VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO A BARI
IN OCCASIONE DELL’INCONTRO DI RIFLESSIONE E SPIRITUALITÀ
“MEDITERRANEO FRONTIERA DI PACE”
IN OCCASIONE DELL’INCONTRO DI RIFLESSIONE E SPIRITUALITÀ
“MEDITERRANEO FRONTIERA DI PACE”
SANTA MESSA
Corso Vittorio Emanuele II (Bari)
VII Domenica del Tempo Ordinario, 23 febbraio 2020
VII Domenica del Tempo Ordinario, 23 febbraio 2020
Lungo il Corso Vittorio Emanuele II, chiuso dal palco papale sul cui sfondo giganteggia la riproduzione di un rosone romanico con il colore azzurro del Mare Mediterraneo, la folla di quarantamila fedeli ha assistito con grande raccoglimento alla Messa, riservando al Pontefice, all'arrivo e alla partenza, particolare calore. Oltre alle autorità locali, come autorità istituzionali sono presenti oggi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, e la Ministra per l’agricoltura, Teresa Bellanova, entrambi pugliesi. Mentre il premier Giuseppe Conte, con una telefonata al cardinale presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, ha annunciato di dover rinunciare alla trasferta barese per continuare a gestire da Roma l'emergenza Coronavirus.
Con il Papa hanno concelebrato, oltre ai 58 membri dell'Incontro, 18 cardinali, tutti i vescovi pugliesi, un centinaio di altri vescovi italiani, 4 patriarchi orientali, 500 sacerdoti, 100 diaconi e 600 religiosi. Molto belli e ben eseguiti i canti di don Antonio Parisi, alla guida del coro diocesano (80 persone), e dell'orchestra del Conservatorio di Bari, formata da 25 elementi.
Quasi mille i volontari hanno supportato le forze dell'ordine per garantire l'ordinato svolgimento dell'evento. Circa 500 provenivano dalle parrocchie della diocesi, altri 300 dalla Protezione civile regionale, un centinaio dal sistema sanitario e sono presenti anche circa 60 addetti alla sicurezza della Polizia locale. Treni speciali dalla provincia e servizi navetta da e per i parcheggi allestiti nella periferia barese hanno agevolato il flusso e il deflusso dei pellegrini, che nella zona della celebrazione hanno potuto seguire la liturgia, anche grazie a una decina di maxischermi
OMELIA
Gesù cita l’antica legge: «Occhio per occhio e dente per dente» (Mt 5,38; Es 21,24). Sappiamo che cosa voleva dire: a chi ti toglie qualcosa, tu toglierai la stessa cosa. Era in realtà un grande progresso, perché impediva ritorsioni peggiori: se uno ti ha fatto del male, lo ripagherai con la stessa misura, non potrai fargli di peggio. Chiudere le contese in pareggio era un passo avanti. Eppure Gesù va oltre, molto oltre: «Ma io vi dico di non opporvi al malvagio» (Mt 5,39). Ma come, Signore? Se qualcuno pensa male di me, se qualcuno mi fa del male, non posso ripagarlo con la stessa moneta? “No”, dice Gesù: non-violenza, nessuna violenza.
Possiamo pensare che l’insegnamento di Gesù persegua una strategia: alla fine il malvagio desisterà. Ma non è questo il motivo per cui Gesù chiede di amare anche chi ci fa del male. Qual è la ragione? Che il Padre, nostro Padre, ama sempre tutti, anche se non è ricambiato. Egli «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (v. 45). E oggi, nella prima Lettura, ci dice: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo!» (Lv 19,2). Ossia: “Vivete come me, cercate quello che io cerco”. Gesù ha fatto così. Non ha puntato il dito contro quelli che l’hanno condannato ingiustamente e ucciso crudelmente, ma ha aperto loro le braccia sulla croce. E ha perdonato chi gli ha messo i chiodi nei polsi (cfr Lc 23,33-34).
Allora, se vogliamo essere discepoli di Cristo, se vogliamo dirci cristiani, questa è la via, non ce n’è un’altra. Amati da Dio, siamo chiamati ad amare; perdonati, a perdonare; toccati dall’amore, a dare amore senza aspettare che comincino gli altri; salvati gratuitamente, a non ricercare alcun utile nel bene che facciamo. E tu puoi dire: “Ma Gesù esagera! Dice persino: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 5,44); parla così per destare l’attenzione, ma forse non intende veramente quello”. Invece sì, intende veramente quello. Gesù qui non parla per paradossi, non usa giri di parole. È diretto e chiaro. Cita la legge antica e solennemente dice: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici”. Sono parole volute, parole precise.
Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano. È la novità cristiana. È la differenza cristiana. Pregare e amare: ecco quello che dobbiamo fare; e non solo verso chi ci vuol bene, non solo verso gli amici, non solo verso il nostro popolo. Perché l’amore di Gesù non conosce confini e barriere. Il Signore ci chiede il coraggio di un amore senza calcoli. Perché la misura di Gesù è l’amore senza misura. Quante volte abbiamo trascurato le sue richieste, comportandoci come tutti! Eppure il comando dell’amore non è una semplice provocazione, sta al cuore del Vangelo. Sull’amore verso tutti non accettiamo scuse, non predichiamo comode prudenze. Il Signore non è stato prudente, non è sceso a compromessi, ci ha chiesto l’estremismo della carità. È l’unico estremismo cristiano lecito: l’estremismo dell’amore.
Amate i vostri nemici. Oggi ci farà bene, durante la Messa e dopo, ripetere a noi stessi queste parole e applicarle alle persone che ci trattano male, che ci danno fastidio, che fatichiamo ad accogliere, che ci tolgono serenità. Amate i vostri nemici. Ci farà bene porci anche delle domande: “Io, di che cosa mi preoccupo nella vita: dei nemici, di chi mi vuole male? O di amare?”. Non preoccuparti della cattiveria altrui, di chi pensa male di te. Inizia invece a disarmare il tuo cuore per amore di Gesù. Perché chi ama Dio non ha nemici nel cuore. Il culto a Dio è il contrario della cultura dell’odio. E la cultura dell’odio si combatte contrastando il culto del lamento. Quante volte ci lamentiamo per quello che non riceviamo, per quello che non va! Gesù sa che tante cose non vanno, che ci sarà sempre qualcuno che ci vorrà male, anche qualcuno che ci perseguiterà. Ma ci chiede solo di pregare e amare. Ecco la rivoluzione di Gesù, la più grande della storia: dal nemico da odiare al nemico da amare, dal culto del lamento alla cultura del dono. Se siamo di Gesù, questo è il cammino! Non ce n’è un altro.
È vero, ma tu puoi obiettare: “Comprendo la grandezza dell’ideale, ma la vita è un’altra cosa! Se amo e perdono, non sopravvivo in questo mondo, dove prevale la logica della forza e sembra che ognuno pensi a sé”. Ma allora la logica di Gesù è perdente? È perdente agli occhi del mondo, ma vincente agli occhi di Dio. San Paolo ci ha detto nella seconda Lettura: «Nessuno si illuda, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio» (1 Cor 3,18-19). Dio vede oltre. Sa come si vince. Sa che il male si vince solo col bene. Ci ha salvati così: non con la spada, ma con la croce. Amare e perdonare è vivere da vincitori. Perderemo se difenderemo la fede con la forza. Il Signore ripeterebbe anche a noi le parole che disse a Pietro nel Getsemani: «Rimetti la spada nel fodero» (Gv 18,11). Nei Getsemani di oggi, nel nostro mondo indifferente e ingiusto, dove sembra di assistere all’agonia della speranza, il cristiano non può fare come quei discepoli, che prima impugnarono la spada e poi fuggirono. No, la soluzione non è sfoderare la spada contro qualcuno e nemmeno fuggire dai tempi che viviamo. La soluzione è la via di Gesù: l’amore attivo, l’amore umile, l’amore «fino alla fine» (Gv 13,1).
Cari fratelli e sorelle, oggi Gesù, col suo amore senza limiti, alza l’asticella della nostra umanità. Alla fine possiamo chiederci: “E noi, ce la faremo?”. Se la meta fosse impossibile, il Signore non ci avrebbe chiesto di raggiungerla. Ma da soli è difficile; è una grazia che va chiesta. Chiedere a Dio la forza di amare, dirgli: “Signore, aiutami ad amare, insegnami a perdonare. Da solo non ci riesco, ho bisogno di Te”. E va chiesta anche la grazia di vedere gli altri non come ostacoli e complicazioni, ma come fratelli e sorelle da amare. Molto spesso chiediamo aiuti e grazie per noi, ma quanto poco chiediamo di saper amare! Non chiediamo abbastanza di saper vivere il cuore del Vangelo, di essere davvero cristiani. Ma «alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore» (S. Giovanni della Croce, Parole di luce e di amore, 57). Scegliamo oggi l’amore, anche se costa, anche se va controcorrente. Non lasciamoci condizionare dal pensiero comune, non accontentiamoci di mezze misure. Accogliamo la sfida di Gesù, la sfida della carità. Saremo veri cristiani e il mondo sarà più umano.
