VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
in KAZAKHSTAN
13 - 15 SETTEMBRE 2022
Martedì, 13 settembre 2022
ROMA – NUR-SULTAN
7:15 Partenza in aereo dall’Aeroporto Internazionale di Roma/Fiumicino per Nur-Sultan
17:45 Arrivo all'Aeroporto Internazionale di Nur-Sultan
17:45 Accoglienza ufficiale
18:30 Cerimonia di benvenuto presso il Palazzo Presidenziale a Nur-Sultan
18:45 Visita di cortesia al Presidente della Repubblica
19:30 Incontro con le Autorità, con la Società civile e con il Corpo diplomatico presso la "Qazaq Concert Hall"
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Il Papa è partito per il Kazakhstan
È iniziato il 38° viaggio apostolico di Francesco: tre giorni a Nur-Sultan nel cuore dell'Asia per partecipare al Congresso dei Capi delle religioni mondiali e tradizionali. Un’occasione, come ha detto all'Angelus di domenica scorsa, per dialogare da fratelli, animati dal comune desiderio di pace, di cui il nostro mondo è assetato. Il decollo da Roma-Fiumicino alle 7.36
Ai giornalisti del seguito l'augurio di un buon lavoro.
Una colomba, un ramo d'ulivo, le mani giunte, quelle dei "messaggeri di pace e unità". Nel Logo e nel Motto le parole chiave del 38° Viaggio apostolico di Papa Francesco, iniziato questa mattina e che lo vedrà fino al 15 settembre nell’Asia centrale, il Kazakhstan, ex Repubblica sovietica lungo l’antica via della seta, stretta tra Cina e Russia, crocevia di culture, fedi e etnie diverse. Occasione è la partecipazione al VII Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali, per ribadire il contributo positivo delle fedi alla concordia tra i popoli. Ma il Pontefice va anche per incontrare, incoraggiare e rinnovare nella fede la piccola comunità cattolica locale, meno dell'1% dei 19 milioni di abitanti, ma apprezzata, in un contesto religioso-culturale tanto variegato.
La partenza
Intorno alle 6.30 il Papa si è trasferito in auto da Casa Santa Marta all'aeroporto di Roma-Fiumicino, dove si è imbarcato su un Airbus A330 di ITA Airways. L'aereo è decollato intorno alle 7.36, destinazione Nur-Sultan, l'avveniristica capitale kazaka nota fino al marzo 2019 come Astana.
Francesco in partenza per il Kazakhstan
Il telegramma al presidente Mattarella
Circa 6.30 le ore di volo, durante le quali l'Airbus sorvolerà Italia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Bulgaria, Turchia, Georgia, Azerbaigian. Nel momento di lasciare l'Italia, il Papa ha inviato il consueto telegramma al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in cui rivolge al capo di Stato e a tutti gli italiani il suo "cordiale saluto", "con auspici di serenità e di concordia unito alla preghiera a Dio per il bene e il progresso di tutta la nazione”.
I primi appuntamenti
L'atterraggio è previsto alle 17.45, quando in Italia saranno le 13:45. Francesco sarà accolto con una cerimonia ufficiale nel Paese asiatico guidato da Kassym- Jomart K. Tokayev. E sarà proprio il presidente, in carica dal 2019, ad accogliere il Pontefice in aeroporto, dove non sono previsti discorsi ma un breve incontro nella Sala Vip. Quindi il trasferimento al Palazzo presidenziale, intorno alle 14.10 in Italia, le 18.10 kazake, per la cerimonia di benvenuto e la visita di cortesia. Il primo discorso ufficiale del Papa è atteso alla Qazaq Concert Hall, un centro per le arti e lo spettacolo, progettato da architetti italiani e concepito come un “fiore della steppa”. Papa Francesco lo raggiungerà in auto, dal Palazzo presidenziale, e quando lì saranno le 19.30 circa, le 15.30 in Italia, prenderà la parola all’interno dell’Auditorium alla presenza delle Autorità, della società civile e del corpo diplomatico. Al termine, la conclusione della prima giornata con il trasferimento in Nunziatura, dove il Papa risiederà per tutti i tre giorni della sua permanenza a Nur-Sultan, la città attraversata dal fiume Ishim, sferzata dalle correnti siberiane e cresciuta come uno dei più grandi progetti edilizi del mondo, pur non nascondendo le ferite di un passato da avamposto militare russo, con i suoi gulag, per i dissidenti politici, di cui ancora porta i segni.
