Napoli, cartellino giallo della Chiesa ai tifosi che festeggiano lo scudetto durante la messa: «sono atti blasfemi»
A sentire i tifosi napoletani che quest'anno il Napoli avrebbe vinto il campionato lo aveva preannunciato lo scioglimento anzitempo del sangue di San Gennaro nell'ampolla. Anche se nel capoluogo partenopeo sacro e profano si intrecciano da secoli certe manifestazioni di entusiasmo calcistico in diverse parrochie della diocesi, durante le messe, non sono piaciute alla Chiesa che si è trovata costretta a mostrare il cartellino giallo ai tifosi e ribadire loro che i cori e gli applausi pro-Napoli sono gesti dissacranti al limite del blasfemo.
«Spesso la festa si è voluta esprimere anche all'interno delle nostre chiese, in molti casi durante la liturgia, che ha una sua natura propria e un suo linguaggio simbolico che non può e non deve essere alterato in alcun modo».
In una lettera inviata ai parroci partenopei l'arcivescovo Mimmo Battaglia mette in riga il clero spesso un po' troppo tollerante verso questo genere di espressioni sportive, derubricandole a folcloristici gesti dettati dalla notoria esaltazione dei napoletani per la squadra del cuore.
«Questi gesti suscitano dapprima ilarità e anche una comprensibile partecipazione ma immediatamente dopo lasciano il passo a una riflessione sulla loro opportunità e liceità se non addirittura in alcuni casi un senso di sgomento e disorientamento». La strigliata ai tifosi di monsignor Battaglia è piuttosto chiara e tende a ripristinare i confini tra il sacro e il profano. Ogni luogo, spiega nella lettera diffusa dal blog Messainlatino.it, deve conservare codici verbali e simbolici. «Come non è possibile eseguire un canto liturgico dagli spalti dello stadio o esporre una immagine sacra al centro del campo di calcio o far indossare una sola ai calciatori, cosi risulta inopportuno intonare cori da stadio durante o al termine della messa, o portare sciarpe e bandiere durante le processioni offertoriali o, ancora, esporre scudetti nell'area presbiteriale». Insomma, tutto questo è blasfemia.
(fonte: Il Messaggero, articolo di Franca Giansoldati 05/06/2023)