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martedì 13 settembre 2022

Sei siriani morti di sete su un barcone la strage nel Mediterraneo non si ferma ... due bambini di 1 e 2 anni, un ragazzo di 12 anni

Sei siriani morti di sete su un barcone
la strage nel Mediterraneo non si ferma

Tra le vittime tre minori, ieri lo sbarco a Pozzallo. Il sindaco: “Come i sopravvissuti ai lager nazisti”


Si muore, nel Mediterraneo. Ancora. Sempre più spesso. In modi ogni volta più atroci. Era di due giorni fa la notizia della piccola Loujin di 6 anni, siriana, partita con la famiglia dal Libano e morta di sete nel tentativo di arrivare in Europa, dopo giorni di navigazione alla deriva. Ieri, se possibile, è andata perfino peggio. I morti di sete e di fame in questo caso sono 6: due bambini di 1 e 2 anni, un ragazzo di 12 anni, la nonna dei bambini, la mamma di un altro adolescente. Una tragedia che non si può raccontare con parole semplici. Di quel barcone sono rimasti vivi in 26, che alla fine, quando domenica sono entrati nell’area di responsabilità italiana (anche se a rigore erano ancora nelle acque della Libia orientale), sono stati recuperati da un cargo battente bandiera liberiana, l’«Arizona», dirottato a salvare i disgraziati dalla nostra Guardia costiera. Alla fine i naufraghi hanno toccato terra ieri, a Pozzallo, in provincia di Siracusa. Sul molo ad accoglierli c’era il sindaco, Roberto Ammatuna, che di mestiere fa il medico. «Ho visto cose che mi hanno fatto rabbrividire - racconta - perché m’è sembrato di avere di fronte i sopravvissuti dei lager nazisti. Persone ridotte a carne e ossa, disidratate, ustionate dal sole, che non avevano nemmeno più la forza di reggersi in piedi».

L’Unhcr, l’Alto Commissario per i rifugiati, ha rivelato che il barcone era partito dalla Turchia ben 15 giorni fa. A bordo c’erano tutti profughi siriani. Come sia iniziata la loro odissea, non è chiaro. Forse un motore in avaria. Qualcuno parla di respingimenti nelle acque di Cipro. Le loro richieste di soccorso, dalle parti di Malta, non sono state prese in considerazione. Giorni su giorni sono passati. E le scorte si sono ridotte drammaticamente. Altre albe e altri tramonti e non avevano già più niente da mangiare. Dopo poco ancora si era esaurita anche l’acqua. Presi dalla disperazione, uomini, donne e bambini hanno bevuto l’acqua del mare.

Hanno incrociato diversi mercantili. Hanno implorato, gridato, pregato di essere salvati. Invano. Da una nave si sono preoccupati di gettargli delle casse d'acqua, ma dato che il barcone non riusciva a manovrare, quell’acqua è andata perduta. Sono rimasti inesorabilmente soli. «Questa inaccettabile perdita di vite umane e il fatto che il gruppo abbia trascorso diversi giorni alla deriva prima di essere soccorso, evidenziano ancora una volta l'urgente necessità di ripristinare un meccanismo di ricerca e soccorso guidato dagli Stati nel Mediterraneo», dichiara Chiara Cardoletti, Unhcr in Italia.

E potrebbe non essere finita qui: secondo la Ong «Alarm Phone», un’altra neonata di 3 mesi sarebbe morta di sete; c’è un padre disperato alla deriva insieme ad altre 249 persone su un barcone in zona maltese, rimasto ormai senza carburante, partito anche questo circa sette giorni fa dal Libano. Le persone insomma scappano più di prima. «Ci avevano detto che la guerra avrebbe fatto aumentare le partenze da Paesi lontani. Ed eccoci qua», chiosa, amaro, il sindaco Ammatuna.
(fonte: La Stampa, articolo di Francesco Grignetti 12/09/2022)