#PENSARE E DIRE
di Gianfranco Ravasi
Gli uomini saggi sono sempre veritieri sia nella loro condotta, sia nei loro discorsi. Non dicono tutto quello che pensano, ma pensano tutto quello che dicono.
Lo scrittore settecentesco tedesco Ephraim G. Lessing nel suo Manuale di morale ci ha lasciato questo monito suggestivo e incisivo. Parole sacrosante ieri e oggi: basta solo aprire la televisione o ascoltare certi dialoghi quotidiani o seguire i contenuti dei social per scoprire come irrompa una valanga di stupidità, di chiacchiere, di pensieri vani e fatui. Essi eruttano da un’interiorità sempre più intisichita, prossima a identificarsi con la superficie, con l’esteriorità. Mettiamo, però, l’accento su un altro aspetto, quello della sincerità. A prima vista questa è una virtù da lodare ed è naturale che così avvenga contro ogni falsità, ipocrisia, doppiezza e slealtà. Tuttavia c’è una sincerità che si rivela non solo come ingenuità o dabbenaggine e imperizia, ma anche come immaturità, imprudenza, stupidità vera e propria, svelamento della vacuità interiore. In questa luce vale la lezione di Lessing: essere «veritieri nella condotta e nei discorsi» vale solo quando si ha una formazione e una ricchezza interiore, ossia quando si è saggi. Altrimenti si corre il rischio di espettorare banalità, insulsaggini, scemenze e volgarità. Il pensare e il dire sono, quindi, correlati e, senza un autentico e sostanzioso pensiero, il silenzio è d’oro (cosa che, ahimè, di rado accade).
(Fonte: “Il Sole 24 Ore - Domenica” del 7 novembre 2021)