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lunedì 17 febbraio 2020

Per Papa Francesco i futuri diplomatici della Santa Sede dovranno trascorrere un anno in terra di missione


Ambasciatori di una Chiesa missionaria

La decisione del Papa di inserire un anno di missione nel curriculum formativo del personale diplomatico della Santa Sede

La decisione papale di inserire nel curriculum formativo del personale diplomatico al servizio delle nunziature un anno da trascorrere in terra di missione arriva a pochi mesi dall’annuncio che lo stesso Francesco aveva fatto nel discorso conclusivo del Sinodo per l’Amazzonia. Un annuncio che ora diventa realtà per i nuovi alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica nell’anno accademico 2020/2021.

È interessante notare innanzitutto il contesto nel quale questo progetto è stato per la prima volta reso noto: la necessità di trovare sacerdoti per le missioni e la difficoltà a trovarne di disponibili. Il Papa aveva citato la risposta negativa che a volte ci si sente rivolgere: “No, non sono adatto a questo”. “Ebbene - aveva commentato il Pontefice - questo va riformato... I giovani religiosi hanno una vocazione molto grande e bisogna formarli allo zelo apostolico per andare nei territori di confine”. Subito dopo, Francesco aveva parlato anche dei futuri diplomatici, accennando a un “suggerimento” ricevuto: “nel curriculum del servizio diplomatico della Santa Sede, i giovani sacerdoti trascorrano almeno un anno in terra di missione, ma non facendo il tirocinio nella nunziatura come si fa ora, che è molto utile, ma semplicemente al servizio di un vescovo in un luogo di missione”.

Ora ciò si concretizza e a conclusione della sua lettera al presidente dell’Accademia il Papa sottolinea: “L’esperienza missionaria che si vuole promuovere tornerà utile non soltanto ai giovani accademici, ma anche alle singole Chiese con cui questi collaboreranno e, me lo auguro, susciterà in altri sacerdoti della Chiesa universale il desiderio di rendersi disponibili a svolgere un periodo di servizio missionario fuori della propria diocesi”. L’impegno dei futuri nunzi apostolici servirà pertanto come esempio, perché altri sacerdoti accolgano l’invito a trascorrere del tempo in missione.

Non c’è dubbio che la decisione, ora formalizzata dal Successore di Pietro, rappresenti un cambiamento davvero significativo nel corso di studi per chi presterà servizio nelle nunziature e sarà destinato, in molti casi, ad arrivare ancora in età relativamente giovane all’episcopato. Un tassello fondamentale del curriculum diventa ora questo anno dedicato al servizio missionario sul campo, fuori dal giardino di casa, sporcandosi le mani nella pastorale, nelle Chiese di frontiera. Un anno di cambiamento, di fatica, di esperienze nuove, che permetterà una migliore e più profonda comprensione della realtà della Chiesa, dei suoi problemi e difficoltà, ma anche delle sue speranze e della confortante bellezza della sua quotidianità. Un anno che permetterà agli stessi allievi dell’Accademia, ai loro superiori e ai vescovi delle diocesi d’origine, di discernere meglio le singole vocazioni. Un anno che potrebbe anche dissuadere qualcuno dall’intraprendere questo servizio. Di certo si tratterà un’esperienza destinata a cambiare sguardo e prospettiva per coloro che un giorno saranno chiamati a rappresentare il Papa nei vari Paesi, sottolineando così l’importanza per le Chiese locali di aiutare il Papa inviando al suo servizio sacerdoti buoni e capaci.

Ancora una volta, dunque, Francesco ci ricorda che la Chiesa tutta - servizio diplomatico compreso - o è missionaria o non è: “La Chiesa o è in uscita o non è Chiesa. O è in annuncio o non è Chiesa. Se la Chiesa non esce si corrompe, si snatura. Diventa un’altra cosa”, come ha affermato il Papa nel prezioso libro-intervista con Gianni Valente “Senza di Lui non possiamo far nulla”. La missione, aggiungeva il Papa in quel testo recente che merita di essere assunto e diffuso, “non è un progetto aziendale ben collaudato. Non è nemmeno uno spettacolo organizzato per contare quanta gente vi prende parte grazie alle nostre propagande. Lo Spirito Santo opera come vuole, quando vuole e dove vuole”. E “la misteriosa fecondità della missione non consiste nelle nostre intenzioni, nei nostri metodi, nei nostri slanci e nelle nostre iniziative, ma riposa proprio in questa vertigine: la vertigine che si avverte davanti alle parole di Gesù, quando dice: senza di me non potete far nulla”.

