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lunedì 20 maggio 2024

SOLENNITÀ DI PENTECOSTE 19/05/2024 - Papa Francesco Omelia: «Lo Spirito ci dà la forza per andare avanti e chiamare tutti con gentilezza, ci dà la gentilezza di accogliere tutti.» - Regina Caeli: «Oggi, festa di Pentecoste, preghiamo lo Spirito Santo, Amore del Padre e del Figlio, perché crei armonia nei cuori, armonia nelle famiglie, armonia nella società, armonia nel mondo intero» (foto, testo e video)

SOLENNITÀ DI PENTECOSTE

Domenica, 19 maggio 2024

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SANTA MESSA 

Basilica di San Pietro



Forte e dolce. Potente e gentile. Papa Francesco, per definire lo Spirito Santo nell’omelia della Messa di Pentecoste nella Basilica di San Pietro, ricorre ad immagini che sembrerebbero opporsi tra di loro e invece sono espressione dell’azione che proprio lo Spirito soffia in noi e alimenta la missione della Chiesa. Il “paraclito” che trasforma i cuori, rende anche audaci nel diffondere il messaggio del Vangelo a tutti.







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OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Il racconto della Pentecoste (cfr At 2,1-11), ci mostra due ambiti dell’azione dello Spirito Santo nella Chiesa: in noi e nella missione, con due caratteristiche: la forza e la gentilezza.

L’azione dello Spirito in noi è forte, come simboleggiano i segni del vento e del fuoco, che spesso nella Bibbia sono associati alla potenza di Dio (cfr Es 19,16-19). Senza questa forza, non riusciremmo mai a sconfiggere il male, né a vincere i desideri della carne di cui parla San Paolo, a vincere quelle pulsioni dell’anima: l’impurità, l’idolatria, le discordie, le invidie … (cfr Gal 5,19-21): con lo Spirito si possono vincere, Lui ci dà la forza per farlo, perché Lui entra nel nostro cuore “arido, rigido e gelido” (cfr Sequenza Veni Sancte Spiritus). Quelle pulsioni rovinano le nostre relazioni con gli altri e dividono le nostre comunità, e Lui entra nel cuore e guarisce tutto.

Ce lo mostra anche Gesù, quando, spinto dallo Spirito, si ritira per quaranta giorni nel deserto (cfr Mt 4,1-11) per essere tentato. E in quel tempo anche la sua umanità cresce, si rafforza e si prepara alla missione.

Contemporaneamente, l’agire del Paraclito in noi è anche gentile: è forte e gentile. Il vento e il fuoco non distruggono né inceneriscono quello che toccano: l’uno riempie la casa in cui si trovano i discepoli e l’altro si posa delicatamente, in forma di fiammelle, sul capo di ciascuno. E anche questa delicatezza è un tratto dell’agire di Dio che ritroviamo tante volte nella Bibbia.

Ed è bello vedere come la stessa mano robusta e callosa che prima ha dissodato le zolle delle passioni, poi delicatamente, messe a dimora le pianticelle della virtù, le “bagna”, le “cura” (cfr Sequenza) e le protegge con amore, perché crescano e si irrobustiscano, e noi possiamo gustare, dopo la fatica del combattimento contro il male, la dolcezza della misericordia e della comunione con Dio. Così è lo Spirito: forte, ci dà la forza per vincere, e anche delicato. Si parla dell’unzione dello Spirito, lo Spirito ci unge, è con noi. Come dice una bella preghiera della Chiesa antica: «La tua mitezza rimanga, o Signore, con me e così i frutti del tuo amore!» (Odi di Salomone, 14,6).

Lo Spirito Santo, disceso sui discepoli e fattosi vicino – cioè “paraclito” – agisce trasformando i loro cuori e infondendo in essi un’«audacia che li spinge a trasmettere agli altri la loro esperienza di Gesù e la speranza che li anima» (S. Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 24). Come testimonieranno poi Pietro e Giovanni davanti al Sinedrio, quando si pretenderà di imporre loro di «non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù» (At 4,18); essi risponderanno: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (v. 20). E per rispondere questo hanno la forza dello Spirito Santo.

