Appello
Ancora una strage di lavoratori, schiacciati non solo da lamiere accartocciate sulle strade italiane dopo aver raccolto pomodori per due euro l’ora ma dallo sfruttamento da parte di padroni, padrini e sfruttatori vari. Sono lavoratori uccisi dal bisogno, dalla disperazione, da un lavoro lasciato troppo spesso nelle mani del mercato criminale e dall’indifferenza. Ma anche dalle lacrime di coccodrillo di chi dopo ogni strage invoca controlli e (contro)riforme salvo riprecipitare nell’oblio dopo pochi giorni, per poi riparlarne alla strage successiva, dimenticando che nel nostro Paese vi è un morto sul lavoro ogni otto ore e due mila infortunati al giorno: quindi ogni giorno è strage. Chi evoca il “business dell’accoglienza dei migranti” e la conclusione della “pacchia” per quanti si mettono in mare dall’Africa, nulla dichiara in merito alla “pacchia del business” che con i contadini senza terra, soprattutto migranti (ma anche autoctoni), fanno centinaia di imprenditori italiani da Saluzzo a Foggia.
Per questi “colletti bianchi color sangue” senza scrupoli che tiranneggiano e sfruttano, i “porti restano aperti”, possono esportare i loro prodotti ovunque. L’economia di un territorio vale molto di più di 16 vite umane, specie se africane! E ogni giorno aumenta la responsabilità di chi non vede, non sente, ma parla quando si contano i morti. Solo nell’agricoltura sono 430 mila i lavoratori e le lavoratrici sfruttati, di cui 130 mila in condizioni paraschiavistiche. E poi c’è l’edilizia, i trasporti, i servizi etc.
Per questo non facciamo appello alle Istituzioni le quali conoscono i loro doveri e se non li adempiono ne risponderanno davanti a chi democraticamente li giudica e controlla. Vogliamo invece rivolgerci a uomini e donne di buona volontà che non vogliono chiudere gli occhi davanti a un prodotto sottocosto sul banco di un supermercato, dietro il quale c’è una filiera che inizia con il sangue di disperati, migranti e italiani. Chi produce, vende, compra, usa un tale prodotto è l’altro capo dello sfruttamento. E non può più rimanere indifferente.
Facciamo appello ad associazioni, sindacati, persone e organizzazioni che ogni giorno vivono e combattono la violazione di diritti umani, le mafie, il caporalato, la tratta e ne sopportano il peso, vedendo calare ogni anno l’indice di dignità e legalità, dunque di democrazia del Paese.
Non ci stancheremo di ripetere che lo sfruttamento del lavoro, il controllo del territorio e l’umiliazione della persona sono il terreno in cui nascono e crescono le mafie. Così come contro le mafie, non basta chiedere che tutte le istituzioni facciano la loro parte, ma è necessario che ciascuno di noi apra gli occhi e combatta collettivamente perché i diritti non vengano dopo i prezzi, le persone dopo i prodotti, gli interessi economici criminali e illegali prima del lavoro legale.
A questo appello, con idee e fatti, si può aderire scrivendo a ilcaporalatouccide@gmail.com
Bruno Giordano, magistrato presso la corte di cassazione,
Marco Omizzolo, sociologo
Carlo Colloca, sociologo dell’ambiente e del territorio
Elena Battaglini, sociologa dell’ambiente e del territorio
(fonte: COMUNEinfo)
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Morti di caporalato
Dopo i quattro di sabato altri dodici braccianti immigrati uccisi in un incidente stradale
«Questi fratelli cercano un luogo dove vivere in pace. I migranti portano un carico di coraggio, capacità ed energie e arricchiscono la vita di chi li accoglie. L’umanità ha bisogno di essere abbracciata, e molto di più quando è ferita, sminuita e soffocata dall’esclusione».
