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sabato 10 giugno 2023

Oltre la sparizione dei preti, anche quella dei matrimoni: ma ci tocca?

PENSARE LA FEDE

Oltre la sparizione dei preti, anche quella dei matrimoni:
ma ci tocca?
 
Una ricerca della diocesi milanese manifesta numeri dei preti in forte diminuzione; ma il dato ancora più marcato riguarda il netto calo dei matrimoni religiosi. Eppure non se ne parla.


Hanno fatto abbastanza scalpore, perché rimbalzati sui media nazionali, i risultati di una ricerca pubblicata su La Scuola Cattolica (rivista del Seminario di Milano) condotta da don Martino Mortola e don Paolo Brambilla, con l’aiuto di demografi dell’Università Cattolica di Milano.

L’indagine, di natura primariamente statistica, ma con abbondanti ricadute pastorali, ha suscitato interesse e visibilità perché denuncia che nel prossimo futuro ci sarà un drastico calo del numero di sacerdoti attivi nel ministero della diocesi ambrosiana.

Di per sé questa non è una novità: basta avere un minimo il polso della situazione e il coraggio dell’intelligenza per confrontarsi con una realtà che, da tempo, è ormai evidente e che richiederebbe una grande forza e una ancor più grande libertà di cambiamento: queste però ancora faticano a sorgere.

In particolar modo ha avuto risonanza la notizia che nel 2040 (quindi fra 17 anni, non 170) ci saranno meno di 100 preti sotto i quarant’anni, in una diocesi che conta 5 milioni di abitanti (e, ad oggi, circa 1600 preti, molti ormai anziani): dati che, al solito, scatenano il web, mentre dovrebbero invitare a un ripensamento generale di quello che sarà il quotidiano delle nostre comunità, dei suoi sacerdoti e dei suoi laici.

C’è però un dato che è passato sotto silenzio nel dibattito — ennesimo segno che di clericalismo siamo un po’ tutti preda — ed è questo: dai 18.000 matrimoni religiosi degli anni ’90, ora siamo a circa 4.000 all’anno. Se la matematica non mi inganna, un calo circa dell’80%. Insomma, pochissimi ormai si sposano in chiesa (e pure questo è noto), ma anche qui il peso del numero è rilevante.

Va da sé, tutto si tiene: ordinazioni sacerdotali, matrimoni religiosi, battesimi (diminuiti anch’essi grossomodo del 70%, ma meno dei matrimoni religiosi). Tuttavia, a parte qualche sparuta voce e qualche buon esempio, si avverte un generale scoramento e un fatalismo innegabile sul tema del matrimonio: un calo vertiginoso dell’80% porta con sé numerose e serie questioni di pastorale giovanile, di pastorale educativa, di evangelizzazione delle relazioni, a partire da quelle decisive (il rapporto tra fidanzati, conviventi, etc.), di antropologia, di morale. E mentre si continuano ad additare esempi familiari fuori tempo massimo, tanto astratti quanto disincarnati, tutti intrisi di devozionalismo, sono una manciata coloro che compiono una scelta di matrimonio cristiano (a margine: tempo fa chiedevo quale pastorale si pensa per i conviventi, ossia la maggior parte delle persone che vivono la relazione di coppia sotto i 50 anni).

Tutto questo domanda una radicale revisione di approcci e percorsi, di creatività e di coraggio, di rivisitazione della concretezza della vita familiare (molto di più delle proposte arrivate l’anno scorso, su cui abbiamo già espresso forti riserve io e Gilberto Borghi); ma richiede anche uno sguardo vero, senza infingimenti, che si stacchi dal “non avremo più preti in parrocchia” e inizia a chiedersi: “avremo sposi in parrocchia”?

Passare sotto silenzio anche questi dati di realtà è l’ennesimo segno che il mondo va da una parte e spesso noi continuiamo ad arrabbiarci con l’orologio, perché non ferma le sue lancette. Alla radice, però, viene da chiedersi: il matrimonio cristiano — per come generalmente lo si presenta, lo si testimonia, lo si propone e, forse, lo si vive, — ha ancora qualcosa di significativo ed evangelico da dire agli uomini e le donne contemporanei?
(fonte: Vino Nuovo, articolo di Sergio Di Benedetto 6 giugno 2023)