E questo è importante anche per noi, che abbiamo avuto in dono lo Spirito nel Battesimo e nella Confermazione. Dal “cenacolo” di questa Basilica, come gli Apostoli, siamo inviati, oggi specialmente, ad annunciare il Vangelo a tutti, andando «sempre oltre, non solo in senso geografico, ma anche al di là delle barriere etniche e religiose, per una missione veramente universale» (Redemptoris missio, 25). E grazie allo Spirito possiamo e dobbiamo farlo con la stessa forza e con la stessa gentilezza.

Con la stessa forza: cioè, non con prepotenza e imposizioni – il cristiano non è prepotente, la sua forza è un’altra, e la forza dello Spirito –, nemmeno coi calcoli e colle furbizie, ma con l’energia che viene dalla fedeltà alla verità, che lo Spirito insegna ai nostri cuori e fa crescere in noi. E così noi ci arrendiamo allo Spirito, non ci arrendiamo alla forza del mondo, ma continuiamo a parlare di pace a chi vuole la guerra, a parlare di perdono a chi semina vendetta, a parlare di accoglienza e solidarietà a chi sbarra le porte ed erige barriere, a parlare di vita a chi sceglie la morte, a parlare di rispetto a chi ama umiliare, insultare e scartare, a parlare di fedeltà a chi rifiuta ogni legame, confondendo la libertà con un individualismo superficiale, opaco e vuoto. Senza lasciarci intimorire dalle difficoltà, né dalle derisioni, né dalle opposizioni che, oggi come ieri, non mancano mai nella vita apostolica (cfr At 4,1-31).

E nello stesso tempo in cui agiamo con questa forza, il nostro annuncio vuol essere gentile, per accogliere tutti. Non dimentichiamo questo: tutti, tutti, tutti. Non dimentichiamo quella parabola degli invitati a festa che non sono voluti andare: “Andate agli incroci delle strade e portate tutti, tutti, tutti, buoni e cattivi, tutti” (cfr Mt 22,9-10). Lo Spirito ci dà la forza per andare avanti e chiamare tutti con gentilezza, ci dà la gentilezza di accogliere tutti.

Tutti noi, fratelli e sorelle, abbiamo tanto bisogno di speranza, che non è ottimismo, no, è un’altra cosa. Abbiamo bisogno di speranza. La speranza la si raffigura come un’ancora, lì, alla riva, e noi, aggrappati alla corda, verso la speranza. Abbiamo bisogno di speranza, abbiamo bisogno di alzare gli occhi su orizzonti di pace, di fratellanza, di giustizia e di solidarietà. È questa l’unica via della vita, non ce n’è un’altra. Certo, purtroppo, spesso non appare facile, anzi a tratti si presenta tortuosa e in salita. Ma noi sappiamo che non siamo soli: abbiamo questa sicurezza che con l’aiuto dello Spirito Santo, con i suoi doni, insieme possiamo percorrerla e renderla sempre più percorribile anche per gli altri.

Rinnoviamo, fratelli e sorelle, la nostra fede nella presenza, accanto a noi, del Consolatore, e continuiamo a pregare:

Vieni, Spirito Creatore, illumina le nostre menti,
riempi della tua grazia i nostri cuori, guida i nostri passi,
dona al nostro mondo la tua pace.
Amen.


Guarda il video integrale

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REGINA CAELI

Piazza San Pietro


Cari fratelli e sorelle, buona festa di Pentecoste, buongiorno!

Oggi, Solennità della Pentecoste, celebriamo la discesa dello Spirito Santo su Maria e sugli Apostoli. Nel Vangelo della liturgia Gesù parla dello Spirito Santo e dice che Egli ci insegna “tutto ciò che ha udito” (cfr Gv 16,13). Ma cosa significa questa espressione? Che cosa ha udito lo Spirito Santo? Di cosa ci parla?

