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mercoledì 9 febbraio 2022

VIVERE E MORIRE IN SOLITUDINE

VIVERE E MORIRE IN SOLITUDINE

«Ognuno sta sul cuor della terra,
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.»
               
                                               Salvatore Quasimodo

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Como, la storia di Marinella e gli altri anziani morti in solitudine

Marinella Beretta non aveva parenti e i vicini credevano si fosse trasferita per la pandemia. Ma vicende come la sua sono frequenti, tra gli anziani soli

LSOPHOTO

Nessuno l’aveva mai cercata, negli ultimi due anni. Marinella Beretta, 70 anni, era morta da due: il suo cadavere era su una sedia della cucina. Della donna, che viveva sola, non si avevano più notizie da settembre 2019: non aveva parenti che la chiamassero, e neppure il cittadino svizzero - a cui aveva venduto la nuda proprietà della sua casa di Prestino, alle porte di Como, pur mantenendo il diritto di abitarla – si era preoccupato del fatto di non riuscire a contattarla da mesi.

Il cadavere è stato scoperto solo quando sono intervenuti i vigili del fuoco, chiamati dai vicini per mettere in sicurezza gli alberi del giardino, diventati pericolanti dopo le forti raffiche di vento degli ultimi giorni. Le famiglie che vivevano nei pressi della sua abitazione, infatti, avevano ipotizzato che la donna si fosse trasferita a causa della pandemia: avevano constatato che la casa fosse disabitata da tanto tempo.

Dalle prime indiscrezioni, sembra che Marinella Beretta sia morta per cause naturali, ma sarà l’autopsia a chiarire le cause del decesso.

«Quello che è accaduto alla signora Marinella Beretta a Como, la solitudine dimenticata, ferisce le coscienze», ha scritto la Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti. «Ricordarne la vita è il dovere di una comunità che vuol restare unita. Abbiamo bisogno di non limitare gli orizzonti al privato e di tornare a curare i legami tra noi. Curarsi gli uni degli altri è l’esperienza delle famiglie, delle istituzioni, del nostro essere cittadini: nessuno deve restare solo».

Secondo una ricerca dei sindacati confederali dei pensionati su mille anziani tra 65 e 85 anni che vivono in Lombardia, ci sono almeno 100 mila ultra ottantenni che vivono in estrema solitudine. Il 14% degli ultraottantenni sono in una autentica «autoreclusione» domestica.

Vicende di solitudine come quella di Marinella Beretta sono comuni e frequenti. Accade al Nord, così come al Sud. Qualche giorno fa, a Cava de' Tirreni, in provincia di Salerno, una donna di 63 anni è stata trovata morta nella sua casa: era deceduta da almeno quindici giorni prima. Il cadavere è stato scoperto perché, per allestire un cantiere, la polizia municipale ha provato a contattarla perché spostasse la sua auto in sosta.

Solo una settimana fa, nel quartiere di Sant'Eusebio, sulle colline di Genova, un uomo di 67 anni, che viveva da solo ed era a carico dei servizi sociali, è morto nell’appartamento che gli era stato assegnato. Disturbati dall'odore della decomposizione, i vicini di casa hanno deciso di sigillare la posta con del nastro adesivo. Dopo l’allarme dei servizi sociali, che non riuscivano a raggiungere l’uomo, i vigili urbani e i vigili del fuoco sono entrati nell’appartamento e hanno trovato il cadavere disteso su un piumone: l’uomo era morto da una settimana.

E mentre a Sanremo c’era il festival, una cinquantenne è stata trovata morta nella sua casa: il momento del decesso risale ad almeno due mesi prima. Alla fine di gennaio, a Carmagnola, provincia di Torino, il corpo di un 69enne è stato scoperto nella sua camera da letto, in avanzato stato di decomposizione. I vicini, allarmati dall’odore che proveniva dall’appartamento, hanno contattato le forze dell’ordine.

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Nessuno l’ha vista
di Massimo Gramellini

La casa di Marinella Beretta - foto Fabrizio Cusa

Per due anni Marinella Beretta è rimasta seduta sulla sedia del suo tinello, in una villetta alle porte di Como. Per due anni nessuno l’ha disturbata. Non un venditore di pentole, un vicino di casa, un parente alla lontana. Nessuno. Marinella era la solitudine fatta persona. Come tanti anziani nella sua situazione, aveva ceduto la nuda proprietà e tenuto per sé l’usufrutto. In un giorno imprecisato dell’autunno del 2019 si è seduta su quella sedia, dove un malore le ha staccato la spina. La morte istantanea che tutti sognano, la morte solitaria che tutti temono. Qualche mese dopo è arrivata la pandemia e i vicini hanno pensato che Marinella si fosse trasferita, ma evidentemente la conoscevano talmente poco da ignorare che non aveva altri affetti presso cui rifugiarsi. C’è voluto il vento di questi giorni per attirare l’attenzione non tanto su di lei, ma sugli alberi del suo giardino. Temendone la caduta, qualcuno ha chiamato il nudo proprietario, lui ha cercato Marinella e i vigili del fuoco hanno scassinato la porta, trovando sulla sedia del tinello quel che ne restava.

In molti di noi è ancora presente la memoria delle famiglie ramificate e caotiche dell’Italia contadina, al cui interno le solitudini si sopportavano e accudivano a vicenda. Invece la famiglia moderna è ridotta a un pugno sempre più stretto: due coniugi e un paio di figli, quando va bene. E quando non ci sono nemmeno i coniugi e i figli, resta Marinella. Si muore soli. E si vive soli, che è quasi peggio.

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Una piccola storia triste genovese.

Da quell’appartamento a Genova usciva da giorni un forte odore. Pungente. Nauseante. Puzza. Sì, puzza. Ma gli inquilini del palazzo non si sono chiesti cosa fosse successo. Han pensato solo alla puzza. Così hanno preso dello scotch da pacchi e hanno sigillato la porta dell’appartamento maleodorante. Hanno eliminato l’effetto, non hanno cercato la causa. Dopo sette giorni, i servizi sociali che seguivano l’anziano che abitava solo, preoccupati perché non riuscivano a contattarlo, si sono presentati davanti alla casa, in via Mermi, quartiere Sant’Eusebio, zona collinare di Genova.

Hanno tolto i 'sigilli' antipuzza, hanno aperto la porta e hanno scoperto che quella era puzza di morte. Una morte ignorata e chiusa in quelle stanze da qualche metro di scotch adesivo. Una morte da non vedere e neanche sentire. Una morte scomoda. La morte in solitudine di chi ha vissuto in solitudine. Una morte da tener lontana, come la puzza.

Proprio lo scorso 30 gennaio la Comunità di Sant’Egidio ha ricordato Modesta Valenti, donna senza dimora, morta nel 1983 a 71 anni alla stazione Termini perché era sporca e il personale dell’ambulanza che doveva soccorrerla si rifiutò di farla salire e di portarla in ospedale. Puzzava, come il coetaneo di Genova. E, dunque, dava fastidio. Lasciata morire perché puzzava. Morire nell’indifferenza, ma anche vivere nell’indifferenza. Anzi nel fastidio.

Il fastidio di essere lì. Senza dimora, fragili, soli. Chiusi in un angolo tra coperte e buste di plastica, uomini e donne chiocciola che portano tutto con sé. Ma c’è anche il fastidio per chi li aiuta. Già perché spesso non dà solo fastidio chi puzza, ma anche chi si china per stare al loro fianco. ...