Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



venerdì 10 agosto 2018

Padre Pio cent’anni di beatitudine

Padre Pio cent’anni di beatitudine

I grandi santi non amano fare miracoli, li fanno solo perché gli forzano la mano, diceva Emil Cioran.
Sembra il ritratto di Padre Pio, che ha trascorso la vita miracolando i suoi devoti e al tempo stesso mettendoli neghittosamente in guardia dal credere che dipendesse da lui. Eppure è stato il santo più pregato, idolatrato e sovraesposto del Novecento. In presa diretta col popolo di Dio. Perché ha sempre parlato alla pancia cattolica del Paese. Usando un linguaggio schietto, vernacolare, ruvido, a volte urticante. Più da predicatore di campagna che da teologo. Ma al tempo stesso oscuramente arcaico, imbozzolato in quel saio marrone che a stento riusciva a contenere i suoi lampi carismatici, a disciplinare le sue intemperanze liturgiche, a smorzare le sue eccedenze profetiche. Che commuovevano le folle, perché smentivano le pallide astrazioni della teologia, stracciavano i velluti della prudenza curiale. 

Le celebri stimmate, che impiagavano le sue mani grosse da contadino sannita, facevano implodere il dogma e mostravano nel linguaggio muto e incoercibile del corpo, che il Cristo non si trova nelle parole disincarnate del Libro, ma nella sofferenza dei poveri cristi. E proprio quelle ferite, ricevute esattamente cento anni fa, diventarono subito il segno più plateale che una energia speciale attraversava quel cappuccino con le mani bendate. 

Un’aura soprannaturale che per un verso lo ha trasformato in un santo vivo agli occhi dei milioni di pellegrini che accorrevano al santuario di San Giovanni Rotondo — dove è vissuto fino al 1968, anno della sua morte — per poter vedere e toccare quelle segnature misteriose. Ma, dall’altro, ne ha fatto una spina nel fianco della gerarchia ecclesiastica, spiazzata da quella forza perturbante e debordante, da quello tsunami sacrale, da quella potenza oracolare che venivano da lontano, come un’onda di ritorno del tempo. E riportavano indietro le lancette della storia verso un orizzonte premoderno, dove i santi erano i medici di Dio, gli elemosinieri della grazia, i giustizieri del cielo, i funamboli della carità, gli sciamani della misericordia. Resuscitando un’idea così antica, ma proprio per questo così popolare, di una santità incisa soprattutto sul corpo. Che diventa un miracolo esso stesso. Un palinsesto di meraviglie che smentisce le leggi della natura. E sostituisce la fisica con la metafisica. Proprio come i grandi taumaturghi della cristianità. Ma, prima ancora, come gli eroi, gli dèi e gli sciamani delle grandi civiltà indoeuropee. La cui incandescenza corporea diventava un indizio di ardore sacro, di fervore mistico, di collera guerriera. In ogni caso si trattava di eroici furori. Come quelli di Alessandro Magno, la cui temperatura infuocata era direttamente proporzionale all’istinto bellicoso. E al suo odore delizioso che, a detta di Plutarco, era degno dei migliori profumi d’Arabia. O come i calori divini del mitico condottiero celtico Cuchullain, che dopo ogni battaglia veniva gettato sfrigolante nell’acqua gelida per temperarne il bollore. Anche l’ipertermia di Padre Pio apparteneva di diritto a questo catalogo di anime ferventi e di corpi ardenti. E le voci misteriose sulle sue febbri che sforavano i quarantotto gradi, alimentavano l’aura soprannaturale di quelle caldane fuori scala che mandavano in tilt i termometri. 
E questo superamento delle possibilità umane, era già di per sé un indizio miracoloso. Che al calore associa spesso un profumo altrettanto soprannaturale, proprio come nel caso dell’imperatore macedone, dei mistici orientali e di molti celebri santi del passato. È quel che comunemente si chiama odore di santità. Un’espressione nata dal fatto che dopo la morte, questi esseri fuori dalla norma, questi cadaveri eccellenti, emanerebbero un aroma soavissimo. E San Pio di odore di santità ne aveva e ne ha tuttora da vendere! 

Molti dei fedeli miracolati da lui, infatti, affermano di averne avvertito la presenza proprio dal profumo avvolgente di fiori, violette, gelsomini, rose, mughetti, che riempiva l’aria al momento della grazia. Ma i superpoteri del frate di Pietrelcina non si fermano qui. Ad arricchirne il book miracolistico c’è anche la bilocazione. La capacità di essere insieme da una parte e dall’altra. Esattamente come i berserker, i guerrieri scandinavi sacri a Wotan, il dio del furore e della profezia, che potevano andare in combattimento mentre il loro corpo dormiva sonni tranquilli nella tenda. 
E adesso la bilocazione del frate si è trasformata in ubiquità, da quando la sua statua, acquistabile anche su Amazon ed eBay, punteggia come un feticcio i giardinetti di tutte le periferie del Belpaese. Simbolo di una urbanistica fai da te, che reinventa spazi comunitari e li sacralizza a modo suo, bypassando sia l’autorità amministrativa sia quella religiosa. Ultimo totem di un movimentismo devoto, dove uno vale uno. E di una religione liberista come quella dei fedeli di Atlantic City in New Jersey, che hanno costruito una chiesa monumentale, dove ogni settimana si espone un frammento di un guanto del santo, si enumerano i suoi continui miracoli, mentre all’esterno gli smartphone catturano angeli di luce tra gli alberi. A Pio viene attribuito anche il dono della cardiognosi, la capacità, ai confini della telepatia, di leggere nel cuore e nell’animo delle persone che andavano a confessarsi da lui. E venivano puntualmente infilate in contropiede dall’uomo di Dio che gli spiattellava in anticipo i loro peccati. Non è un caso che molti pranoterapeuti e altri guaritori gli siano particolarmente devoti e gli attribuiscano spesso la rivelazione e in un certo qual modo la legittimazione dei loro poteri. Sono proprio questi tratti da sciamano carismatico a spiegare la straordinaria popolarità di questa star della santità, canonizzata prima a furor di popolo e infine elevata da Wojtyla alla gloria degli altari nel 2002. Grazie soprattutto alle sue guarigioni miracolose, ma anche a quella sorta di miracoli quotidiani compiuti nell’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, che lui stesso ha fondato a San Giovanni Rotondo nel 1956. Oggi è un’eccellenza della sanità meridionale, che lega taumaturgia e scienza, natura e soprannatura. Coniugando al presente una concezione della religione come servizio pubblico, come assistenza agli ultimi, come consolazione dei sofferenti. E della ricerca medica come continuazione della provvidenza con altri mezzi.

(fonte: “la Repubblica” articolo di Marino Niola del 9 agosto 2018)