Cuore Immacolato di Maria
Il giorno dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù, la Chiesa celebra la memoria liturgica del Cuore Immacolato di Maria. La festa è stata istituita nel 1944, ma il culto è legato alle origini del cristianesimo ("Maria da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel suo Cuore" Lc 2,19).
Al Cuore di Maria sono legati riflessioni e scritti di Pontefici, santi e dottori della Chiesa.
Il promotore della festa liturgica del Cuore Immacolato di Maria è San Giovanni Eudes (1601-1680), che nei suoi scritti non disgiunge mai i Cuori di Gesù e di Maria. Nel 1668, grazie all'opera di San Giovanni Eudes, la festa e i testi liturgici vengono approvati in tutta la Francia. Un'altra data rilevante è quella del 13 luglio del 1917. La Madonna rivela ai tre pastorelli a Fatima: "il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato". "Infine il mio Cuore Immacolato trionferà".
Nel 1942, in un tempo scosso dalla tragedia della guerra, Papa Pio XII consacra la Chiesa e il genere umano al Cuore Immacolato di Maria. Nel 1944, due anni dopo la preghiera per la consacrazione, estende la festa del Cuore Immacolato di Maria a tutta la Chiesa.
La consacrazione fu rinnovata da San Giovanni Paolo II il 13 maggio 1982.
La riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II ha trasferito questa memoria al sabato dopo la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, quale facoltativa. Fu San Giovanni Paolo II a renderla obbligatoria. Papa Francesco il 25 marzo 2022 consacrò al Cuore di Maria in particolare il popolo ucraino ed il popolo russo.
Questa celebrazione ci invita a meditare sul mistero di Cristo e della Vergine nella sua interiorità e profondità.
(Prima lettura Is 61,10-11 - Salmo responsoriale 1Sam 2,1.4-8 - Vangelo Lc 2,41-51)****************
Antonio Savone
L’incomprensione di Maria
Siamo poco abituati a pensare alle domande di Maria. Eppure il vangelo non le rimuove, anzi le ospita di buon grado. Già durante l’annunciazione: come è possibile? Ora di nuovo: perché ci hai fatto così? Il mistero di Dio – la vita stessa – travalica sempre il nostro modo di intendere le cose, di pensare la vita, di vivere i rapporti. Quel figlio che cresce sorprende Maria.
Lei e Giuseppe si scoprono impari rispetto a quel ragazzo: troppo più grande di loro per poterlo circoscrivere nelle loro categorie di pensiero. Infatti non lo comprendono: non ne comprendono il gesto (il suo essersi fermato) e non ne comprendono le parole (non sapevate…?).
Ci sono domande – come quella dell’angelo – che turbano Maria e ci sono gesti che l’angosciano – come in questo caso: tuo padre e io angosciati ti cercavamo. L’angoscia e il turbamento non risparmiano i giorni di Maria. Fatica, Maria, anche lei, a mettersi in sintonia con quel figlio che sembra sfuggire dalle loro mani. Lo comprendiamo: siamo lontanissimi dalle rappresentazioni devote della santa Famiglia. Qui tutto ha i colori della nostra vita, colori non sempre splendenti.
Perché ci hai fatto così? Una domanda tutta da trattenere. Immediatamente è il grido di una grande sofferenza perché quel figlio sfugge alla presa e genera l’incomprensione. L’incomprensione, dunque, fa capolino persino su quello che per noi resta il prototipo di ogni famiglia. Persino Maria e Giuseppe conoscono l’esperienza della crisi di fronte al mistero di un figlio che eccede. Vanno in crisi perché il modello di relazione tra loro e quel figlio è cambiato.
E tuttavia quella domanda dischiude anche un’altra prospettiva: di fronte a qualcosa che la supera Maria chiede di capire il motivo. Un atteggiamento abituale in lei se è vero che anche di fronte alle parole dell’angelo che le annuncia l’impossibile, prova a capire. Così qui. Intuisce che quell’episodio è tutt‘altro che un semplice incidente di percorso o il frutto del capriccio di un adolescente.
Perché ci hai fatto così? È la domanda che affiora sulle nostre labbra quando la vita ci confronta con qualcosa che travalica le nostre aspettative. Ma quando l’eventualità della risposta non soddisfa le aspettative il rischio, per noi, è quello di spegnere la domanda, di rimuovere l’esperienza di contraddizione che invece rappresenta per noi una pasqua, un passaggio da riconoscere, accogliere e attraversare.
Perché ci hai fatto così? Una domanda che si apre alla eventualità di una risposta che è altra rispetto a quello che vorresti sentir dire.
Perché mi cercavate? Ancora una domanda da trattenere. Gesù chiede a Maria come a noi il perché della nostra ricerca. Maria avrebbe voluto fermare il tempo quella volta e invece, quel figlio, le chiede di entrare in tutt’altro orizzonte. Quel figlio, in fondo, lo conoscevano e non lo conoscevano. Per giorni, infatti, lo hanno cercato ma nei posti sbagliati: tra parenti e conoscenti, cioè tra chi ritiene di sapere come vanno le cose. Eppure avrebbero dovuto sapere che altro era il suo luogo: non sapevate…? domanda stupito Gesù.
Quel figlio non accetta di essere chiuso dentro gli schemi ripetitivi del culto o delle tradizioni parentali. Per crescere – fa comprendere ai suoi – è necessario anche cominciare ad abitare il distacco, l’incomprensione.
Non compresero, è una parola che consola il cuore perché la non comprensione, la fatica a capirsi non è segno di una famiglia sbagliata. E quando non comprendi sei comunque invitato ad accogliere le risposte che ti vengono dalla vita, provando a cercare quel disegno che va evidenziandosi poco alla volta.
E tuttavia è interessante la conclusione della pagina evangelica: non compresero… e scese con loro. Quei genitori fanno fatica a capire e per tutta risposta Gesù non se ne va, scende con loro. Il mistero dell’incarnazione lo porta ad assumere persino il limite dei suoi genitori e a fare i conti con una quotidianità segnata da quel limite.
Davanti al limite nostro e degli altri siamo tentati di scappare via. Il vangelo ci attesta: prova a scendere con loro, misurati con la vita, così com’è. Paradossalmente Gesù è cresciuto in sapienza, età e grazia, proprio in quella casa.
(fonte: A Casa di Cornelio 16/06/2023)