E noi comuni mortali come abbiamo reagito?
Noi restammo sconcertati, basiti, senza
parole, di fronte ad un “potere” che scoprimmo ignorante, cinico, testardo nel
non volere ammettere che al Covid-19, tutto il sistema mondiale (quello del
“pensiero unico” neoliberista globalizzato) aveva preparato una strada maestra
per la capillare distruzione della vita[1].
Sulla bocca del Presidente di una grande Nazione
sudamericana fiorì una bestemmia che fa il paio con la bushiana “guerra
infinita”: “Compito del mio governo non è
salvare vite umane ma l’economia”.
Possiamo dire che un beneficio il
coronavirus lo ha portato all’umanità, oltre all’ovvio rimetterci coi piedi per
terra e dirci che siamo “povere foglie frali”
– come canta Leopardi[2] – che non siamo onnipotenti. La pandemia ha svelato quei “segreti dei cuori”, che poi tanto
segreti non erano: la governance mondiale non ha come scopo la vita da
custodire e salvaguardare ma il trasferimento delle ricchezze del Pianeta nella
mani dell’1% della popolazione mondiale. In vista di questo fine ben
circoscritto, il Potere ha conoscenze scientifiche tecniche, militari a non
finire. Ha armi di ogni tipo (convenzionali, nucleari, batteriologiche,
chimiche…), ma non ha nessuna risposta alla richiesta di ogni nato di donna di
avere diritto alla vita, sua e di ogni abitante del Pianeta.
Non è piacevole scoprirsi sradicati,
appunto, senza radici, pedine di una infame partita a dama. Se prima si
comprendeva che l’ordine sociale era assicurato dalla sottomissione al potere
legittimo, ora ci si accorge che questo dogma è caduto, che “il re è nudo”[3] ed è anche assassino.
Siamo oggi a questo punto.
...
Certo una comunità ecclesiale centrata sui
riti e poi privata delle chiese, dei sacramenti, del “convenire”, se voleva conservare se stessa doveva preoccuparsi di
sostituire i riti pubblici con riti privati, l’azione sacerdotale con l’azione
laicale, l’ingresso in chiesa con la connessione internet. Ma non era il tempo
di leggere “profeticamente” gli
avvenimenti, di “giudicare la storia alla
luce della Parola di Dio”, di “leggere
i segni dei tempi”, di dire una parola chiara sulla deriva autoritaria,
xenofoba e razzista di masse cristiane, di dare un parere di fede sulla
globalizzazione neoliberista in atto che con la violenza delle armi ha imposto
la creazione di un impero mondiale su popoli complici, succubi, o inermi? Non
si doveva ricordare – come quasi in modo solitario ed abbastanza irriso anche
nella chiesa andava facendo Papa Francesco – che esistevano altre pandemie
(fame, malattie, guerre, migrazioni, analfabetismo, violenza urbana, assenza di
speranza…) oltre quella del coronavirus? Non era il tempo di purificare tanta
preghiera da concezioni errate di un Dio quasi autore del Covid-19 mandato da
Lui per castigo, e mai sazio di centinaia di migliaia di morti, anzi oggi di oltre
un milione di morti, prima di intervenire? Non era tempo di proclamare la
necessità di un ritorno al Vangelo perché il mondo stava morendo per avere
dimenticato l’annunzio che l’uomo è essenziale chiamata all’amore e non
all’accumulo, alla vita e non all’industria della morte, a donarsi e non a
chiudersi nel suo narcisismo, a vivere da figlio di Dio e non da figlio di
lupi, a diventare umano e non a imbestialirsi nella crudeltà[1]?
Sì, era tempo per tutto questo, perché se
qualcosa distingue un uomo di fede cristiana da ogni altro uomo è che nel suo
cuore insorgono le “grida dello Spirito
che urlano Abbà” con tutto quello che ciò significa, e con queste “urla” nasce la nostalgia, la necessità
di trovare un senso, un appello ad aprire gli occhi e ad accorgersi di ciò che
capita a fratelli meno fortunati, di denunziare l’ingiustizia, di spendersi
perché il mondo sia più luminoso e sensato. Un cristiano “sa” che i gesti religiosi o animano una fede che inquieta, spinge
all’oltre, al meglio, al di più di amore e umanità, oppure non nascono da una
radice di fede cristiana. Come non è cristiana quella fede che difende il
diritto dei pochi a vivere sacrificando i molti.