Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino
Vangelo: Gv 6,51-58
Mangiare la carne e bere il sangue del Figlio dell'uomo significa assimilarlo, aderire totalmente a lui, condividerne i sogni, il progetto di vita e amarlo fino a vivere di lui. La carne e il sangue simboleggiano l'umanità concreta fin nella sua fragilità e debolezza, limiti naturali che non sono affatto da disprezzare.
«Caro Salutis Cardo - La carne è il Cardine della Salvezza» scrive Tertulliano, perché è attraverso la carne del Figlio dell'uomo che si è manifestata la Gloria e la Salvezza del Padre, mediante l'amore che ha effuso su tutti noi. Nella nostra povera umanità il Padre manifesta tutta la sua potenza, perché «quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10) e «perché nessuna carne possa gloriarsi davanti a Dio» (1Cor 1,29).
Gesù allora ci esorta a mangiare anzi, a triturare, sminuzzare (in greco: Troghéin) la sua carne perché possa essere assimilata e così diventare nostra vita, carne della nostra carne. Solo nutrendoci di lui possiamo ottenere dal Padre di condividere la sua stessa vita, che significa amare così come siamo amati per diventare figli nel Figlio. E' il grande mistero dell'amore di Dio per l'uomo e dell'uomo per Dio: l'Amato diventa vita di chi lo ama. E' questa una relazione d'amore che va vissuta fino all'annullamento di sé, fino a scomparire per l'Amato, nell'Amato.
E' l'esperienza fondamentale fatta da San Paolo e che gli fa proclamare: «Non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20).