Fratelli tutti: la politica come tenerezza e gentilezza.
Un testo di Leonardo Boff
“Fratelli tutti” la nuova enciclica di Papa Bergoglio sta avendo una grande risonanza globale. Sempre più Papa Francesco si sta confermando come un leader mondiale autorevole. Infatti è uno dei pochi a riflettere sul mondo post-covid. L’enciclica è l’esposizione di un grande progetto planetario della fraternità universale, da realizzare a partire dai poveri e con i poveri.
Dedicheremo, a questa enciclica, altri interventi. Oggi iniziamo con un protagonista della teologia contemporanea, amico di Papa Francesco: il teologo della liberazione Leonardo Boff. Per gentile concessione dell’autore pubblichiamo, in una nostra traduzione dal portoghese, questo significativo testo del teologo brasiliano. Il testo è denso e ricco di spunti sul significato della politica nella lettera enciclica “Fratelli tutti”.
Leonardo Boff
La nuova enciclica di Papa Francesco, firmata sulla tomba di Francesco d’Assisi, nella città di Assisi, il 3 ottobre, sarà una pietra miliare nella dottrina sociale della Chiesa. È vasta e dettagliata nella sua tematica, cercando sempre di aggiungere valori, anche dal liberalismo che critica fortemente. Sarà certamente analizzata in dettaglio da cristiani e non cristiani poiché si rivolge a tutte le persone di buona volontà. Sottolineerò in questo spazio ciò che considero innovativo rispetto al precedente insegnamento dei Papi.
In primo luogo, deve essere chiaro che il Papa presenta un’alternativa paradigmatica al nostro modo di abitare la Casa Comune, che è soggetta a molte minacce. Fa una descrizione delle “ombre dense” che equivalgono, come lui stesso ha affermato in vari pronunciamenti, a “una terza guerra mondiale a pezzi”. Attualmente non esiste un progetto comune per l’umanità (n. 18). Ma un filo conduttore attraversa tutta l’enciclica: “essere coscienti che o ci salviamo tutti o nessuno si salva” (n32). Questo è il progetto nuovo, espresso con queste parole: “Consegno questa enciclica sociale come un umile contributo alla riflessione perché di fronte ai vari modi di eliminare o ignorare gli altri, si sia capaci di reagire con un nuovo sogno di fraternità e amicizia sociale” (n.6).
Dobbiamo capire bene questa alternativa. Siamo arrivati e siamo ancora all’interno di un paradigma che sta alla base della modernità. È antropocentrico. È il regno del dominus: l’essere umano come signore e padrone della natura e della Terra che hanno senso solo nella misura in cui sono subordinate a lui. Ha cambiato la faccia della Terra, ha portato molti vantaggi ma ha anche creato un principio di autodistruzione. È l’attuale impasse delle “ombre dense”. Di fronte a questa visione del cosmo, l’enciclica Fratelli tutti propone un nuovo paradigma: quello del fratello, la fraternità universale e dell’amicizia sociale. Sposta il centro: da una civiltà tecno-industrialista e individualista a una civiltà solidale, della preservazione e cura di ogni vita. Questa è l’intenzione originale del Papa. In questa svolta sta la nostra salvezza; supereremo la visione apocalittica della minaccia della fine della specie con una visione di speranza che possiamo e dobbiamo cambiare rotta.
Per questo, dobbiamo alimentare la speranza. Dice il Papa: “vi invito alla speranza che ci parla di una realtà radicata nel profondo dell’essere umano, indipendentemente dalle circostanze concrete e dai condizionamenti storici in cui si vive” (n.55). Qui risuona il principio della speranza, che è più della virtù della speranza, ma un principio, un motore interiore per proiettare sogni e visioni nuove, così ben formulato da Ernst Bloch. Enfatizza: “l’affermazione che gli esseri umani sono fratelli e sorelle, che non è un’astrazione ma che si fa carne e si concretizza, pone una serie di sfide che ci spiazzano, ci costringono ad assumere nuove prospettive e sviluppare nuove reazioni”(n.128). Come si deduce, si tratta di una nuova direzione, di una svolta paradigmatica.
Da dove cominciare? Qui il Papa rivela il suo atteggiamento di fondo, spesso ripetuto ai movimenti sociali: “Non aspettatevi niente dall’alto perché viene sempre più o meno lo stesso o peggio; cominciate da voi stessi”. Per questo suggerisce: “È possibile partire dal basso, da ciascuno, lottare per cose più concrete e locali, fino all’ultimo angolo della patria e del mondo” (n.78). Il Papa suggerisce quella che oggi è la punta del discorso ecologico: lavorare nella regione, il bio-regionalismo che consente la vera sostenibilità e umanizzazione delle comunità e articola il locale con l’universale (n. 147).
Ci sono lunghe riflessioni sull’economia e sulla politica, ma mette in risalto: “la politica non deve sottomettersi all’economia e non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficentista della tecnocrazia” (n.177). Fa una franca critica al mercato: “Il mercato da solo non risolve tutto come vogliono farci credere nel dogma della fede neoliberista; si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette per qualsiasi sfida che si presenta; il neoliberismo si auto-riproduce come l’unico cammino per risolvere i problemi sociali”(n. 168). La globalizzazione ci ha resi più vicini ma non più fratelli (n.12). Crea solo soci ma non fratelli (n.101).
