Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



venerdì 15 luglio 2022

Scalfari, il Papa: ricordo con affetto le nostre conversazioni - Quei colloqui con Francesco alla ricerca del Dio di Pascal

Scalfari, il Papa: ricordo con affetto le nostre conversazioni

Francesco esprime dolore per la scomparsa a 98 anni del giornalista, fondatore e direttore per 20 anni del quotidiano La Repubblica: un amico con cui riflettere sulle "domande ultime dell'uomo". Le parole del presidente della Repubblica Mattarella: testimone lucido e appassionato della storia repubblicana


Una figura centrale del giornalismo italiano, durante e anche successivamente all'uscita dalla direzione del quotidiano La Repubblica cui il suo nome è indissolubilmente legato. Classe 1924, nato a Civitavecchia, Eugenio Scalfari si è spento a Roma all’età di 98 anni. Papa Francesco, ha riferito il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, ha appreso "con dolore della scomparsa del suo amico. Conserva con affetto la memoria degli incontri - e delle dense conversazioni sulle domande ultime dell'uomo - avute con lui nel corso degli anni e affida nella preghiera la sua anima al Signore, perché lo accolga e consoli quanti gli erano vicini".

Il mondo dell'informazione lo ha visto protagonista sin dai suoi primi passi, mondo che ha contribuito profondamente a innovare con le due pubblicazioni che diresse: il settimanale L’Espresso e soprattutto La Repubblica, fondata nel 1976 e portata in pochi anni ai vertici nell’interesse dei lettori. Scalfari non fu solo un giornalista, fu un uomo di cultura a tutto tondo. Pubblicò vari libri a partire dal primo, nel 1998, dal titolo “Il labirinto".

I messaggi di cordoglio

Immediate le espressioni di cordoglio nel mondo del giornalismo, della cultura e della politica per la morte di colui che, comunque, è stato un capofila nella sua attività di comunicatore. Tra i primi messaggi, quello del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, che in una dichiarazione si è detto "particolarmente addolorato per la scomparsa di Eugenio Scalfari giornalista, direttore, saggista, uomo politico, testimone lucido e appassionato della nostra storia repubblicana. Scalfari - continua Mattarella - ha sempre costituito un punto di riferimento coinvolgente per generazioni di giornalisti, intellettuali, classe politica e un amplissimo numero di lettori. Da sempre convinto assertore dell’etica nella società e del rinnovamento nella vita pubblica, si era magistralmente dedicato, negli ultimi tempi, ai grandi temi esistenziali dell’uomo - conclude il capo dello Stato - con la consueta efficacia e profondità di riflessione". 
“Ricordo con stima e amicizia Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica – scrive in un tweet il cardinale Gianfranco Ravasi – protagonista della cultura laica. Conservo nei miei ricordi il nostro appassionante dialogo del 2013, nel vero spirito del ‘Cortile dei Gentili’, su sfide e futuro dell’informazione”.

I colloqui con il Papa

Dopo l’elezione alla cattedra di San Pietro, Papa Francesco ha avuto con Eugenio Scalfari contatti epistolari e un colloquio sui temi del rapporto tra fede e laicità, pubblicato in un volume edito da Einaudi-La Repubblica. Un dialogo, pur se da due posizioni differenti, che ha suscitato l’attenzione del grande pubblico. Proprio in risposta a Eugenio Scalfari, Papa Francesco il 4 settembre 2013 così scriveva fra l'altro su Repubblica all'ideatore del giornale: "La Chiesa, mi creda, nonostante tutte le lentezze, le infedeltà, gli errori e i peccati che può aver commesso e può ancora commettere in coloro che la compongono, non ha altro senso e fine se non quello di vivere e testimoniare Gesù". Il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, sottolinea: “Mi ha sempre colpito lo stile della sua interlocuzione con il Pontefice”.
(fonte: Vatican News, articolo di Giancarlo La Vella 14/07/2022)

***************

Quei colloqui con Francesco alla ricerca del Dio di Pascal

Le conversazioni tra una delle personalità più importanti del giornalismo e il pontefice raccontate dal direttore di Civiltà Cattolica Antonio Spadaro
 

«Il personaggio che più mi interessa è papa Francesco, io mi occupo del Papa e sono molto amico del Papa. È un rivoluzionario, è fondamentale»: così Eugenio Scalfari in una delle sue ultime apparizioni televisive. Un’amicizia ricambiata tra due grandi vecchi, che si sono incontrati più volte. A padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, compagno gesuita del Papa e profondo conoscitore di questo pontificato, chiediamo di commentare il rapporto tra papa Francesco e il fondatore di Repubblica. 

«Un rapporto tra due persone molte diverse, ma complementari, che hanno trovato un livello di conversazione profondo. Ho sempre percepito da parte di Scalfari un’attenzione anche emotivamente coinvolta nei confronti del Papa. Aveva un’ammirazione sincera, lo riteneva una persona capace di dare chiavi di lettura del nostro tempo. Ha valutato anche il suo messaggio religioso con curiosità, addentrandosi a volte in valutazioni di carattere teologico per le quali non aveva una preparazione specifica. Cosa che, comunque, tradiva il suo interesse profondo per la materia. L’aspetto che più lo ha coinvolto è stato il valore politico e culturale delle posizioni di Francesco, per questo gli si è accostato e poi alla fine affezionato. Mi è capitato di parlare con lui del Papa e l’ho visto affettivamente coinvolto. Da parte di Francesco va sottolineata una grande attenzione di carattere pastorale, aveva a cuore la persona insieme all’intellettuale. Evidentemente il Papa era consapevole della rilevanza di Scalfari per la cultura italiana, la sua non vicinanza all’ambiente ecclesiale e forse proprio per questo ha desiderato un’interlocuzione chiara, onesta e affettuosa. Ricordiamo come dopo gli incontri a Santa Marta lo abbia sempre accompagnato alla macchina, piccole cose che sappiamo dalla cronache di Scalfari, piccoli gesti che dicono della temperatura della relazione».