Il Congresso, la Messa e l’incontro con i cattolici
Mercoledì mattina sarà il giorno dell’apertura al Palazzo della pace e della riconciliazione, del VII Congresso dei Leader delle Religioni Mondiali e Tradizionali, appuntamento nato nel 2003, con la presenza costante della Santa Sede, e quest’anno centrato sul ruolo dei leader nello sviluppo spirituale e sociale dell’umanità nel periodo post pandemico. Ad ora sono confermate 108 delegazioni da 50 Paesi del mondo. Nel pomeriggio invece l’abbraccio con i fedeli nella grande zona dell’Expo Grounds per la celebrazione della Santa Messa, nel giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, quando non si esclude - stando alla Sala Stampa vaticana - la presenza di cristiani figli di quelli perseguitati dal regime sovietico e finiti prigionieri nei gulag. Giovedì 15 settembre il tanto atteso incontro con la comunità cattolica nel luogo di riferimento per loro che è la cattedrale della Madre del Perpetuo Soccorso e sede dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana. Ricordiamo il Kazakhstan, è in prevalenza - al 70% - di fede musulmana, mentre il 26% è costituito da cristiani, in prevalenza ortodossi e la piccola minoranza dei cattolici conta circa 120mila fedeli. In serata la chiusura del Congresso con la lettura della dichiarazione finale e il congedo, con il rientro in Vaticano previsto alle 20.15.
Il Papa saluta il personale di Ita Airways
Sulle orme di Giovanni Paolo II per dire "no" alla guerra
Dialogo, incontro, ricerca della pace tra religioni e culture, sono le parole chiave di questo viaggio, come ha detto, presentandolo, il direttore della Sala stampa vaticana, Matteo Bruni. 3 giorni e 5 discorsi, tra cui un’omelia per Francesco, il secondo Papa a raggiungere il Kazakhstan dopo Giovanni Paolo II che con coraggio visitò la terra dei Cosacchi ventuno anni fa, pochi giorni dopo l'attacco terroristico alle Twin Towers di New York e al Pentagono. Ieri come oggi, la guerra resta lo spettro più spaventoso, anche con la minaccia del disastro nucleare che la contraddistingue: è la terza guerra mondiale - ha detto il Papa in diverse occasioni – una “pazzia” il cui antidoto, che probabilmente Francesco rilancerà anche dal cuore dell’Asia, è la fraternità universale, monito e cuore dell’impegno diplomatico e del magistero del Pontefice argentino.
Il Papa saluta i giornalisti al seguito
(fonte: Vatican News, articolo di Gabriella Ceraso e Salvatore Cernuzio 13/09/2022)
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Messaggero di pace
Papa Francesco è arrivato in Kazakhstan dove incontrerà la piccola comunità cattolica e i leader religiosi mondiali
All’aeroporto di Nur-Sultan, una città praticamente nuova che sorge quasi come un miraggio in mezzo alla desolazione della steppa, un tramonto luminosissimo e freddo ha accolto Papa Francesco che, per la prima volta, arriva in Kazakhstan seguendo le orme di san Giovanni Paolo ii, il quale visitò il Paese nel settembre del 2001.
Il Pontefice è giunto a Nur-Sultan nel pomeriggio di oggi, martedì 13 settembre, dopo un viaggio di sei ore e mezzo a bordo dell’aereo decollato questa mattina da Fiumicino.
«Buongiorno, grazie tante per la vostra presenza e del vostro aiuto in questo viaggio» ha detto durante il volo ai 75 giornalisti che lo accompagnano. «Vi auguro buon viaggio e buon lavoro! Parleremo al rientro, grazie e buona giornata».
Il Papa ha salutato i presenti, percorrendo, sia pure a fatica, il lungo corridoio che separa la sua poltrona, accanto alla cabina di pilotaggio, dalla postazione dei giornalisti. Come di consueto, si è fermato con ognuno di loro per brevi scambi di saluti o per ricevere lettere e doni provenienti da ogni parte del mondo. È il caso della “capulana” fatta artigianalmente dalle consorelle di suor Maria De Coppi, la missionaria comboniana uccisa lo scorso 6 settembre in Mozambico. Una religiosa italiana molto attiva che dal 1963 viveva nel Paese africano concentrando il suo lavoro pastorale nella formazione e nella promozione delle donne africane. Molto commosso, il Papa ha ricevuto dalle mani della giornalista spagnola Eva Fernández una riflessione scritta dalle consorelle di suor Maria sulla grave situazione di violenza che la zona di Cabo Delgado sta attraversando dal 2017 per mano di diversi gruppi jihadisti e che ha provocato, oltre una tragica crisi umanitaria, la migrazione forzata di circa 800 mila persone dal proprio territorio.
