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lunedì 14 giugno 2021

Alex Zanotelli: Rispettare il referendum sull’acqua, non vendiamo la Madre

Alex Zanotelli
Rispettare il referendum sull’acqua,
non vendiamo la Madre

Acqua pubblica. La politica è rimasta sorda e non ha rispettato la decisione del popolo italiano. In questi 10 anni abbiamo avuto 8 governi, ma nessuno si è azzardato a ripubblicizzare l’acqua

Roma, luglio 2010. Un momento della manifestazione per la consegna delle firme per il referendum dell’acqua pubblica


Ritengo importante celebrare il decimo anniversario del Referendum (11-12 giugno 2012) per sottolineare il grande coraggio che ha avuto il popolo italiano nel votare con due Sì e quasi all’unanimità (95,8%) a quelle due domande referendarie: l’acqua deve uscire dal mercato e non si può fare profitto sull’acqua. È stato l’unico popolo in Europa a tenere un referendum sull’acqua e a vincerlo. Il popolo italiano non si è lasciato ingannare, né dalla stampa, né dalle televisioni, né dai partiti (salvo poche eccezioni), schierati per la privatizzazione. La battaglia iniziò da un piccolo gruppo di attivisti che si oppose alla privatizzazione decretata dall’allora governo Berlusconi.

Quel gruppo capì subito che, se si voleva ottenere una vittoria, bisognava impegnarsi perché nascesse un vasto movimento popolare. Questo si è potuto realizzare attraverso il lavoro capillare dei comitati che, con uno sforzo straordinario, si impegnarono a informare i cittadini utilizzando mille stratagemmi e iniziative.

Quanta creatività! Una delle iniziative più indovinate fu la legge di iniziativa popolare, scritta dagli stessi comitati, che raccolse oltre 400.000 firme consegnate trionfalmente alla Corte Costituzionale a Roma. Questo ci aprì la porta alla vittoria referendaria, raggiunta grazie alla capacità del movimento di fare rete, partendo dai comitati cittadini, dai coordinamenti regionali, dal Forum con la sua preziosa segreteria. È stata questa capacità di lavorare insieme a determinare il buon esito della lotta fino al felice epilogo.

Purtroppo, la politica è rimasta sorda e non ha rispettato la decisione del popolo italiano. In questi dieci anni ben otto governi si sono susseguiti alla guida del paese, ma nessuno si è azzardato a ripubblicizzare l’acqua.  
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Ma la portavoce del M5S ha letto il Pnrr del governo Draghi? Così è scritto nel testo: “Il quadro nazionale è ancora caratterizzato da una gestione frammentata e inefficiente delle risorse idriche, e da scarsa efficacia e capacità industriale dei soggetti attuativi nel settore idrico, soprattutto nel Mezzogiorno.” Quei 4,38 miliardi andranno alle multiutility del centro-nord (Acea, A2A, Iren e Hera) per gestire industrialmente le acque del Meridione, in barba al Referendum! E questo di fronte a un pauroso surriscaldamento del Pianeta che avrà come prima vittima il bene più prezioso che abbiamo: “sorella acqua.”

E non è solo un problema per il sud del mondo ma coinvolge anche il Nord. L’Italia rischia di perdere il 50% dell’acqua potabile entro il 2040. I ricchi troveranno qualche soluzione, ma gli impoveriti del Sud del mondo sono destinati a morire? Se l’acqua venisse privatizzata, saranno i poveri a pagarne le conseguenze. Se oggi abbiamo 20-30 milioni di persone all’anno che muoiono di fame, domani, con queste politiche di privatizzazione, potremo avere cento milioni di morti di sete. Le prime avvisaglie di questo processo le abbiamo avute lo scorso dicembre quando l’acqua è stata quotata in borsa in California e poi a Wall Street. Questo è un peccato di onnipotenza: la follia dell’uomo.
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Mi appello alla coscienza di Draghi perché utilizzi quei 4,38 miliardi di euro per ripubblicizzare la nostra “sorella acqua” (i nostri esperti hanno calcolato che si può fare con molto di meno). Papa Francesco scrive nella sua enciclica Laudato Si’: “Questo mondo ha un debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità”. È la prima volta che un Papa parla dell’acqua come “diritto alla vita” (un termine usato in campo cattolico per l’aborto e l’eutanasia). Privatizzarla equivale a vendere la propria madre. Difendiamo tutti la nostra comune Madre.


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