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mercoledì 16 febbraio 2022

“Il sinodo ci invita ad essere meno sacrestani e più cristiani”. Intervista a Giuseppe Bellanti

“Il sinodo ci invita ad essere meno sacrestani 
e più cristiani”. 
Intervista a Giuseppe Bellanti
a cura di Rocco Gumina*

Il numero 26 del documento preparatorio al cammino sinodale della Chiesa cattolica invita i credenti a riflettere sulle peculiarità del loro “camminare insieme” come popolo di Dio nella storia. L’intento è duplice. Da un lato quello di divenire sempre più consapevoli degli aspetti positivi del fare Chiesa insieme; dall’altro affrontare e superare le negatività e gli appesantimenti che tante volte limitano l’azione della comunità ecclesiale. Di questi temi parliamo con Giuseppe Bellanti, presidente diocesano dell’Azione Cattolica di Palermo.


– Presidente Bellanti, l’Azione Cattolica dell’arcidiocesi di Palermo come si è preparata e come sta vivendo il cammino sinodale inaugurato da qualche mese da papa Francesco?

Provo a rispondere con le parole che papa Francesco ha consegnato ai membri del Consiglio Nazionale dell’Azione cattolica il 30 aprile del 2021: «Voi laici di Azione Cattolica potete aiutare la Chiesa tutta e la società a ripensare insieme quale tipo di umanità vogliamo essere, quale terra vogliamo abitare, quale mondo vogliamo costruire. La vostra Associazione è sempre stata inserita nella storia italiana e aiuta la Chiesa in Italia ad essere generatrice di speranza per tutto il vostro Paese. Voi potete aiutare la comunità ecclesiale ad essere fermento di dialogo nella società. Una Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale, che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra. In effetti, quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da realizzare, ma anzitutto uno stile da incarnare.

In questo senso la vostra Associazione costituisce una “palestra” di sinodalità, e questa vostra attitudine è stata e potrà continuare ad essere un’importante risorsa per la Chiesa italiana, che si sta interrogando su come maturare questo stile in tutti i suoi livelli. Dialogo, discussione, ricerche, ma con lo Spirito Santo». Le parole di Francesco ci richiamano alla responsabilità di battezzati. Come soci dell’Azione Cattolica sentiamo forte la responsabilità di questo particolare momento che viviamo e con passione cerchiamo di offrire il nostro contributo. Come associazione diocesana abbiamo partecipato ai lavori dell’assemblea pastorale dell’arcidiocesi di Palermo svolta lo scorso settembre. Nello stesso mese abbiamo celebrato il nostro Convegno diocesano durante il quale il nostro pastore, Mons. Corrado Lorefice, ci ha esortati ad un impegno concreto e costruttivo al fine di camminare insieme. Inoltre, come tutte le altre associazioni e movimenti presenti nell’arcidiocesi, abbiamo indicato alcuni soci destinati a facilitare il lavoro dei gruppi sinodali. Infatti, abbiamo indicato sedici facilitatori che si occuperanno di costituire i gruppi sinodali a partire dai nostri soci e simpatizzanti. Infine, stiamo cercando di attivare gruppi nelle realtà – come quella del carcere “Pagliarelli” di Palermo – che vedono la nostra associazione coinvolta in un servizio destinato alle periferie esistenziali.

– La sinodalità è da sempre una delle forme costitutive del fare Chiesa. Nella nostra epoca perché è così importante la sinodalità?

La parola sinodo significa “camminare insieme”. Si tratta, quindi, di un cammino comune, sotto la guida del Signore, realizzato da tutto il Popolo di Dio nella variegata pluralità dei suoi membri e nella responsabilità di ciascuno. Il processo di camminare insieme che contraddistingue la sinodalità della Chiesa potrebbe essere la risposta concreta alla volontà – caratteristica della nostra epoca – di fare tutto da soli. La comunione ecclesiale può aiutare la società civile a comprendere che da soli non siamo niente. Il confronto con gli altri, il desiderio di costruire il bene, la volontà di accogliere gli altri, di interagire, tutte queste azioni e modi di vivere ci allontanano dall’autoreferenzialità e ci aiutano a vivere e a camminare insieme. Credo che questo tempo ci potrà far intendere che l’unica strada da percorrere è quella del “camminare insieme”.