All’ipotesi di un colloquio con il presidente cinese Xi Jinping, che è atteso a Nur-Sultan per incontrare il suo omologo kazako, hanno fatto riferimento i giornalisti francesi durante uno scambio di battute con Francesco, il quale ha risposto dicendo di non aver notizie dell’incontro ma dichiarandosi pronto a recarsi in viaggio in Cina.
Nella remota terra kazaka, prossima a diventare l’epicentro di un imminente spostamento delle zone di scambio di materie prime nell’economia mondiale, il Papa è stato accolto dal presidente della Repubblica Kassym-Jomart K. Tokayev e da due giovani che in abito tradizionale hanno offerto dei fiori, espressione della natura multietnica della società kazaka. Duranti la cerimonia di benvenuto in aeroporto il presidente ha ringraziato il Papa per i suoi sforzi volti a evitare che l’umanità si allontani dalla via della pace.
La giovane Repubblica indipendente ha intrapreso da tempo il cammino verso la pace e il disarmo, con la rinuncia unilaterale all’armamento nucleare e l’adesione all’accordo per la proibizione degli esperimenti nucleari. Il Kazakhstan era una delle 15 Repubbliche che costituivano fino al 1991 l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche (Urss).
La società multietnica kazaka è sempre stata una terra d’incontro e di convivenza fra tradizioni e culture diverse. Un incontro in qualche modo “forzato”, se si considera che questa enorme regione venne scelta dall’impero zarista prima e da quello sovietico poi come terra di deportazione. Tedeschi, polacchi, ucraini e russi furono abbandonati al loro destino in queste zone desolate dal clima estremo, costretti a lavorare fino alla morte in condizioni atroci, mentre le tribù nomadi oriunde (di origine turca, tartara e mongola) venivano mandate nelle tenute agricole collettivizzate. A Zhezkazgan, uno dei campi di concentramento del Kazakhstan, fu recluso il premio Nobel Aleksandr Solženicyn, che raccontò il suo calvario nel romanzo Una giornata di Ivan Denisovič.
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Silvina Pérez 13/09/2022)
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INCONTRO CON LE AUTORITÀ, CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO
DISCORSO DEL SANTO PADRE
"Qazaq Concert Hall" (Nur-Sultan)
Martedì, 13 settembre 2022
distinti Membri del Governo e del Corpo diplomatico,
illustri Autorità religiose e civili,
insigni Rappresentanti della società civile e del mondo della cultura,
Signore e Signori!
Vi saluto cordialmente, grato al Signor Presidente per le parole che mi ha rivolto. Sono onorato di essere qui con voi, in questa terra tanto estesa quanto antica, nella quale vengo come pellegrino di pace, in cerca di dialogo e di unità. Il nostro mondo ne ha urgente bisogno, ha bisogno di ritrovare armonia. Armonia che in questo Paese può essere ben raffigurata da uno strumento musicale tradizionale e caratteristico, di cui sono venuto a conoscenza: la dombra. Essa costituisce un emblema culturale e uno dei simboli più importanti del Kazakhstan, tanto che recentemente le è stata dedicata una giornata specifica. Vorrei assumere proprio la dombra come elemento attorno al quale articolare quanto desidero condividere con voi.
Preparandomi a questo viaggio sono venuto a sapere che alcune versioni della dombra erano già suonate in epoca medioevale e che essa, lungo i secoli, ha accompagnato i racconti musicati di saghe e opere poetiche, collegando il passato al presente. Simbolo di continuità nella diversità, ritma dunque la memoria del Paese, e richiama così all’importanza, di fronte ai rapidi cambiamenti economici e sociali in corso, di non trascurare i legami con la vita di chi ci ha preceduto, anche attraverso quelle tradizioni che permettono di fare tesoro del passato e di valorizzare quanto si è ereditato. Penso, ad esempio, alla bella usanza qui diffusa di cuocere, il venerdì mattina, sette pani in onore degli antenati.
