LA FESTA DEGLI ABBRACCI
Il cristiano crede all'amore.
Noi abbiamo creduto all'amore: ogni uomo, ogni donna, anche il non credente lo sa, perché lo conosce come sapienza del vivere.
I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
- il primo per gli amici dei social
- il secondo pubblicato su Avvenire
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio». Giovanni 3, 16-18.
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LA FESTA DEGLI ABBRACCI
Il cristiano crede all'amore. Noi abbiamo creduto all'amore: ogni uomo, ogni donna, anche il non credente lo sa, perchè lo conosce come sapienza del vivere.
La Trinità: un dogma che può sembrare lontano, ma che invece è rivelazione del segreto del vivere, della sapienza sulla vita, sulla morte, sull'amore, e mi dice: in principio a tutto, ma proprio a tutto, è il legame.
Io che sono lento a credere, come potrò cogliere qualcosa della Trinità? Pensare di capirla attraverso le formule è come voler capire una parola analizzando l'inchiostro con cui è scritta. Ma Dio non è una definizione, è un'esperienza! La Trinità non è un concetto da capire, è una realtà condivisa da accogliere.
In uno dei capolavori di Kieslowski, il bambino protagonista sta giocando. Improvvisamente chiede alla zia: «Com'è Dio?». La zia lo chiama a sé, lo abbraccia, gli bacia i capelli e stringendolo sussurra: «Come ti senti, ora?». Pavel non vuole sciogliersi dall'abbraccio, alza gli occhi e risponde: «Bene, mi sento bene». E la zia: «Ecco, Pavel, Dio è così».
Dio come un abbraccio. Se non c'è amore, non vale nessun magistero. Se non c'è amore, nessuna cattedra sa dire Dio. Questo è il senso pieno della Trinità, specchio del nostro cuore profondo, e del senso ultimo dell'universo. Origine e vertice, fonte e culmine dell'umano e del divino: la comunione.
Sulla prima lettura i nomi di Dio sul monte sono uno più bello dell'altro: il misericordioso e pietoso, il lento all'ira, il ricco di grazia e di fedeltà (Es 34,6). Mosè è salito con fatica, due tavole di pietra in mano, e Dio sconcerta lui e tutti i moralisti, scrivendo su quella rigida pietra parole di tenerezza e di bontà.
Parole che giungono fino a Nicodemo, a quella sera di rinascite. Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. Siamo al versetto centrale del Vangelo di Giovanni, a uno stupore che rinasce ogni volta davanti a parole tonificanti come una camminata in riva al mare, fra spruzzi d'onde e aria buona respirata a pieni polmoni.
Ha dato suo Figlio per amore: Amare non è un fatto sentimentale, non equivale a emozionarsi o a intenerirsi, ma a dare, verbo fattivo di mani e di gesti.
Dio ha tanto amato il mondo... e la notte di Nicodemo, e le nostre, s'illuminano.
Se mi domandano: tu cristiano a che cosa credi? La risposta spontanea è: credo in Dio Padre, in Gesù risorto, nella Chiesa... Giovanni indica una risposta diversa: il cristiano crede all'amore. Noi abbiamo creduto all'amore: ogni uomo, ogni donna, anche il non credente lo sa, lo conosce come sapienza del vivere. È lo stesso amore interno alla Trinità che da lì si espande, ci abbraccia e poi dilaga.
Davanti alla Trinità, io mi sento piccolo ma abbracciato, come un bambino: abbracciato dentro un vento in cui naviga l'intero creato, che ha nome amore.
Festa della Trinità: annuncio che Dio non è in se stesso solitudine, ma comunione, legame, abbraccio. Che ci ha raggiunto, ci libera e ci dà il suo cuore plurale.
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