E. Hillesum e la preghiera
di Alberto Neglia, ocarm
(video)
Estratto dell'incontro del 16 ottobre 2013 -
I Mercoledì della Spiritualità 2013 -
"La spiritualità cristiana: la preghiera"
La testimonianza di E. Hillesum
Il 18 agosto
1943 questa ragazza ebrea scriveva ad una sua amica:
«Oggi
pomeriggio, mentre riposavo nella mia cuccetta, mi è venuto di scrivere queste
cose, ora le mando a te:
Mi hai resa
così ricca, mio Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani. La mia
vita è diventata un colloquio ininterrotto con te, mio Dio, un unico, grande
colloquio. A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi
piantati sulla tua terra, i miei occhi rivolti al cielo, le lacrime mi scorrono
sulla faccia, lacrime che sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza.
Anche di sera, quando sono coricata nel mio letto e riposo in te, mio Dio,
lacrime di riconoscenza mi scorrono sulla faccia e questa è la mia preghiera.
Sono molto, molto stanca, già da diversi giorni, ma anche questo passerà, tutto
avviene secondo un ritmo più profondo che si dovrebbe insegnare ad ascoltare, è
la cosa più importante che si può imparare in questa vita. Io non combatto
contro di te, mio Dio, tutta la mia vita è un grande colloquio con te…
Il luogo in
cui fu scritta e da cui arrivò a destinazione la lettera a cui appartengono
queste frasi era un campo di concentramento nazista.
c) L’unica
salvezza possibile: salvare l’umanità in noi stessi
Etty non è una
ragazza abituata a pregare. Non possiede le sicurezze e le garanzie di una
fede. E forse proprio questa sua nudità
è per lei, paradossalmente, un vantaggio:
«Mio Dio, sono
tempi tanto angosciosi.[…] Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto
dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa
sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo
noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che
possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un
piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire
a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che
tu non possa fare molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse
fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più
tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio
cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te,
difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all’ultimo
momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai
d’argento – invece di salvare te, mio Dio. E altre persone, che ormai sono
ridotte a semplici ricettacoli di innumerevoli paure e amarezze, vogliono a
tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me non mi prenderanno.
Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue
braccia.»
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