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venerdì 10 maggio 2024

Enzo Bianchi La lezione del piccolo resto

Enzo Bianchi 
La lezione del piccolo resto


La Repubblica - 6 Maggio 2024

Sappiamo che la Bibbia, il grande codice dei cristiani, contiene in modo irrinunciabile la Bibbia ebraica che viene letta e meditata come il Nuovo Testamento. Per i cristiani essa contiene la parola di Dio rivolta al suo popolo, una parola che echeggia ancora oggi. È soprattutto una parola che ci dà delle lezioni e tra queste una che oggi è importante e decisiva: la lezione del piccolo resto.

Nella storia di Israele con il suo Dio è coinvolto tutto un popolo ma in esso c’è un resto, una porzione che, sopravvissuta alle diverse distruzioni a causa della sua giustizia, è rimasta nello spazio della fede in Dio. Coloro che ne fanno parte sono quasi sempre dei poveri, ‘anawîm curvati dalle diverse oppressioni, ma sono hassidim, giusti-fedeli che conservano le promesse di Dio e attendono il suo giorno, giorno di liberazione, ma anche di giudizio sul mondo. Sono diverse le epoche della storia in cui sono avvenute queste catastrofi-shoah che sono all’origine della redenzione e di un ricominciare, purché noi le leggiamo come tempi di crisi e tempi di amore nuziale tra Dio e i suoi fedeli. Ma è emerge anche che dopo la prova e la distruzione, il popolo sa piangere le sue ribellioni, le sue contraddizioni alla volontà di Dio, sa dunque dal pentimento risalire alla conversione. Le Lamentazioni di Geremia, questo libretto composto da lacrime, grida, proteste e preghiere, ne sono una grande testimonianza.

Ed ora noi siamo in una situazione parallela e molto simile anche nella vita della chiesa: attraversiamo una crisi profonda, almeno in occidente, assistiamo alla diminuzione dei fedeli, constatiamo che si disertano le assemblee cristiane dove si costruisce la chiesa, e alcuni senza essere profeti di sventura parlano di un venir meno della fede ripetendo le parole di Gesù: “Ma quando il Figlio dell’uomo verrà troverà ancora la fede sulla terra?”.

Chissà quali sono i sentimenti dei cristiani che sembrano non preoccuparsi di questa crisi di fede... Gesù non ha fatto promesse circa una presenza perenne dei cristiani nella storia, ha semplicemente detto che le porte dell’inferno non prevarranno contro la chiesa perché lui, il Risorto, ha vinto e svuotato l’inferno per sempre.

Ma in questa crisi ciò che mi preoccupa è che nella chiesa non si piange, non si dà pentimento e neppure si compongono lamenti su questa dolorosa situazione, come a suo tempo fece Geremia. Anzi, i lamenti di Geremia non si cantano neanche più nella liturgia perché troppo funebri e tristi per gli umani contemporanei. Ora, siamo tutti convinti che sia finita l’epoca della cristianità, la forma che la chiesa ha avuto nel mondo da Costantino ai nostri giorni, e che non per questo il cristianesimo verrà meno: anzi, il cristianesimo non fa che risorgere ieri come oggi. Il piccolo resto ha questa fede, nella coscienza di non essere un gruppo settario o una porzione privilegiata. Anzi sa di essere fatto di peccatori, gente debole e gente di scarto ma con una scintilla di fede nel cuore.

Il piccolo resto sa che più che cristiani si è uomini e donne che tentano di diventare cristiani e questo è compito di tanti che hanno appena visto o incontrato Gesù e non l’hanno seguito come Zaccheo, così come tanti che Gesù incontrò, salvò e lasciò andare per la loro strada...

Il piccolo gregge non si separa dagli altri, dalla chiesa, ma della chiesa istituzione non fa un assoluto. Sa che lo Spirito di Cristo soffia quando vuole, dove vuole e come vuole e che molti discepoli di Gesù dichiarati tali staranno fuori dal Regno e così come molti che qui sembrano fuori saranno presenti e vivi nel Regno...

Forse anche questa esperienza storica del piccolo resto degli ebrei ci può insegnare molte cose.
(fonte: blog dell'autore)