Tre ragioni per il grido di «vergogna» del Papa
di mons. Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto
C’è una parola, uscita dalla bocca e dal cuore di Papa Francesco con singolare energia, su cui mi sembra importante ritornare: quella che, visibilmente colpito, pronunciò nell’apprendere la notizia della tragedia nelle acque di Lampedusa, dove il naufragio di una delle carrette del mare, impiegate per l’attraversamento del Mediterraneo, provocò la morte di centinaia di profughi alla ricerca di un futuro degno della persona umana. Quella parola, non da tutti compresa, perfino malintesa o rifiutata, fu: “Vergogna!”. È una parola forte, che mi sembra giusto approfondire per il messaggio decisivo che porta con sé. Poiché ci si vergogna o di qualcosa che si è fatto o di qualcosa che di dovrebbe fare e non si è ancora fatto, comunque sempre e necessariamente nei confronti di qualcuno (come fa capire l’etimologia del termine, che deriva dal latino “verecundia”, da “vereri”, “aver rispetto”, “riverire”), mi sembra di poter cogliere nell’espressione del Papa almeno tre livelli di significato, capaci di aiutare la riflessione di tutti sulla sfida dell’immigrazione e sulla necessità di raccoglierla a partire dalla dignità degli immigrati...
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