– A suo parere, il cammino sinodale può riservare qualche novità connessa al protagonismo dei laici nella Chiesa?

Il cammino sinodale non è una novità di questi ultimi tempi. Infatti la Costituzione Lumen Gentium del Concilio Vaticano II propone i principi fondamentali per cogliere la sinodalità nella comunione ecclesiale. La sinodalità si basa sul principio secondo il quale tutti i battezzati sono compagni di viaggio e, pertanto, destinati ad essere soggetti attivi nella chiamata alla santità e alla missione. Tutti i credenti, allora, partecipano dell’unico sacerdozio di Cristo e sono arricchiti dai carismi dello Spirito Santo. Quindi viene superata l’idea di una Chiesa piramidale e, invece, si propone una Chiesa come popolo fedele di Dio nel quale ogni battezzato è chiamato a camminare insieme, a riunirsi in assemblea e a partecipare attivamente alla missione evangelizzatrice. Con il sinodo, Francesco ci sta invitando a vivere in pienezza questo protagonismo di battezzati. Laici, clero, religiosi, tutti siamo chiamati a “camminare insieme”. Penso, allora, che occorre avere maggiore consapevolezza di chi siamo e quale sia il nostro ruolo di laici.

– La pandemia ha rivelato a molti parroci e operatori pastorali che il mondo giovanile è perlopiù distante dal cammino di fede vissuto nelle comunità ecclesiali. Il processo sinodale può divenire occasione finalizzata ad avviare dei percorsi per discutere con i giovani del nostro tempo?

Si tratta di una grande sfida. Meno di quattro anni fa si è svolto un sinodo intitolato I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Quel cammino si è aperto con un documento preparatorio e con una lettera del papa indirizzata ai giovani e a chi ha il compito di accompagnarli. Francesco proponeva l’azione pastorale del camminare con i giovani e, in particolare, ha consegnato tre azioni concrete: uscire, vedere, chiamare. Ci siamo interrogati cercando di capire come realizzare ciò. Intanto i giovani rimangono lontani o addirittura indifferenti. Ciò lo avvertiamo mentre viviamo la pandemia che ha accentuato questo allontanamento. Tutto ciò ci deve aiutare a interrogarci su cosa desidera il giovane e su come aiutarlo ad essere protagonista. Quindi non c’è occasione migliore di farlo in questo momento. Impegniamoci a costituire gruppi sinodali giovanili lontani dagli ambienti ecclesiali, ascoltiamo il loro grido, cerchiamo di comprendere qual è il loro disagio.

– L’Azione Cattolica Italiana si è sempre caratterizzata per l’animazione cristiana del sociale, della cultura e della politica. Il cammino sinodale è occasione utile per rilanciare la testimonianza cristiana nel mondo? Con quali spunti contribuirete alla riflessione su questo tema?

Credo che, come ci ha ricordato papa Francesco, sia utile riflettere a partire dal nome della nostra associazione. La parola “Azione” è intesa non come uno sterile attivismo funzionalistico ma come movimento che ci aiuta a fare sintesi tra Parola e vita. Infine, rende la fede un’esperienza incarnata nell’ascolto delle persone, dei territori al fine di individuarne i bisogni; “Cattolica” è una parola che esprime la missione di ogni battezzato in quanto membro della Chiesa che non ha confini da difendere o territori da occupare; “Italiana” è un aggettivo che il Papa ha utilizzato per affrontare il tema della sinodalità invitando ogni socio a vivere insieme alla Chiesa italiana un itinerario sinodale senza timore e senza mete prefissate ma con la predisposizione a camminare secondo lo Spirito. Con queste parole, il Papa ci esorta all’impegno concreto nel portare avanti l’identità associativa contribuendo così alla formazione di laici non impegnati soltanto nella pastorale ma anche nella partecipazione attiva alla vita civile. Sono sicuro che questo sinodo contribuirà a prendere maggiore consapevolezza di chi siamo formando sempre più laici corresponsabili destinati, per dirla con Bachelet, ad essere meno sacrestani e più cristiani.

*Rocco Gumina insegna Religione nell'arcidiocesi di Palermo. Dal 2014 è presidente dell'associazione culturale "A. De Gasperi". Pubblica, su riviste specialistiche, articoli che sviluppano temi legati alla relazione fra teologia, spiritualità e politica.
(fonte: Tuttavia 10/02/2022)