Il DNA fatto di amore
Se alla sera della vita non rimane che l’amore, nel giorno di San Valentino è bene chiedersi; "ma quale amore"? Quello che costringe o quello che attrae?
“Alla sera della vita non rimane che l’amore”. Questa espressione molto pregnante di S. Giovanni della Croce è piuttosto conosciuta, e fa eco alle ben note parole di S. Paolo: Tre sono le cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità. Ma di tutte più grande è la carità.” (1 Cor 13,13)
Alla fine della nostra vita saremo giudicati proprio sull’amore. L’amore è l’ingrediente che dà sapore alla nostra vita, che rende ogni giorno degno di essere vissuto. Viviamo come se ogni giorno della nostra vita fosse l’ultimo.
Se oggi dovessimo spiccare il volo verso il Cielo, quale ricordo di noi vorremmo lasciare? Desideriamo che il nostro ricordo sia una benedizione e produca frutti di pace e di letizia?
S. Giovanni evangelista, nelle sue lettere, non fa che parlare del nuovo comandamento: il comandamento dell’amore (Gv 15, 12.17). Come un ritornello ripete che l’unica cosa importante, la cosa essenziale è: amare. S. Agostino, forse dopo anni di riflessione, arriva ad una conclusione che gli (e ci) semplifica la vita: “Ama e fa’ ciò che vuoi!” Nel senso che chi ama acquisisce una piena libertà di spirito. Certamente una libertà dalle norme che intrappolano l’esistenza, ma soprattutto una libertà tale che lo rende capace di donare anche la propria vita.
“Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,13) Ma Gesù chiama “amici” anche i propri nemici. Per esempio, quando Giuda, dopo aver venduto Gesù, si avvicina a Lui per consegnarlo ai soldati che lo accompagnavano e lo tradisce con un bacio, Gesù si rivolge a lui chiamandolo: “Amico” (cfr Mt 26, 47-49). “Amate i vostri nemici, Fate del bene a coloro che vi odiano. Benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.” (Lc 6, 27-38)
Siamo stati creati da Dio per amore e la nostra vocazione è amare. L’amore ce lo abbiamo scritto nel cuore, nel nostro DNA. Ora, se assecondiamo ciò per cui siamo stati creati, siamo felici e pienamente realizzati e la Grazia risplende sul nostro volto; se, al contrario, prendiamo un altro orientamento, perdiamo la somiglianza con Dio, assumendo dei comportamenti che non ci si addicono e perdendo quei connotati di umanità, di tenerezza, di fraternità, di amore che ci sono propri e che ci dovrebbero invece contraddistinguere.
Ma l’amore può essere un comandamento? Che amore è questo, pensiamo noi uomini, se non è libero ma comandato? Amare Dio con tutta l’anima e con tutte le forze è definito il primo e più grande dei comandamenti e amare il prossimo come se stessi, il secondo comandamento simile al primo (Mt 22, 37-39). Che rapporto ci può essere tra amore e dovere, dal momento che uno rappresenta la spontaneità e l’altro l’obbligo?
Per rispondere a questa obiezione, bisogna sapere che vi sono due generi di comandi. C’è un comando o un obbligo che viene dall’esterno, da una volontà diversa dalla mia, e vi è un comando o obbligo che viene dal di dentro. Vi sono due modi secondo cui l’uomo può essere indotto a fare o a non fare una cosa: la costrizione o l’attrazione. La legge ve lo induce nel primo modo: per costrizione; l’amore ve lo induce nel secondo modo: per attrazione. Ciascuno infatti è attratto da ciò che ama, senza che subisca alcuna costrizione dall’esterno.
Mostra ad un bambino un giocattolo e si slancerà per prenderlo. L’amore, dice S. Agostino, è come un “peso” dell’anima che attira verso l’oggetto del proprio amore, In questo senso l’amore è un comandamento. Esso riesce a far compiere quello che nessuna legge esterna sarebbe in grado di indurre a fare, e cioè a dare la vita per qualcuno. Tuttavia, finché siamo circondati da altri beni in questo mondo, corriamo il rischio di sbagliare il bersaglio, di tendere a dei falsi beni e perdere così il Sommo Bene. Per amare, secondo Dio, occorre la Sua Grazia. Lo stesso evangelista Giovanni, che nel Vangelo ci trasmette il comandamento di amare, ci addita anche la sorgente dove attingere la forza per metterlo in pratica. Dice: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1Gv 4, 19).
Noi possiamo attingere, da questo suo amore, la forza per amare a nostra volta Dio e il prossimo e per ottenere il perdono, ogni volta che abbiamo mancato di farlo.
(fonte: Vino Nuovo, articolo di Cristiana Scandura 14/02/2023)