolastica ma soprattutto per la vita.

L’attrezzo che quest’anno vorrei consegnarvi è “immateriale”, non si tocca né si vede: è la connessione che vorrei aveste tra cervello, cuore, occhi e mani. Non come quella che maneggiate ogni giorno, in ogni ora, per restare connessi con “il mondo”. Penso invece, come dono, alla connessione interna che abita dentro ciascuno di Voi e che Vi garantisce, quando state bene, di restare vigili, lucidi, reattivi, proattivi e non resilienti (ma di questo ne parleremo), padroni della Vostra volontà e della capacità di autogovernarVi. Si tratta di un sofisticato sistema che non si vede, ma di cui si conoscono i suoi effetti, molti positivi ma tanti altri negativi.

Solo se questo sistema di connessione – o, per meglio dire, di “inter-connessione” – resta funzionante, sarete in grado di fronteggiare altre connessioni e di raggiungere gli obiettivi prioritari, al netto di quelli che molto spesso sono orientati allo sfruttamento e al cumulo spietato del lucro di chi gestisce tali sistemi e potrete farlo senza restarne “stirati”, manipolati e violentati dal potenziale dirompente di questa tecnologia che, fra l’altro, rischia di favorire – se non proprio determinare – la privazione della interazione umana.

Eccessivo questo mio dire? Pensate ai numerosi servizi come quelli che, ad esempio, ci fanno arrivare la pizza a casa, o altra merce ordinata: essi si servono di algoritmi che calcolano i tempi di consegna per i rider – ragazzi poco più grandi di voi – che con il motorino fanno le consegne a qualsiasi ora per guadagnare qualcosa. L’algoritmo non tiene conto dei bisogni più umani e scontati che anche tu, che mi leggi, hai. Ordina i ritmi e l’uso dei minuti trasformando i dipendenti in robot. A te chiedo come tu possa sentirti se omologato ad un robot. Ritieni ancora che un algoritmo possa prevedere, leggere il contesto e, per dirlo in breve, rispettare i bisogni più umani delle persone? Mettiamoci pure che tra i rilievi che possono essere mossi sugli algoritmi vi è quello che ci induce a riflettere sulla loro persistente capacità di farci vedere ciò verso cui abbiamo dimostrato interesse, rafforzandoci nelle nostre convinzioni (anche se errate) e non consentendoci di aprirci al confronto – in vista di un affrancamento, se necessario – e alla conseguente crescita come – detto con fermezza – solo lo studio può fare. In fondo la scuola è un viaggio e il viaggiare ci espone all’ignoto e quindi al rischio vantaggioso di mettere in discussione le nostre convinzioni.

A proposito delle questioni appena accennate, molto si parla, in particolar modo in ambienti accademici, di “determinismo algoritmico” di cui già subiamo le pesanti ricadute e gli innegabili vantaggi. La discussione proprio in queste ore è molto accesa su alcuni temi cruciali quali, ad esempio, la trasparenza e l’equità nella progettazione di queste tecnologie, la responsabilità nelle decisioni “autonome” delle macchine, la regolamentazione legale e le problematiche giuridiche e, sul piano religioso, la sfida circa i concetti di anima e di coscienza e, infine, la dimensione etica di un “ragionamento” – perché di questo si tratta – di per sé prevedibile in quanto pre-impostato e pre-disposto, e perciò per nulla creativo come deve essere una vera “intelligenza”.

Eppure la cosiddetta intelligenza artificiale, più brevemente e velocemente I.A., che anche tu guarderai con interesse crescente in questo nuovo anno scolastico, che della logica degli algoritmi fa la sua sostanza, è alla base di accadimenti come quello detto con l’esempio dei rider. A te voglio consegnare, proprio per tale motivo, la raccomandazione di tener sempre funzionante la connessione di cui parlavo all’inizio, per saper gestire tutte le altre connessioni, anche quelle che portano dritte all’I.A.

E infine un ricordo non guasta… Ricordi tu la frase iconica che hai sentito, sin da bambino, dai grandi di casa in varie situazioni: «Ma non lo vedi?». La frase risuonava per sottolineare l’ovvietà delle cose, delle situazioni che nella loro evidenza imponevano e impongono condotte consequenziali. Ad esempio, se tira vento, è chiaro che devi chiudere le finestre e se hai la tonsillite o la calcolosi renale non puoi andare alle Olimpiadi. Ma queste cose pur banali, sono chiare se ci vedi, ossia se funziona la tua connessione interna. Se sei appannato e spento, è quasi certo che il vento ti spingerà fuori dalla finestra e non potrai nemmeno dare un calcio al pallone nel campetto parrocchiale. È importante restare lucidi e capaci di leggere sempre, fino al nostro ultimo respiro, il contesto. È la lettura del contesto il tratto prezioso e irripetibile che connota il sano fare degli uomini, che mette insieme la capacità di leggere dentro le cose, collegando cervello, cuore, occhi e mani. Questo significa intelligenza. La lettura del contesto la fa solo l’uomo, nessun altro… nemmeno chi gestisce al meglio gli algoritmi che potrebbero, come bestie feroci, fagocitarlo. La persona e il suo cuore devono restare centrali nella considerazione attenta, critica e al tempo stesso speranzosa della complessa questione che, in definitiva, è antropologica.

A proposito di “maccheroniche” abbreviazioni: i latini – che già conoscevano l’espressione «omne ignotum pro magnifico» (“Tutto ciò che è ignoto è sublime”, cf. Tacito, Vita di Agricola, 30) – con la loro capacità sapienziale di «intelligere» (cioè “intus legere”, leggere dentro), suggerivano di accostarsi a tutte le situazioni, soprattutto quelle nuove, con un po’ di discernimento, «cum grano salis», appunto. Una raccomandazione per la vita che potrebbe servirci… per non soccombere.

A tutti coloro che gravitano intorno al mondo della scuola: studenti, docenti, dirigenti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario e a tutte le famiglie giungano i miei più cari auguri di buon anno e di buon lavoro.
Il Vostro vescovo
+ Serafino Parisi
(fonte: Diocesi di Lamezia Terme 15/09/2024)