Una relazione tra due anziani. Il Papa più volte è ritornato sul ruolo degli anziani nella Chiesa e nella società, sull’importanza di valorizzarli e ascoltarli, quest’anno ha dedicato le catechesi del mercoledì agli anziani …può essere una chiave di lettura del loro rapporto?

«Sì, due persone avanti nell’età, che esprimono anche una saggezza nonostante prospettive differenti di lettura dei fatti. Scalfari, con una grande storia personale, molto coinvolta nelle vicende del nostro Paese, ha espresso una saggezza che alcuni hanno condiviso altri meno, però certamente capace di dare valutazioni forti sulle vicende italiane. Così come il Papa, con la sua posizione di vertice della Chiesa cattolica, capace di avere una visione internazionale. Due persone sagge, due anziani, che con grande sensibilità e disponibilità si sono sempre confrontati esprimendo visioni molto diverse della vita. Un uomo di fede e uno che ha sempre sottolineato la sua non credenza. A questo proposito mi ha sempre colpito il fatto che Scalfari ci tenesse a precisare che lui fosse un laico non credente. Ma lo ha fatto in maniera così insistente, su una cosa ovvia, che sembrava tradire una inquietudine. D’altra parte, è chiaro sin dal 1995, col suo volume “Alla ricerca della morale perduta”, che aveva fatto la sua scelta, e tra Voltaire e Pascal aveva scelto proprio Pascal e la sua inquietudine».

Lo stile dell’incontro cosa dice della qualità del dialogo tra il Papa cattolico e il giornalista laico non credente?

«Il Papa non seleziona i suoi interlocutori e soprattutto non sceglie persone a lui simili. Ha sempre amato confrontarsi con persone, anche lontane, purché fossero aperte alla discussione. Da parte di Scalfari mi ha colpito una dinamica diversa. Leggere le sue interviste ha spesso significato per lo più leggere i desideri che Scalfari stesso proiettava sul Papa. Sono trascrizioni a memoria, filtrate attraverso la sensibilità, il linguaggio e la prospettiva di Scalfari. È da notare questo suo bisogno di trovare una persona che facesse da specchio per esprimere se stesso ed è interessante che lo abbia fatto con un interlocutore completamente diverso da sé per chiarirsi e confrontarsi. Scalfari inseriva Francesco nelle sue ampie riflessioni nelle quali cercava di interpretare i nostri tempi. Il suo intuito di giornalista gli ha permesso di cogliere la rilevanza storica di questo Pontificato, anche molto meglio di altri».

Questo ha creato anche qualche problema nella comunicazione, con qualche smentita da parte della Sala Stampa vaticana…

«Indubbiamente. Ricordo che vidi Scalfari alla vigilia dell’uscita della sua prima intervista a Francesco, e poi leggendola ho avuto la percezione che non fosse quello il linguaggio, che Scalfari stesse dicendo più sé stesso che il Papa. Questo ha sicuramente creato sconcerto. Però le sue interviste sono importanti come evento, come fatto storico. Una personalità profondamente laica ha amato confrontarsi con Francesco, riconoscendone l’importanza storica. Quanto ai contenuti, evidentemente Scalfari non aveva il linguaggio per poter comunicare perfettamente l’intenzionalità di Francesco. D’altra parte, ribadisco, Scalfari aveva compreso Francesco nella sua rilevanza storica, se vogliamo anche di “rottura”. Non ha avuto alcun problema a riconoscere in Bergoglio - cioè in un Papa - una figura di grandissimo rilievo religioso ma anche culturale e specificamente politico per i nostro tempi. Aveva compreso, ad esempio, il senso della sua “politica della misericordia” che non dà mai nulla per perso nei rapporti internazionali».

Lei come ricorda Scalfari?

«Una delle personalità più grandi del giornalismo, italiano e non solo. Credo che servirà ancora un po’ di tempo per fare un bilancio del suo contributo. Mi colpisce che in questo ultimo passaggio, nei suoi pezzi ha sempre voluto inquadrare le questioni in cornici molto ampie, dal punto di vista storico e intellettuale, in contesti complessi e con prospettive che andassero al di là della mera illustrazione, degli effetti immediati. Richiamando ragioni storiche e intellettuali. Una scelta che da una parte lo esponeva al rischio di avere un linguaggio non perfettamente adeguato, o un po’ vago, ma dall’altra si rivela un elemento interessante: un uomo che alla fine della sua vita leggendo gli eventi sente che dobbiamo andare al di là del giorno per giorno e capire il significato di questi eventi all’interno della storia, delle idee e dei fatti. E questa è anche la chiave di lettura del suo rapporto con Francesco. Ha percepito una personalità di forte discontinuità, dal forte impatto sulla storia degli eventi e delle idee. E ha voluta dire questa cosa in tutti i modi».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Vittoria Prisciandaro 14/07/2022)

***************
Vedi anche il post