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ANGELUS
Cari fratelli e sorelle,
mentre siamo riuniti qui a pregare e a riflettere sulla pace e sulle sorti dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo, sull’altra sponda di questo mare, in particolare nel nord-ovest della Siria, si consuma un’immane tragedia. Dai nostri cuori di pastori si eleva un forte appello agli attori coinvolti e alla comunità internazionale, perché taccia il frastuono delle armi e si ascolti il pianto dei piccoli e degli indifesi; perché si mettano da parte i calcoli e gli interessi per salvaguardare le vite dei civili e dei tanti bambini innocenti che ne pagano le conseguenze.
Preghiamo il Signore affinché muova i cuori e tutti possano superare la logica dello scontro, dell’odio e della vendetta per riscoprirsi fratelli, figli di un solo Padre, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi (cfr Mt 5,45). Invochiamo lo Spirito Santo perché ognuno di noi, a partire dai gesti di amore quotidiani, contribuisca a costruire relazioni nuove, ispirate alla comprensione, all’accoglienza, alla pazienza, ponendo così le condizioni per sperimentare la gioia del Vangelo e diffonderla in ogni ambiente di vita. La Vergine Maria, la “Stella del mare” [Santa Madre di Dio] alla quale guardiamo come esempio più alto di fedeltà a Gesù e alla sua parola, ci aiuti a camminare su questa strada.
Prima di recitare insieme l’Angelus, ringrazio di cuore tutti i Vescovi e quanti hanno partecipato a questo incontro sul Mediterraneo come frontiera di pace; come pure coloro – e sono tanti! – che in diversi modi hanno lavorato per la sua buona riuscita. Grazie a tutti! Avete contribuito a far crescere la cultura dell’incontro e del dialogo in questa regione così importante per la pace nel mondo.
“È benvenuto, ancora una volta, Santo Padre, qui a Bari, città dell’incontro, dell’accoglienza, come lei stesso l’ha definita il 7 luglio 2018, pellegrino di pace per il Medio Oriente”. Sono le parole di ringraziamento di mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, al Papa, al termine della messa in Corso Vittorio Emanuele II, a cui hanno partecipato – in tutta l’area – 40mila persone. “Felice è davvero la città di Bari”, ha detto Cacucci citando un canto di antica tradizione e dando il benvenuto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Felici noi tutti, a nostra volta pellegrini di pace, coperti dal manto tenero e misericordioso della nostra patrona, la Vergine Maria Odegitria, Colei che mostra la via. La sua icona, traslata dall’Oriente a Bari, raffigura la colomba della pace, che il Bambino Gesù regge, appoggiato al braccio della Madre, e che oggi consegna a tutti noi, perché, come due anni fa sul sagrato della Basilica di San Nicola, allargando lo sguardo sul Mediterraneo, la facciamo idealmente librare in cielo col nostro ardente desiderio di pace”.
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“È benvenuto, ancora una volta, Santo Padre, qui a Bari, città dell’incontro, dell’accoglienza, come lei stesso l’ha definita il 7 luglio 2018, pellegrino di pace per il Medio Oriente”. Sono le parole di ringraziamento di mons. Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto, al Papa, al termine della messa in Corso Vittorio Emanuele II, a cui hanno partecipato – in tutta l’area – 40mila persone. “Felice è davvero la città di Bari”, ha detto Cacucci citando un canto di antica tradizione e dando il benvenuto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Felici noi tutti, a nostra volta pellegrini di pace, coperti dal manto tenero e misericordioso della nostra patrona, la Vergine Maria Odegitria, Colei che mostra la via. La sua icona, traslata dall’Oriente a Bari, raffigura la colomba della pace, che il Bambino Gesù regge, appoggiato al braccio della Madre, e che oggi consegna a tutti noi, perché, come due anni fa sul sagrato della Basilica di San Nicola, allargando lo sguardo sul Mediterraneo, la facciamo idealmente librare in cielo col nostro ardente desiderio di pace”.
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