GLI ALBERI LO SANNO
La legge perfetta è quella della fecondità.
Ed è la stessa legge della morale evangelica: l'etica del frutto buono.
E gli alberi sanno, nella loro natura,
che non si vive in funzione di se stessi, ma della vita.
(...) Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: "Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello (...). Luca 6,39-45
GLI ALBERI LO SANNO
La legge perfetta è quella della fecondità. Ed è la stessa legge della morale evangelica: l'etica del frutto buono. E gli alberi sanno, nella loro natura, che non si vive in funzione di se stessi, ma della vita.
Dal buon tesoro del suo cuore, l'uomo buono non può che trarne il bene.
Il buon tesoro del cuore: definizione così bella e piena di speranza, di ciò che siamo nel nostro intimo mistero. Abbiamo tutti un tesoro buono custodito in vasi d'argilla; tutti, oro fino da distribuire. E il primo tesoro è il nostro cuore stesso: «un uomo vale quanto vale il suo cuore» (Gandhi).
Il cuore è tesoro da coltivare e custodire. La nostra esistenza è viva se abbiamo coltivato tesori di speranza e di passione per il bene possibile, per una buona politica possibile, per una casa comune dove sia possibile stare meglio tutti. La nostra realtà è viva quando è vivo il cuore. Infatti Gesù porta a compimento la sua rivoluzione su due direttrici: la linea della persona, che viene prima della legge e della stessa fede, e la linea del cuore, che muove tutto in noi.
Accade come per gli alberi. Gesù ci conduce oggi alla loro scuola: un albero buono non produce frutti guasti.
La legge dell’albero è semplice: vivere, crescere, dare frutto. La legge perfetta è quella della fecondità. Ed è la stessa legge che ispira la morale evangelica: un'etica del frutto buono, della fecondità creativa, del gesto che fa bene davvero, della parola che consola guarendo, del sorriso autentico.
Il giudizio finale (Matteo 25) non sarà l’aula di un tribunale, ma la rivelazione della verità ultima del vivere; il dramma non saranno le nostre mani sporche, ma le mani desolatamente vuote, senza frutti buoni offerti alla fame d'altri.
Invece gli alberi sanno, nella loro natura, che non si vive in funzione di se stessi, ma al servizio della vita. Ed ecco che ad ogni autunno ci incanta lo spettacolo dei rami gonfi di frutti, un eccesso, uno scialo, uno spreco di semi, che sono per gli uccelli del cielo, per gli animali della terra, per gli insetti brulicanti, per i figli dell'uomo.
Le leggi profonde che reggono la vita sono le stesse della realtà spirituale. Il cuore del cosmo non dice sopravvivenza; la legge che orienta tutto ciò che vive è dare, crescere e fiorire, creare e donare. Come alberi buoni.
Ma abbiamo anche una radice di male in noi. Perché guardi la pagliuzza nell'occhio di tuo fratello? Perché ti perdi a cercare fuscelli, a sprecare energia guardando l'ombra anziché la luce di quel volto?
Non è così lo sguardo di Dio, lui non si spreca così. Il Creatore vide che l'uomo e la donna erano cosa molto buona! È lui il primo che trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore di luce, e lo proietta sulle creature.
L'occhio buono non cerca travi o pagliuzze, occhi feriti o cattivi tesori, ma si posa su un Eden di cui nessuno è privo. Invece l'occhio cattivo trae fuori dal proprio cuore oscurità ed emana ombre.
«Con ogni cura veglia sul tuo cuore, perché è la sorgente della vita» (Proverbi 4,23).
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