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domenica 18 settembre 2022

"Un cuore che ascolta - lev shomea" n. 46/2021-2022 anno C

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino

 XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Vangelo:


«Nessun servo può servire due padroni!». Dopo aver svelato il cuore del Padre a coloro che si ritengono giusti e mormorano contro di Lui (15,2), adesso Gesù si rivolge ai discepoli ammaestrando loro sull'uso corretto dei beni. La parabola narrata non è rivelatrice di una nuova dottrina, ma rimanda al cuore stesso della fede ebraica che i discepoli conoscono bene: lo "Shemà Israel" (Dt 6,4). Non c'è che un solo Dio e i beni vanno gestiti per ciò che sono: un dono del Padre da condividere con i fratelli. La tentazione, però, di tenere "il piede in due scarpe" è sempre forte, per questo motivo Gesù ricorda ai suoi che Dio è l'unico Signore mentre i beni non devono e non possono essere assolutizzati. Quando ciò avviene cadiamo nell'idolatria, ci vendiamo anima e corpo all'«abominio della desolazione» (Mt 24,15), l'idolo di morte che soppianta Dio nella nostra vita. La nostra fede si gioca nella fedeltà al Padre per il dono ricevuto; la creazione tutta è consegnata nelle nostre mani, ma nulla di tutto quanto possediamo ci appartiene perché ne siamo solo custodi e non padroni (cfr. Gen 2,15). Siamo amministratori insipienti che si sono impadroniti di ciò che non ci appartiene: «Cosa mai possediamo che non abbiamo ricevuto?» (1Cor 4,7). Per questo Gesù ci esorta a passare dall'economia del possesso esclusivo dei beni a quella della condivisione, dall'economia dell'accumulo a quella del dono, per essere come il Padre. Il nostro futuro si decide proprio sull'uso corretto che facciamo dei beni della terra, che sono sempre un mezzo e mai un fine. «Ogni altro amore assoluto che non sia per il Signore è infedeltà, prostituzione, adulterio, idolatria, asservimento a quel "mammona dell'ingiustizia" che estende la sua signoria su di noi riducendoci simili a sé» (cit.).