No a tutte le guerre: il coraggio dell'utopia
L’orrore della guerra ce l’abbiamo in casa. Pagine e pagine di giornali e trasmissioni televisive non parlano d’altro. Non eravamo abituati nemmeno a concepire una guerra vicino a noi: che la facciano gli altri le guerre, ma lontano, e che non ci facciano mandare il pranzo di traverso... Allora sì che possiamo chiudere gli occhi, allora sì che quei conflitti si possono relegare nelle pagine interne dei giornali. Eppure papa Francesco ci aveva avvertito con quell’espressione che a molti sembrò strana: stiamo vivendo la “terza guerra mondiale a pezzi”.
Nella nostra ingenuità l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non ce l’aspettavamo e, giustamente, la condanniamo “senza se e senza ma”, un’espressione oggi di moda. Perché la guerra è sempre sbagliata, e soprattutto una guerra di invasione.
Ma le ragioni di questa guerra sono più complesse di quello che sembrano. Le nazioni del mondo, almeno le più forti, almeno quelle che pensano di poter trarre vantaggio dalla debolezza altrui, si ispirano a una politica di potenza e, a seconda della convenienza, creano alleanze militari.
Prendiamo la Russia di Putin, erede di un impero zarista che aveva esteso la propria potenza dal mar Baltico all’Oceano Pacifico e, più recentemente, erede dell’Unione Sovietica che aveva allargato il suo controllo su tutti i Paesi dell’Est europeo. Una Russia, dopo il crollo del comunismo sovietico, debole, umiliata, ridotta in quanto a estensione territoriale, assolutamente incapace di competere con l’Occidente, un Paese che da un sistema socialista oppressivo è passato a un sistema capitalistico autoritario, imitando il peggio del capitalismo occidentale.
Da svariati anni a questa parte, però, Vladimir Putin ha saputo risollevare il suo Paese, soprattutto dal punto di vista militare, ed ecco che oggi sogna di riportare la Russia agli antichi splendori, ponendo sotto il suo controllo, anche con la forza, territori limitrofi che fino a ieri erano russi o controllati dalla Russia, e impedendo di avere ai suoi confini Paesi che sono entrati o che vorrebbero entrare nella NATO. E ce ne meravigliamo? Non è naturale che questo accada, all’interno di una logica di potenza (quella che noi rifiutiamo), la stessa logica di potenza, contrabbandata dalla NATO come lotta in difesa della libertà?
Oggi in tutta l’Europa occidentale si respira un’aria di guerra. Oltre che militare, è una chiamata alle armi ideologica: il nemico è alle porte. Le sanzioni nei confronti della Russia non sono sufficienti, anzi, stiamo attenti a non esagerare, altrimenti le conseguenze ricadono anche su di noi che mal sopportiamo di pagare le bollette della luce e del gas a prezzi astronomici. E allora armiamo l’Ucraina il più possibile, sarà lei a difenderci dal nuovo “impero del male” che abbiamo a due passi da noi, che è tornato a farci paura.
Questa guerra si combatte non solo sul campo, ma anche attraverso i media. In Russia viene presentata come la difesa nazionale contro il pericolo di un nazismo di ritorno. Ogni voce dissenziente viene repressa e migliaia sono i contestatori in carcere. Occorre “denazificare” l’Ucraina, dice Putin per giustificare la sua guerra di aggressione. Da parte occidentale, per contro, vengono descritte le atrocità compiute dall’esercito russo nei confronti della popolazione civile ucraina come qualcosa di eccezionale che desta orrore, che è intollerabile, che è espressione di una brutalità senza limiti... Come se la guerra non fosse sempre brutale, ingiusta, crudele. Come se nella guerra moderna le vittime non fossero sempre in maggioranza le popolazioni inermi.
E allora dai con immagini agghiaccianti di scuole e ospedali distrutti, di corpi straziati nelle case e nelle strade, di milioni di ucraini in fuga. E poi il dolore di famiglie che piangono i loro morti, della popolazione rimasta senza cibo. Ma non è questa la “normalità” della guerra? E infine l’eroismo di un intero popolo che resiste all’invasore perché vuole rimanere libero, che combatte anche per la nostra libertà. Il Bene che lotta contro il Male.
Sembra che abbiamo perso la memoria, che abbiamo cancellato il ricordo delle migliaia di vittime bruciate vive dal napaln durante la guerra del Vietnam o, più recentemente, il numero impressionante di morti iracheni nelle due Guerre del Golfo o in Afganistan. Tutte guerre scatenate dall’Occidente in nome della libertà contro dittatori e fondamentalismi islamici che hanno lasciato quei popoli in una situazione peggiore di prima: senza lavoro, senza pane, senza libertà.
«Mandiamo armi all’Ucraina», gridano i Paesi della NATO. Sembra che questa sia una voce unanime, propagandata dei media. E subito i governi dei vari stati decidono di aumentare il livello delle spesa per la “difesa”. Una manna per i produttori e i mercanti di armi. E i partiti italiani, quasi tutti, approvano questa scelta, con convinzione, alla faccia della nostra Costituzione che ripudia la guerra.
In controtendenza la posizione di una minoranza pacifista, e neppure compatta. L’unica voce di peso, come al solito da anni a questa parte, è quella di papa Francesco: un "no" deciso alla guerra, a tutte le guerre. Perché la guerra è un male in sé, perché la violenza attira violenza, sempre. Più la guerra continua, più lascerà strascichi di odio, germinatori di nuovi conflitti. La via diplomatica è l’unica da percorrere se vogliamo giungere a una pace duratura. L’unica in grado di sbarrare la strada a un dittatore come Putin che sogna di rifare la Grande Russia sulle spalle degli altri popoli, e al tempo stesso di contrastare la vocazione egemonica della NATO a livello mondiale.
È il coraggio dell’utopia che si fa concretezza!
(fonte: Adista, articolo di Bruno D'Avanzo 29/03/2022)