Enzo Bianchi
La rinascita del cristianesimo
La Repubblica - 30 Gennaio 2023
Il cardinal Matteo Zuppi, nella prolusione al Consiglio permanente della CEI, con sguardo realista ma non angosciato ha evocato le parole più volte ripetute da Benedetto XVI che profeticamente descrivevano la chiesa di oggi come “una realtà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, rinato attraverso un processo di purificazione. Contro il male resisterà il piccolo gregge”.
Sì, ormai è riconosciuto da tutti che la cristianità è finita e che la chiesa, almeno in occidente, è ridotta a minoranza in diaspora. Questo però, ha precisato Zuppi, non significa che non debba essere una chiesa di popolo, anzi è importante rifuggire ogni logica elitaria, di piccolo gruppo di eletti, di comunità che persegue un’identità contro gli altri e senza gli altri.
Questa speranza efficace dovrebbe abitare il cuore dei cristiani e fugare ogni timore di fronte a un dato di fatto da accettare: essere diventati una minoranza. Ciò che è decisivo, in realtà, è che la minoranza sia significativa, capace di immettere diastasi nella società, portatrice di una bella notizia per l’umanità di oggi. Nella storia sovente sono state proprio le minoranze a determinarne il futuro, in quanto capaci di sollecitare un cambiamento urgente per la convivenza e quindi per un progresso nell’umanizzazione. Certo, se guardiamo all’oggi con occhi paralizzati dalla presenza dell’oscurità, se non sappiamo scrutare oltre il visibile, allora finiamo per sentirci gli ultimi cristiani. Ma com’è possibile che non ci lasciamo ammonire dalla storia della fede e dalle molte testimonianze di credenti che conosciamo?
Nella Bibbia i profeti alzavano la voce per denunciare l’incredulità e l’idolatria dei contemporanei. Gesù stesso chiamò “generazione adultera e malvagia” coloro in mezzo ai quali viveva e predicava.
Sempre nella storia ritroviamo condanne dell’infedeltà e della mancanza di fede, ma anche espressioni di smarrimento di fronte ai mutamenti, reazioni che ci appaiono oggi più che mai vicine a quelle che si registrano nel nostro tempo e sulle quali sarebbe utile riflettere. Anselmo di Havelberg intorno al 1160 scriveva: “Molti si stupiscono, s’interrogano e s’indignano: perché tante novità nella chiesa? Chi non sarà scandalizzato e contrariato da questi cambiamenti, queste novità?”.
E quattro secoli dopo Teresa d’Avila: “Non ho ancora cinquant’anni e ho visto tanti cambiamenti nella chiesa che non so più come vivere. Come andrà a finire? Preferisco non pensarci! Cosa diventeranno questi giovani non oso immaginarlo!”.
Nel secolo scorso il cardinal Verdier, alla vigilia della seconda guerra mondiale, osava scrivere: “Il mondo oggi subisce una crisi di cui non si sa esagerare la gravità! Siamo ormai sull’orlo dell’abisso. Dai giorni del diluvio non c’è stata una crisi spirituale così profonda!”.
Leggere queste testimonianze ci deve mettere in guardia e indurci a ripensare alle nostre letture e alle previsioni oggi così negative sulla chiesa. Manchiamo di sapienza e quindi non abbiamo fondamenti per sperare e capire che sempre il cristianesimo non fa che rinascere. Muta la maniera di viverlo, cambiano le chiese che lo professano e a volte lo tradiscono… Ma il Vangelo come brace sotto la cenere è fuoco che rinasce e brucia il cuore di un piccolo resto, che ha una sola forza: il non temere!
(fonte: Blog dell'autore)