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mercoledì 15 marzo 2023

Enzo Bianchi: Il nuovo cammino per Cristo

Enzo Bianchi
Il nuovo cammino per Cristo 

La chiesa di Francesco ha ancora un lungo cammino davanti


La Repubblica - 13 Marzo 2023

Il 13 marzo del 2013 veniva eletto Vescovo di Roma il Card. Giorgio Bergoglio che nello stupore generale assunse il nome di Francesco. Erano necessarie molta audacia e determinazione per una scelta così innovativa: il nome di Francesco d’Assisi rimanda a un tentativo di riforma della chiesa, a una reale e radicale rinuncia al potere ecclesiastico. Non lo si deve dimenticare: Francesco era un semplice cristiano, un fedele laico che non volle mai entrare nell’ordine presbiterale, scelse di restare semplice fratello tra fratelli e sorelle e dare il primato unicamente al Vangelo. Inimitabile dunque per un vescovo!

E da subito Papa Francesco parlò di riforma della chiesa, di riforma dell’esercizio del papato, di una chiesa nella quale i poveri non fossero solo i primi clienti per diritto della Buona notizia, ma fossero anche “maestri”, capaci di essere loro stessi soggetti di evangelizzazione. Questo sollevò molte speranze, si parlò e si discusse di primavera della chiesa, di ripresa della dinamica del Concilio Vaticano II, di un clima di libertà esente dai timori e dalle paure destate in passato da uno stile autoritario nella guida della chiesa.

Sono passati dieci anni, già molti rispetto agli anni di pontificato di Giovanni XXIII e di Benedetto XVI, un periodo del quale Francesco stesso non pensava di poter disporre. Certamente questo pontificato si è mostrato in realtà tra i più travagliati, e non per la presenza di un papa emerito, ma per le divisioni che si sono create o si sono accentuate nella chiesa cattolica parallelamente alle divisioni e alle discordie presenti tra le altre chiese, soprattutto ortodosse. Lo si voglia o no riconoscere, sta di fatto che è intervenuta una “gelata repentina” negli anni 2017-2018, e da allora il ministero papale di Francesco è fortemente contraddetto, contestato e accusato di colpe gravi quali l’infedeltà alla tradizione ecclesiale. Francesco continua a dire in tante interviste che a volte soffre ma che non è scosso da queste critiche e continua nella saldezza il suo servizio. I problemi però sono conclamati e non rendono facile ai cattolici, nell’attuale crisi del cristianesimo sempre più in movimento verso la diaspora, il discernimento di una voce autorevole che dissipi ogni confusione.

Non mi piace fare bilanci, ma penso sia opportuno mettere a fuoco alcune urgenze che richiedono tutto l’impegno di Francesco nell’ultimo tratto del suo ministero petrino. Innanzitutto la riaffermazione della centralità di Cristo nella fede e nella vita della chiesa, in continuità con le convinzioni espresse nella lettera programmatica Evangelii Gaudium: l’attenzione di tutta la chiesa deve essere rivolta al Signore Gesù Cristo e non a se stessa. La celebrazione di Nicea può essere occasione a livello di tutte le chiese cristiane, dunque ecumenico, per distogliere lo sguardo ossessivo e narcisistico da se stessa e guardare a Cristo, indicare lui, credere in lui.

Un Sinodo così importante come metodologia da assumere non potrà dare presto i suoi frutti: occorrerà un lungo cammino, ma per la riforma della chiesa si deve iniziare dalla fede, senza timori. Qual è il volto di Cristo che la chiesa racconta e annuncia agli uomini e alle donne del nostro tempo? Qui sta la radice dei problemi e della crisi. E se ci si concentra sul Cristo si decentrerà il papato, si decentrerà la gerarchia e la chiesa assumerà le sembianze e lo stile del Cristo povero e umanissimo che tra gli uomini porta vita e liberazione.

A partire da questa riaffermazione della centralità di Cristo potranno scaturire nuove vie e forme di presenza delle donne nella chiesa, troverà posto una morale rinnovata in un’ottica nuova, ispirata dalla misericordia, si aprirà un cammino di fraternità per tutti nel quale il Vescovo di Roma sarà nient’altro che il servo della comunione, memoria della fede autentica.
(fonte: blog dell'autore)