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domenica 11 settembre 2022

"Un cuore che ascolta - lev shomea" n. 45/2021-2022 anno C

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino

 XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Vangelo:


Tutto il capitolo 15 del Vangelo di Luca, che comprende le tre parabole della misericordia, altro non è che un'unica grande parabola divisa in tre parti. In essa si manifesta il cuore stesso del Vangelo: Dio è un Padre di misericordia e di tenerezza. Attraverso di essa Gesù ci rivela l'urgenza di un cammino di conversione da intraprendere, un autentico cambiamento di mentalità e di vita da operare. Non solo del figlio peccatore alla giustizia, ma soprattutto del figlio che ritiene di essere giusto, perché prenda coscienza del suo peccato e accolga con gioia che Dio non è un padrone che asserve, ma un Padre che ama e libera. La Parabola del Padre misericordioso (o del figlio che crede di essere giusto), cuore di tutto il Vangelo di Luca, è indirizzata soprattutto a coloro che si ritengono giusti, santi, perché anche loro possano «convincersi di peccato» (Gv 16,8) per così prendere parte assieme a tutti i fratelli "peccatori" al banchetto di nozze del Regno (14,15-24). La conversione, però, di coloro che si ritengono giusti è molto più difficile di quella di coloro che hanno coscienza di essere peccatori. Questi ultimi, a causa della loro miseria, avvertono il bisogno della misericordia del padre, i giusti, invece, certi della loro "santità", pensano di bastare a se stessi e giudicano senza misericordia i fratelli. Gesù invece ci presenta il volto di un Padre che ama sempre non perché siamo buoni e bravi, il suo amore non è il premio per la nostra irreprensibile fedeltà alla sua Legge, la sua tenerezza non è proporzionale ai nostri meriti (se mai potremmo averne), ma alla nostra miseria. «Se veramente conoscessimo il cuore del Padre, ci renderemmo conto che la salvezza dalle nostre miserie passa dall'essere amati, cercati, trovati e incontrati da Colui che da sempre ci sforziamo di trovare senza mai incontrarlo» (cit.). La conversione perciò non è tanto un processo di ritorno a Dio (ci ha perdonati prima ancora che glielo chiediamo), quanto piuttosto quel radicale cambiamento che dobbiamo compiere dell'immagine diabolica di Dio (l'idolo) che, da Adamo in poi, abbiamo fabbricato con le nostre stesse mani.
«La Chiesa perciò deve sempre rammentare che non è una assemblea di giusti, di santi, ma una comunità di peccatori sempre aperti al perdono» (cit.).