Lo aveva preannunciato nel suo discorso finale al Sinodo sull’Amazzonia, e ora quell’indicazione si concretizza. Papa Francesco ha scritto a monsignor Joseph Marino, nuovo presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica - la scuola per la formazione del personale diplomatico della Santa Sede - chiedendo che nel curriculum venga inserito un anno trascorso in missione presso una Chiesa locale. La lettera del Pontefice è datata 11 febbraio, ma è stata resa nota oggi.
Di seguito ne riportiamo integralmente il testo.

LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ECCLESIASTICA


A Sua Eccellenza Reverendissima
Mons. Joseph MARINO
Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica


Caro Fratello,

a conclusione dei lavori della recente Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Pan-Amazzonica, ho manifestato il desiderio che i sacerdoti che si preparano al Servizio diplomatico della Santa Sede dedichino un anno della loro formazione all'impegno missionario presso una Diocesi.

Sono convinto che una tale esperienza potrà essere utile a tutti i giovani che si preparano o iniziano il servizio sacerdotale, ma in modo particolare a coloro che in futuro saranno chiamati a collaborare con i Rappresentanti Pontifici e, in seguito, potranno diventare a loro volta Inviati della Santa Sede presso le Nazioni e le Chiese particolari.

Infatti, come ho già avuto modo di ricordare alla comunità di codesta Pontificia Accademia Ecclesiastica: “La missione che un giorno sarete chiamati a svolgere vi porterà in tutte le parti del mondo. In Europa bisognosa di svegliarsi; in Africa, assetata di riconciliazione; in America Latina, affamata di nutrimento e interiorità; in America del Nord, intenta a riscoprire le radici di un'identità che non si definisce a partire dalla esclusione; in Asia e Oceania, sfidate dalla capacità di fermentare in diaspora e dialogare con la vastità di culture ancestrali” (25 giugno 2015).

Per affrontare positivamente queste crescenti sfide per la Chiesa e per il mondo, occorre che i futuri diplomatici della Santa Sede acquisiscano, oltre alla solida formazione sacerdotale e pastorale, e a quella specifica offerta da codesta Accademia, anche una personale esperienza di missione al di fuori della propria Diocesi d'origine, condividendo con le Chiese missionarie un periodo di cammino insieme alla loro comunità, partecipando alla loro quotidiana attività evangelizzatrice.

Mi rivolgo dunque a te, caro Fratello, che hai recentemente assunto l'incarico di Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica, chiedendoti di attuare questo mio desiderio di arricchire il curriculum della formazione accademica con un anno dedicato interamente al servizio missionario presso le Chiese particolari sparse nel mondo. Tale nuova esperienza entrerà in vigore a cominciare dai nuovi alunni che inizieranno la loro formazione nel prossimo anno accademico 2020/2021.

Allo scopo di elaborare in modo più approfondito e avviare bene tale progetto, occorrerà innanzitutto una stretta collaborazione con la Segreteria di Stato e, più precisamente, con la Sezione per il Personale di Ruolo diplomatico della Santa Sede, nonché con i Rappresentanti Pontifici, i quali certamente non mancheranno di prestare un valido aiuto nell'individuare le Chiese particolari pronte ad accogliere gli alunni e nel seguire da vicino tale loro esperienza.

Sono certo che, superate le iniziali preoccupazioni, che potrebbero sorgere di fronte a questo nuovo stile di formazione per i futuri diplomatici della Santa Sede, l'esperienza missionaria che si vuole promuovere tornerà utile non soltanto ai giovani accademici, ma anche alle singole Chiese con cui questi collaboreranno e, me lo auguro, susciterà in altri sacerdoti della Chiesa universale il desiderio di rendersi disponibili a svolgere un periodo di servizio missionario fuori della propria Diocesi.

In conclusione, affidando alla Vergine Maria, Madre della Chiesa, questa nuova modalità della formazione dei futuri collaboratori nel Servizio diplomatico della Santa Sede, invio con affetto a te, caro Fratello e all'intera comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica un cordiale saluto e la mia Benedizione Apostolica, chiedendovi per favore di ricordarmi nelle vostre preghiere.

Dal Vaticano, 11 febbraio 2020

Francesco