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martedì 27 giugno 2023

Aumentano i poveri assoluti in Italia: i “5 cluster” di Caritas e l'allarme per chi è solo

Aumentano i poveri assoluti in Italia:
i “5 cluster” di Caritas e l'allarme per chi è solo

Presentato il primo Report sulla povertà: nel 2022, aumentano del 12.5% gli assistiti nei centri di ascolto e servizi informatizzati, soprattutto per lamento di stranieri ucraini”. Forte relazione tra povertà e scolarità, ma anche chi ha diploma e laurea chiede aiuto. Tra le cinque categorie di poveri, a rischio soprattutto i vulnerabili soli”


Quasi il 10% della popolazione residente in Italia vive in condizioni di povertà assoluta: lo ha riferito l'Istat e lo ha ricordato oggi la Caritas italiana, presentando il primo Report statistico sulle povertà, insieme al proprio Bilancio sociale. La povertà assoluta è dunque un fenomeno strutturato e in preoccupante aumento, visto che solo 15 anni fa riguardava appena il 3% della popolazione. Un incremento dovuto alle “gravi crisi globali attraversate a partire dal 2008, dal crollo di Lehman Brothers, alla crisi del debito sovrano, fino alla pandemia da Covid-19, a cui si aggiungono ora gli effetti del conflitto in Ucraina che stanno impattando pesantemente su crescita, inflazione e scambi commerciali – riferisce Caritas – Oggi si contano 5 milioni 571mila persone in stato di povertà assoluta, erano 1,8 milioni solo tre lustri fa”.

Il prossimo autunno verranno rilasciate le nuove stime dell’Istat, ricalcolate secondo nuovi parametri europei, e “i timori di una ulteriore recrudescenza appaiono fondati. Le tensioni legate allo scoppio della guerra infatti hanno marcatamente condizionato il prezzo dell’energia, che ha registrato straordinari rialzi, contribuendo così al forte aumento dell’inflazione, con un conseguente irrigidimento delle politiche monetarie. In questo clima di incertezza economica e politica la crescita globale è di fatto rallentata”.

In tale contesto, sono i più fragili a pagare il prezzo più alto della crisi: “Se le fasce più deboli hanno infatti subito un rincaro dei prezzi del 17,9% , la parte più ricca si è fermata a + 9,9%. In questa fase di marcata insicurezza globale dunque si rafforzano le disuguaglianze tra le famiglie più benestanti e quelle meno abbienti, in continuità con quanto accaduto con la pandemia da Covid-19”.

La povertà secondo l’Osservatorio Caritas

I dati della Caritas, riferiti ai beneficiari dei servizi di supporto e assistenza, integrano e aiutano a elaborare i dati di Istat, offrendo uno spaccato sui volti della povertà oggi. Nel 2022, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati, le persone incontrate e supportate sono state 255.957: il 12,5% in più rispetto al 2021. Un incremento in gran parte legato alla crescita delle persone di cittadinanza ucraina accolte dalla Chiesa in Italia (rispetto al 2021 il numero degli stranieri di cittadinanza ucraina sostenuti è salito da 3.391 a 21.930). “Tuttavia, se si esclude 'l’effetto guerra', il trend rispetto all’anno precedente è comunque di crescita, ridimensionata però ad un + 4,4% - osserva Caritas – Complessivamente, l’incidenza delle persone straniere si attesta al 59,6% (era al 55% nel 2021) con punte che arrivano al 68,6% e al 66,4% nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est. Quasi il 30 per cento delle persone è accompagnato da più di 5 anni. A chiedere aiuto sono donne (52,1%) e uomini (47,9%). L’età media dei beneficiari si attesta a 46 anni. Complessivamente le persone senza dimora incontrate sono state 27.877 (+ 16% rispetto al 2021), pari al 16,9% del totale”.

