LAURA BOLDRINI
Lezione inaugurale della Biennale Democrazia 2013
“Utopico. Possibile?”
Torino 10 aprile 2013
Presidente Zagrebelsky, gentili ospiti, care amiche ed amici,
se c’è una parola a cui la storia dell’umanità deve molto, una parola a cui devo molto anch’io, il mio impegno professionale e oggi questa carica che ho l’onore di ricoprire, bene, quella parola è proprio utopia.
Perché l’utopia racconta il dubbio. E senza dubbi, la politica sarebbe solo un fotogramma immobile, un esercizio di vanità, una condizione di solitudine.
L’utopia è ricerca. Cioè misurarsi con i propri limiti, averne rispetto e pudore, mai paura. Accettare la sfida del cambiamento che è la promessa più alta della democrazia.
L’utopia è il viaggio: l’irrequietezza del mettersi in cammino, lasciare porti sicuri per spingere lo sguardo oltre la linea dell’orizzonte. Perché ciò che conta, come scriveva il poeta greco Kavafis, è partire: “…quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze…”
Senza questa condizione faticosa e stimolante, senza l’utopia di un prossimo viaggio, che cosa sarebbe stato della nostra storia? Come avremmo potuto immaginare che un giorno il presidente della più importante nazione del mondo sarebbe stato il figlio di un africano, senza il dovere di quell’utopia?
E se la mia storia mi porta oggi a presiedere la Camera dei Deputati, forse è anche il frutto delle molte silenziose e tenaci utopie a cui ho cercato di dar voce per più di vent’anni, dal diritto degli ultimi e dei perseguitati di non essere per sempre ultimi e vittime, alla fame di speranza e di vita di chi si è messo in viaggio senza sapere se mai sarebbe arrivato. Penso al viaggio di centinaia di migliaia di migranti e rifugiati a cui l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite e altre organizzazioni provano ogni giorno a restituire dignità e futuro.
Certo, la storia ci insegna che spesso in politica l’utopia appare come un’eresia. Eppure, quale utopia è oggi più necessaria se non immaginare un’Italia in cui diritti, eguaglianze, dignità civili siano finalmente parole certe, regole riconosciute, principi rispettati?
Viviamo in un tempo che non è affatto equo. Nel mondo l’1% degli uomini possiede il 40% di tutte le risorse del pianeta. Le tre persone più ricche del mondo hanno lo stesso peso economico dei 600 milioni di essere umani più poveri. Senza andar lontano, il patrimonio dei dieci italiani più ricchi è uguale alle risorse degli otto milioni di italiani più poveri.
Se la politica non assume su di sé la sfida di curare queste ferite di civiltà, se non saremo capaci di affrontare l’utopia urgente e possibile di un paese e di un mondo più equi, di quale buona politica staremmo parlando?
La crisi in corso ha prodotto conseguenze drammatiche sulla vita delle persone, ma nella sua durezza ci costringe a ridefinire i nomi e i giudizi che attribuiamo ai fatti della politica e della società. Ci spinge ad accorciare la distanza che separa l’utopia dalla possibilità.
Faccio tre esempi soltanto, tra i molti che ci offre il contesto nazionale ed internazionale.
Il tema delle spese militari...
Secondo esempio. Il dibattito sul sistema bancario...
E non era forse considerata un’utopia, fino a pochi mesi fa, affrontare il nodo dei costi della politica come sto provando a fare adesso da presidente della Camera?...
Romeo Dionisi, Anna Maria Sopranzi, suo fratello Giuseppe, tre persone per bene, oneste, che si sono trovate da sole a sopportare il peso materiale e morale della loro povertà.
Morire per miseria e per dignità ferita è un’ingiustizia intollerabile!...
Eppure, scolpito nello spirito profondo della nostra Repubblica, c’è quell’articolo 3 della Costituzione che ho scelto come bussola per il mio operare...
Questo articolo non ci ricorda soltanto che tutti siamo uguali: ci dice anche che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli che impediscono alla persona di realizzarsi e di partecipare alla vita del Paese. E la Repubblica non è una entità astratta: siamo noi, siete voi, sono le nostre istituzioni, le forze politiche e sociali, le scuole, le Università, i luoghi del lavoro e della produzione.
Purtroppo le diseguaglianze sono aumentate negli ultimi anni, non diminuite. E la crisi in corso ha moltiplicato e ingigantito gli ostacoli da rimuovere...
tutto avrei potuto immaginare, appena un mese fa, tranne che sarei stata chiamata all’alto compito che oggi mi onora. Dopo i primi momenti di sorpresa e, perché negarlo, di spavento, ho cercato di concentrare tutte le mie energie su una missione che considero prioritaria su ogni altra: dare il mio contributo per ricucire il rapporto profondamente lacerato tra i cittadini e le istituzioni...
Perché la buona politica sta nell’esercizio responsabile delle proprie funzioni: liberi, anzitutto, da ogni condizionamento.
Mi sembra invece un’utopia necessaria, alla quale guardare con grande attenzione, quella di una partecipazione sempre più estesa dei cittadini, grazie anche agli strumenti della Rete...
La rete offre nuove e grandi possibilità di informazione e di coinvolgimento, ma non mi attrae una presunta democrazia diretta che funzioni secondo lo schema “uno schermo, un voto”. Molto può essere fatto per potenziare gli strumenti della democrazia parlamentare, accorciando le distanze che separano rappresentanti e rappresentati...
E dobbiamo impegnarci a ritrovare un rapporto fecondo, intenso, leale con l’Europa...
Anche in questo sento forte il dovere della politica e delle sue istituzioni: dobbiamo affrancare i cittadini dalla rassegnazione e dall’abitudine, far sentire loro che partecipare, proporre, scegliere, decidere, vigilare rappresentano il pieno esercizio del diritto di cittadinanza. Dal quale nessuno di noi può prescindere.
In conclusione, lasciatemelo dire: anche la democrazia, nella sua concezione più alta e compiuta, rischia di apparire un’utopia...
Ecco, ragazzi, cos’è la nostra saggia utopia!
Vi chiedo di mettere da parte ogni cinismo e di osare! Volate alto, non abbiate paura! Non abbiate timore di esporre il vostro sguardo alle cose di questo mondo. Riprendetevi il sogno, i valori della solidarietà, dell’eguaglianza, della dignità umana. Perché questi principi non sono solo parole virtuose: è in essi, dentro di essi, il segno della vita che verrà. Di una politica responsabile. Di una felice democrazia.
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