La memoria del Kazakhstan, che Papa Giovanni Paolo II, qui pellegrino, definì «Terra di martiri e di credenti, Terra di deportati e di eroi, Terra di pensatori e di artisti» (Discorso durante la cerimonia di benvenuto, 22.9.2001), reca impressa una gloriosa storia di cultura, umanità e sofferenza. Come non ricordare, in particolare, i campi di prigionia e le deportazioni di massa che hanno visto nelle città e nelle sconfinate steppe di queste regioni l’oppressione di tante popolazioni? Ma i kazaki non si sono lasciati imprigionare da questi soprusi: dalla memoria della reclusione è fiorita la cura per l’inclusione. In questa terra, percorsa fin dall’antichità da grandi spostamenti di popoli, il ricordo della sofferenza e delle prove sperimentate sia un bagaglio indispensabile per incamminarsi verso l’avvenire mettendo al primo posto la dignità dell’uomo, di ogni uomo, e di ogni gruppo etnico, sociale, religioso.
Ritorniamo alla dombra: essa viene suonata pizzicando le sue due corde. Anche il Kazakhstan è caratterizzato dalla capacità di procedere creando armonia tra “due corde parallele”: temperature tanto rigide in inverno quanto elevate in estate; tradizione e progresso, ben simboleggiate dall’incontro di città storiche con altre moderne, come questa capitale. Soprattutto, risuonano nel Paese le note di due anime, quella asiatica e quella europea, che ne fanno una permanente «missione di collegamento tra due continenti» (Id., Discorso ai giovani, 23.9.2001); «un ponte fra l’Europa e l’Asia», un «anello di congiunzione tra Oriente e Occidente» (Id., Discorso nella cerimonia di congedo, 25.9.2001). Le corde della dombra risuonano abitualmente insieme ad altri strumenti ad arco tipici di questi luoghi: l’armonia matura e cresce nell’insieme, nella coralità che rende armoniosa la vita sociale. «La fonte del successo è l’unità», recita un bel proverbio locale. Se ciò vale ovunque, qui in modo particolare: i circa centocinquanta gruppi etnici e le più di ottanta lingue presenti nel Paese, con storie, tradizioni culturali e religiose variegate, compongono una sinfonia straordinaria e fanno del Kazakhstan un laboratorio multi-etnico, multi-culturale e multi-religioso unico, rivelandone la peculiare vocazione, quella di essere Paese dell’incontro.
Sono qui per sottolineare l’importanza e l’urgenza di tale aspetto, al quale sono chiamate a contribuire in modo particolare le religioni; perciò avrò l’onore di prendere parte al settimo Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali. Opportunamente la Costituzione del Kazakhstan, nel definirlo laico, prevede la libertà di religione e di credo. Una laicità sana, che riconosca il ruolo prezioso e insostituibile della religione e contrasti l’estremismo che la corrode, rappresenta una condizione essenziale per il trattamento equo di ogni cittadino, oltre che per favorire il senso di appartenenza al Paese da parte di tutte le sue componenti etniche, linguistiche, culturali e religiose. Le religioni, infatti, mentre svolgono il ruolo insostituibile di ricercare e testimoniare l’Assoluto, necessitano della libertà di esprimersi. E dunque la libertà religiosa costituisce l’alveo migliore per la convivenza civile.
È un bisogno inscritto nel nome di questo popolo, nella parola “kazako”, che evoca proprio il camminare libero e indipendente. La tutela della libertà, aspirazione scritta nel cuore di ogni uomo, unica condizione perché l’incontro tra le persone e i gruppi sia reale e non artificiale, si traduce nella società civile principalmente attraverso il riconoscimento dei diritti, accompagnati dai doveri. Vorrei esprimere apprezzamento, da questo punto di vista, per l’affermazione del valore della vita umana attraverso l’abolizione della pena di morte, in nome del diritto alla speranza per ciascun essere umano. Accanto a ciò, è importante garantire le libertà di pensiero, di coscienza e di espressione, per dare spazio al ruolo unico e paritario che ognuno riveste per l’insieme.