Forte risulta essere la relazione tra povertà e bassa scolarità: tra gli assistiti prevalgono infatti quelli con licenza media inferiore, che pesano per il 44%; se a loro si aggiungono i possessori della sola licenza elementare (16,2%) e la quota di chi risulta senza alcun titolo di studio o analfabeta (6,3%) si comprende come i due terzi dell’utenza sia sbilanciato su livelli di istruzione bassi o molto bassi. Rispetto al 2021 cresce leggermente la percentuale di chi può contare su titoli di studio più elevati (diploma superiore o laurea): la povertà diventa in qualche modo sempre più trasversale.

Strettamente correlato al livello di istruzione è poi il dato sulla condizione professionale che racconta molto delle fragilità di questo tempo post pandemico. A chiedere aiuto sono per lo più persone che fanno fatica a trovare un lavoro, disoccupati o inoccupati (48,0%), ma anche tanti occupati, working poor o lavoratori poveri su base familiare, che sperimentano condizioni di indigenza (22,8%).

Particolarmente significativi i dati sulle cosiddette povertà multidimensionali: “Nell’ultimo anno, il 56,2% dei nostri beneficiari ha manifestato due o più ambiti di bisogno – fa sapere Caritas - In tal senso prevalgono, come di consueto le difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, i bisogni occupazionali e abitativi; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità di coppia), le difficoltà legate allo stato di salute (disagio mentale, problemi oncologici, odontoiatrici) o ai processi migratori”.

Per quanto riguarda gli interventi della rete Caritas, ne sono stati erogati complessivamente oltre 3,4 milioni di interventi: il 71,8% ha riguardato beni e servizi materiali (distribuzione di viveri, accesso alle mense/empori, docce, ecc.); il 9,4% interventi di accoglienza, a lungo o breve termine (in forte crescita rispetto al 2021); il 7,4% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 4,6% il sostegno socio-assistenziale; il 2,5% l’erogazione di sussidi economici, utilizzati soprattutto per il pagamento di bollette e tasse; l’1,4% interventi sanitari.

Caritas, quali beneficiari? I 5 cluster

Insieme alla povertà crescono e si aggravano le fragilità: proprio per approfondire le multiformi storie di povertà oggi esistenti, Caritas ha condotto un lavoro di analisi multivariata, al fine di definire alcuni “cluster” di povertà, ovvero una classificazione degli assistiti, da un lato per favorire una migliore messa a fuoco lo stato di bisogno, dall'altro per fornire elementi utili ai decisori politici, agli amministratori locali e agli stessi operatori Caritas nell’elaborare adeguate strategie di contrasto alla povertà, nel definire efficaci risposte e interventi, nella costruzione di percorsi di accompagnamento costruiti secondo le diverse esigenze sociali.

Caritas ha distinto i beneficiari dei suoi interventi in cinque “cluster” (o profili), ciascuno con tratti sociali specifici.

Il primo gruppo è quello dei “vulnerabili soli”: per lo più uomini, tra i 35 e i 60 anni, che vivono soli. Oltre la metà di loro risulta celibe, a cui si aggiunge anche una quota importante di divorziati. Più di uno su tre risulta senza dimora. Sono persone che presentano una molteplicità di bisogni (il 60% in almeno tre ambiti diversi). Quasi uno su dieci manifesta problemi connessi alle dipendenze. In stretta correlazione con la complessità dei loro profili, hanno fruito e richiesto più frequentemente degli altri varie forme di aiuto; più marcati che altrove gli interventi in ambito alloggiativo, socio-assistenziale (soprattutto in termini di sostegno diurno socio-educativo), di tipo sanitario e di orientamento. Tutte forme di intervento che si sommano agli aiuti di tipo materiale, in particolare l’accesso alle mense e la distribuzione di vestiario.