Ci parla con parole che esprimono sentimenti meravigliosi, come l’affetto, la gratitudine, l’affidamento, la misericordia. Parole che ci fanno conoscere un rapporto bello, luminoso, concreto e duraturo come è l’Amore eterno di Dio: le parole che il Padre e il Figlio si dicono. Sono proprio le parole trasformanti dell’amore, che lo Spirito Santo ripete in noi, e che ci fa bene ascoltare, perché queste parole fanno nascere e fanno crescere nel nostro cuore gli stessi sentimenti e gli stessi propositi: sono parole feconde.

Per questo è importante che ci nutriamo ogni giorno delle Parole di Dio, delle Parole di Gesù, ispirate dallo Spirito. E tante volte dico: leggere un pezzo del Vangelo, avere un Vangelo piccolo, tascabile e portarlo con noi, approfittando dei momenti favorevoli. Il sacerdote e poeta Clemente Rebora, parlando della sua conversione, scriveva nel diario: «E la Parola zittì chiacchiere mie!» (Curriculum vitae) La Parola di Dio zittisce le nostre chiacchiere superficiali e ci fa dire parole serie, parole belle, parole gioiose. «E la Parola zittì chiacchiere mie». Ascoltare la Parola di Dio fa tacere le chiacchiere. Ecco come dare spazio in noi alla voce dello Spirito Santo. E poi nell’Adorazione – non dimentichiamo la preghiera di adorazione in silenzio – specialmente quella semplice, silenziosa, come è l’adorazione. E lì dire dentro di noi parole buone, dirle al cuore per poterle dire agli altri, dopo, gli uni per gli altri. E così si vede che vengono dalla voce del Consolatore, dello Spirito.

Care sorelle e fratelli, leggere e meditare il Vangelo, pregare in silenzio, dire parole buone, non sono cose difficili, no, le possiamo fare tutti. Sono più facili che insultare, arrabbiarsi… E allora ci chiediamo: che posto hanno queste parole nella mia vita? Come posso coltivarle, per mettermi meglio in ascolto dello Spirito Santo, e diventarne un’eco per gli altri?

Maria, presente a Pentecoste con gli Apostoli, ci renda docili alla voce dello Spirito Santo.

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Dopo il Regina Caeli

Cari fratelli e sorelle!

Lo Spirito Santo è Colui che crea l’armonia, l’armonia! E la crea a partire da realtà differenti, a volte anche conflittuali. Oggi, festa di Pentecoste, preghiamo lo Spirito Santo, Amore del Padre e del Figlio, perché crei armonia nei cuori, armonia nelle famiglie, armonia nella società, armonia nel mondo intero; che lo Spirito faccia crescere la comunione e la fraternità tra i cristiani delle diverse Confessioni; doni ai governanti il coraggio di compiere gesti di dialogo, che conducano a porre fine alle guerre. Le tante guerre di oggi: pensiamo all’Ucraina – il mio pensiero va in particolare alla città di Kharkiv, che ha subito un attacco due giorni fa –; pensiamo alla Terra Santa, alla Palestina, a Israele; pensiamo a tanti posti dove ci sono le guerre. Che lo Spirito porti i responsabili delle nazioni e tutti noi ad aprire porte di pace.

Esprimo la mia gratitudine per l’accoglienza e l’affetto dei veronesi, ieri: sono stati bravi, i veronesi! Grazie, grazie. In modo particolare penso al carcere di Verona, penso alle detenute, ai detenuti che mi hanno testimoniato ancora una volta che dietro le mura di un carcere palpitano vita, umanità e speranza. A tutto il personale penitenziario, e in particolare alla direttrice, Dr.ssa Francesca Gioieni, va il mio sentito “grazie”.

Saluto tutti voi, pellegrini di Roma e di diverse parti d’Italia e del mondo. In particolare saluto quelli di Timor-Leste – vi verrò a trovare presto! –, quelli della Lettonia e dell’Uruguay; come pure la comunità paraguayana di Roma, che festeggia la Virgen de Caacupé, e la Missione cattolica portoghese di Lucerna.

Saluto i ragazzi dell’Immacolata; saluto le Suore che sono lì, brave! Saluto i fedeli di Benevento, Porto Azzurro e Terracina, e l’Istituto “Caterina di Santa Rosa” di Roma.

Auguro a tutti buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

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