Mediante la parabola del buon Samaritano, compie un’analisi rigorosa dei vari personaggi che entrano in scena e li applica all’economia politica, culminando nella domanda: “con chi ti identifichi (con i feriti per strada, con il sacerdote, il levita o con il forestiero, il samaritano, disprezzato dagli ebrei)? Questa domanda è cruda, diretta e decisiva. A chi di loro assomigli?”(n.64). Il buon Samaritano si fa modello di amore sociale e politico (n.66).
Il nuovo paradigma della fraternità e dell’amore sociale si dispiega nell’amore nella sua realizzazione pubblica, nella cura dei più fragili, nella cultura dell’incontro e del dialogo, nella politica come tenerezza e gentilezza.
Per quanto riguarda la cultura dell’incontro, ci prendiamo la libertà di citare il poeta brasiliano Vinicius de Moraes nel suo Samba da Bênção nel brano “Encontro Au bon Gourmet” del 1962 dove dice: “La vita è l’arte dell’incontro anche se ci sono così tante discrepanze nella vita”(n.215). La politica non si riduce alla disputa per il potere e alla divisione dei poteri. Con sorpresa dice: “Anche in politica c’è posto per l’amore con tenerezza: per i più piccoli, i più deboli, i più poveri; loro devono capirci e avere il “diritto” di riempire i nostri cuori e le nostre anime; sì, sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli così”(194) E si chiede cos’è la tenerezza e risponde: “è l’amore che si fa prossimo e concreto; è un movimento che parte dal cuore e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani”(n.196). Questo ci ricorda la frase di Gandhi, una delle ispirazioni del Papa, accanto a San Francesco, Luther King, Desmond Tutu: la politica è un gesto d’amore verso le persone, la cura delle cose comuni.
Insieme alla tenerezza arriva l’amabilità che noi tradurremmo con gentilezza, ricordando il profeta Gentileza che nelle strade di Rio de Janeiro ha proclamato a tutti i passanti “La gentilezza genera gentilezza” e “Dio è gentilezza” come nello stile di San Francesco. Così definisce la gentilezza: “uno stato d’animo che non è aspro, rude, duro ma affabile, morbido, che sostiene e rafforza; una persona che possiede questa qualità aiuta gli altri a rendere più sopportabile la propria esistenza”(n.223). Ecco una sfida ai politici, rivolta anche ai vescovi e sacerdoti: fare la rivoluzione della tenerezza.
La solidarietà è uno dei fondamenti dell’umano e del sociale. Si “esprime concretamente nel servizio che può assumere forme molto diverse e prendere per sé il peso degli altri; in gran parte è prendersi cura della fragilità umana”(n.115). Questa solidarietà si è dimostrata assente e solo successivamente efficace nella lotta al Covid-19. Essa impedisce all’umanità di biforcarsi tra “il mio mondo” e gli “altri”, “loro” perché “molti non sono più considerati esseri umani con una dignità inalienabile e diventano solo “loro”(n. 27). E conclude con un grande desiderio: “Spero che alla fine non ci saranno“gli altri” ma un solo “noi”(n.35).
Per questa sfida di incarnare il sogno di una fratellanza universale e di amore sociale, chiama tutte le religioni affinché “offrano un contributo prezioso alla costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società” (n. 271).
Alla fine rievoca la figura del fratellino di Jesus Charles de Foucauld che nel deserto del Nord Africa insieme alla popolazione mussulmana voleva essere “definitivamente il fratello universale”(n. 287). Facendo suo questo proposito, Papa Francesco osserva: “Solo identificandosi con gli ultimi è arrivato ad essere il fratello di tutti; che Dio ispiri questo sogno in ognuno di noi. Amen”(n.288).
Siamo di fronte a un uomo, Papa Francesco, che seguendo la sua fonte ispiratrice, Francesco di Assisi, è diventato anche un uomo universale, accogliendo tutti e identificandosi con i più vulnerabili e invisibili del nostro mondo crudele e senza umanità. Lui suscita la speranza che possiamo e dobbiamo alimentare il sogno di una fraternità senza confini e di un amore universale.
Lui ha fatto la sua parte. Sta a noi non lasciare che il sogno sia solo un sogno, ma sia l’inizio seminale di un nuovo modo di vivere insieme, come fratelli e sorelle, più la natura, nella stessa Casa Comune. Avremo tempo e saggezza per questo salto? Le “ombre dense” continueranno sicuramente. Ma abbiamo una lampada con questa enciclica di speranza di Papa Francesco. Essa non dissipa tutte le ombre. Ma è sufficiente per immaginare il cammino che tutti devono intraprendere.
Leonardo Boff è eco-teologo, filosofo e scrittore brasiliano.
(Traduzione dal portoghese di Gianni Alioti)
(fonte dell'articolo: Confini)
Vedi anche lo speciale di TEMPO PERSO Lettera Enciclica "Fratelli tutti"