'Un cuore che ascolta - lev shomea'
"Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo della Domenica
di Santino Coppolino
Vangelo: Lc 18,1-8
Con la presente pericope si conclude il lungo insegnamento sulla fede che l'evangelista Luca ha iniziato nel capitolo 17 con la richiesta dei discepoli a Gesù: "Accresci la nostra fede". Il Signore dice chiaramente che la fede non sta a Dio, concederla, accrescerla o meno, essa è la risposta degli uomini al dono d'amore che il Padre dà a tutti. E' l'adesione ad un progetto, che in Gesù si fa carne, vita vissuta, modello di un mondo così come Dio l'ha sognato e che nel "Magnificat" trova le sue coordinate:
"Ha spiegato la potenza del suo braccio....ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili" (Lc 1,51-52).
"Ha spiegato la potenza del suo braccio....ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili" (Lc 1,51-52).
Il brano, come ad una lettura superficiale potrebbe sembrare, non è un insegnamento sulla preghiera, ma rappresenta la risposta di Dio alla richiesta di giustizia che si leva dai sotterranei della storia: "Ho osservato la miseria del mio popolo e ho udito il suo grido... conosco infatti le sue sofferenze"(Es 3,7). Per ben 4 volte nel nostro brano si ripete la parola "Giustizia" (il numero 4 richiama i punti cardinali, simbolo della totalità, del mondo intero) ma, ci dice Gesù, il mezzo per raggiungerla non è la violenza, la rivoluzione armata, bensì questo grido ininterrotto di dolore che diventa Preghiera. La vedova, simbolo della Chiesa e di ogni credente cui "è stato tolto lo Sposo"(Mt 9,15), ha il compito di gridare, di insistere, di essere molesta fino ad "importunare" (lett. "colpire sotto gli occhi, fare un occhio nero"; ebraismo che significa "danneggiare la reputazione") il giudice ingiusto, perché intervenga e, prontamente, renda giustizia a coloro che gridano giorno e notte.