Anche in questo può esserci di stimolo la dombra. Essa è principalmente uno strumento musicale popolare e, in quanto tale, comunica la bellezza di custodire il genio e la vivacità di un popolo. Ciò è affidato anzitutto alle autorità civili, prime responsabili nella promozione del bene comune, e si attua in modo speciale attraverso il sostegno alla democrazia, che costituisce la forma più adatta perché il potere si traduca in servizio a favore dell’intero popolo e non soltanto di pochi. So che è stato avviato, soprattutto negli ultimi mesi, un processo di democratizzazione volto a rafforzare le competenze del Parlamento e delle Autorità locali e, più in generale, una maggiore distribuzione del potere. Si tratta di un tragitto meritorio e impegnativo, certamente non breve, che richiede di proseguire verso la meta senza volgersi indietro. Infatti, la fiducia in chi governa aumenta quando le promesse non risultano strumentali, ma vengono effettivamente attuate.
Ovunque occorre che la democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma confluiscano in un concreto servizio al popolo: una buona politica fatta di ascolto della gente e di risposte ai suoi legittimi bisogni, di costante coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni non governative e umanitarie, di particolare attenzione nei riguardi dei lavoratori, dei giovani e delle fasce più deboli. E anche – ogni Paese al mondo ne ha bisogno – di misure di contrasto alla corruzione. Questo stile politico realmente democratico è la risposta più efficace a possibili estremismi, personalismi, populismi, che minacciano la stabilità e il benessere dei popoli. Penso anche alla necessità di una certa sicurezza economica, che qui all’inizio dell’anno è stata invocata in regioni dove, nonostante le risorse energetiche siano cospicue, si avvertono varie difficoltà. È una sfida che riguarda non solo il Kazakhstan, ma il mondo intero, il cui sviluppo integrale è tenuto in ostaggio da un’ingiustizia diffusa, per cui le risorse risultano distribuite in modo ineguale. Ed è compito dello Stato, ma anche del settore privato, trattare tutte le componenti della popolazione con giustizia e parità di diritti e doveri, e promuovere lo sviluppo economico non in ragione dei guadagni di pochi, ma della dignità di ciascun lavoratore.
Ritorniamo per l’ultima volta alla dombra – diranno che questo Papa è musicista –. Essa accomuna il Kazakhstan a diversi Paesi dell’area circostante e contribuisce a diffonderne la cultura nel mondo. Auspico che, similmente, il nome di questo grande Paese continui a essere sinonimo di armonia e di pace. Il Kazakhstan si configura quale crocevia di rilevanti snodi geopolitici: esso, dunque, riveste un ruolo fondamentale nell’attenuare le conflittualità. Qui Giovanni Paolo II venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001. Io vi giungo nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi. Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato. E la pace è questo: una via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato.
È dunque sempre più pressante la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali. A questo si dovrebbe guardare, non solo agli interessi che ricadono a proprio vantaggio. È l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo “spirito di Helsinki”, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni. E per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti.
Proprio pensando all’impegno globale per la pace, esprimo vivo apprezzamento per la rinuncia agli armamenti nucleari che questo Paese ha intrapreso con decisione; così come per lo sviluppo di politiche energetiche e ambientali incentrate sulla decarbonizzazione e sull’investimento in fonti pulite, che l’Esposizione internazionale di cinque anni fa ha messo in risalto. Insieme all’attenzione per il dialogo interreligioso, sono semi concreti di speranza piantati nel comune terreno dell’umanità, che sta a noi coltivare per le generazioni a venire; per i giovani, ai cui desideri occorre guardare per intraprendere le scelte di oggi e di domani. La Santa Sede vi è vicina in questo percorso: subito dopo l’indipendenza del Paese, trent’anni fa, sono state allacciate relazioni diplomatiche e sono lieto di visitare il Paese nell’imminenza di questo anniversario. Assicuro che i cattolici, presenti in Asia centrale fin da tempi antichi, desiderano continuare a testimoniare lo spirito di apertura e rispettoso dialogo che distingue questa terra. E lo fanno senza spirito di proselitismo.
Signor Presidente, cari amici, vi ringrazio per l’accoglienza che mi avete riservato e che rivela il vostro ben noto senso di ospitalità, nonché per l’opportunità di trascorrere questi giorni di dialogo fraterno insieme ai leader di molte religioni. L’Altissimo benedica la vocazione di pace e unità del Kazakhstan, Paese dell’incontro. A voi, che avete la responsabilità prioritaria del bene comune, e ad ogni suo abitante, esprimo la mia gioia di essere qui e la volontà di accompagnare con la preghiera e la vicinanza ogni sforzo per un futuro prospero e armonioso di questo grande Paese. Raqmét! [grazie!] Dio benedica il Kazakhstan!
Guarda il video del discorso del Papa