Il secondo cluster è rappresentato dalle “famiglie povere”: soprattutto donne adulte, coniugate (i due terzi), con figli (82,7%), spesso minori conviventi. Vivono con i propri familiari o in convivenze di fatto, in nuclei di 2-4 persone. Alta la quota dei lavoratori poveri, uno su tre risulta infatti occupato. Presentano bisogni per lo più legati alla sola povertà economica. Due su cinque sono in carico a Caritas da almeno 5 anni (molti di loro da oltre dieci anni). Quasi la metà è assistito da centri o servizi parrocchiali. Hanno beneficiato per lo più di forme di aiuto legate a beni e servizi materiali (pasti, vestiario, prodotti per neonati, ecc.) e sussidi economici (per il pagamento di bollette/utenze o affitti).

Il terzo gruppo è quello dei “giovani stranieri in transito”: giovani uomini stranieri, con un’età media di 25 anni, in maggioranza celibi. Uno su due è di nazionalità africana. Si tratta per lo più di nuove prese in carico. Sono persone che si sono concentrate al confine italo-francese nel tentativo di raggiungere altri paesi europei, trovando assistenza in particolare nella diocesi di Ventimiglia (in un solo centro sono stati supportati oltre 14mila stranieri). Spesso sono senza dimora. Non si tratta sempre di persone sole, a volte si muovono in compagnia di familiari o conoscenti. Quasi la metà dichiara di essere uno studente. Presentano sempre bisogni multipli (oltre il 60% in almeno tre ambiti diversi), comprese diverse tipologie a bassa incidenza. Nonostante la complessità dei loro profili sociali hanno beneficiato solo di beni o servizi, magari di diverso tipo (cibo, viveri, vestiario, ecc.).

Il quarto cluster è quello dei “genitori fragili”: comprende in particolare genitori di età compresa tra i 35 e i 60 anni, per lo più di genere femminile. Quasi sempre hanno figli minori conviventi. Vivono con i propri familiari o in convivenze di fatto, ma in nuclei mediamente più numerosi rispetto agli altri gruppi. Nel gruppo l’incidenza delle persone di cittadinanza italiana appare più alta della media. Molto spesso presentano bisogni multipli. Alto il disagio occupazionale: due su tre esprimono infatti un bisogno legato al lavoro. Tra gli aiuti ricevuti accanto a quelli di tipo materiale (per lo più viveri, buoni spesa, accesso agli empori) risulta significativamente più marcato il peso dei sussidi economici, dell’orientamento e dei coinvolgimenti di altri enti o soggetti del territorio.

Il quinto gruppo è quello dei “poveri soli”, che include soprattutto adulti di genere maschile, per lo più tra i 35 e i 65 anni, di età media più alta rispetto agli altri cluster. Sono persone che vivono da sole e presentano un'elevata incidenza rispetto agli altri gruppi di celibi, separati/divorziati, vedovi e pensionati. Sono quasi sempre senza figli. Sono presenti in prevalenza al Nord Ovest o nelle regioni tirreniche del Centro. Quasi la metà di essi vive in grandi città, richiedono più spesso degli altri un’assistenza di tipo socio-assistenziale. Hanno fruito per lo più di assistenza materiale, in particolare dei servizi mensa e dell’erogazione di viveri.

“Gli esiti dell’analisi multivariata ci indicano che ci sono due grandi dimensioni e aspetti che contribuiscono a differenziare la povertà nel nostro Paese – commenta Caritas -. Da un lato, le caratteristiche del nucleo al quale è legata la persona, dall'altro la complessità dei bisogni rilevati. Dalla combinazione di questi due grandi assi, possono essere messi a fuoco i diversi gradi di marginalità sociale degli assistiti. Si passa infatti da una condizione di basso rischio delle 'famiglie povere' (in condizioni di sola deprivazione materiale) a situazioni molto più complesse, come quelle dei 'vulnerabili soli', esclusi dal mondo del lavoro e senza reti parentali di protezione. Se guardiamo alla povertà da una prospettiva relazionale, partendo dal concetto di famiglia come luogo di alleanza, supporto e solidarietà tra i membri, i nuclei unipersonali in stato di povertà possono dirsi in qualche modo i più fragili tra i fragili”.
(fonte: Redattore sociale, articolo di Chiara Ludovisi 27/06/2023)