Sono parole che pesano quelle pronunciate ieri da Vincenzo Pelvi, arcivescovo della diocesi di Foggia-Bovino, facendo riferimento non solo alle dodici vittime di ieri, braccianti stranieri uccisi in uno scontro frontale lungo la statale 16 all’altezza dello svincolo per Ripalta, nelle campagne di Lesina, ma anche alle quattro di sabato scorso, anch’esse braccianti agricoli immigrati, morti per un incidente sulla provinciale che collega Ascoli Satriano a Castelluccio dei Sauri. Stessa dinamica e una tragedia che si ripete, strettamente legata allo sfruttamento e al caporalato.
Per far fronte a questo drammatico fenomeno serve oggi, secondo Pelvi, «una educazione nelle famiglie, nelle comunità parrocchiali, nella società, al rispetto della persona umana, risvegliando i valori primari e inalienabili dell’accoglienza per ogni persona, non dimenticando che l’indifferenza genera iniquità sociale e timori diffusi». Secondo don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, «non possiamo parlare di fatalità». Occorre chiedersi, ha detto Ciotti, «in che genere di mondo vogliamo vivere. Se in quello dove il lavoro è un diritto e un libero contributo al bene comune, o in quello, che sempre più cupamente si annuncia, dove l’essere umano sfrutta il suo prossimo e c’è solo posto per gli egoisti».
Come detto, nei due incidenti la dinamica è la stessa: braccianti immigrati, manovalanza a basso costo, che viaggiano stipati su fatiscenti furgoni vengono travolti e uccisi da altri mezzi. Dopo massacranti giornate di lavoro, sotto il sole cocente di questi giorni: tutto per un pugno di euro. Ieri, stando a una prima ricostruzione dell’accaduto, il furgone con a bordo i braccianti procedeva in direzione San Severo quando l’autista, probabilmente a causa di un colpo di sonno o di un malore, ha improvvisamente invaso la corsia opposta di marcia e si è scontrato frontalmente con un tir che viaggiava in direzione opposta. Difficilissime le operazioni per estrarre i cadaveri dal groviglio di lamiere.
I morti erano presumibilmente tutti africani. Secondo gli inquirenti, avevano appena terminato il turno di lavoro nelle campagne della Capitanata e stavano rientrando al ghetto di Rignano, l’accampamento abusivo dove risiedono oltre 500 extracomunitari.
In visita oggi a Foggia, il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, ha detto che per quanto riguarda il fenomeno del caporalato «dobbiamo rafforzare gli strumenti di controllo e prevenzione e introdurre misure di sostegno al lavoro agricolo» ha aggiunto. Il ministro dell’interno, Matteo Salvini, ha promesso «controlli a tappeto». E i sindacati hanno indetto per l’8 agosto una marcia per chiedere giustizia.
(fonte: L'Osservatore Romano, 7-8 agosto 2018)
«A nome della Chiesa italiana» il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, ha voluto esprimere «lo sgomento per i 16 giovani africani vittime in due giorni di incidenti su furgoni senza freni e senza garanzie, e lo sdegno per le disumane condizioni in cui vivono». «Tutti - ha scandito il cardinale - sottopagati, tanti pagati al nero. Tutti giovani che pur pagati pochissimo destinavano i loro risparmi alle famiglie in Africa, perché lì sono ancora più poveri". "Questi ragazzi - ha aggiunto Bassetti con voce commossa - non possono vivere in tuguri come topi. Per loro si stanno muovendo le istituzioni, a cominciare del presidente del Consiglio».
«Il fenomeno migratorio è sicuramente complesso, ma è strutturale; non è una emergenza ma coinvolge il mondo intero, non solo il Mediterraneo e la nostra Europa. Il popolo italiano nella sua base non è razzista ma terribilmente impaurito. E la paura è terribile perché ti porta non più ad accogliere l'altro ma a proteggerti, difenderti dall'altro fino a vedere nell'altro un nemico. La Chiesa deve liberare il più possibile la gente dalla paura». ...
Leggi tutto: Bassetti: «Una vita indegna, strage che sgomenta: fare giustizia»
Luigi Ciotti su braccianti morti in un incidente stradale
Questo sistema sembra aver dimenticato che il lavoro è la base della dignità della persona, e che questa dignità si garantisce con i diritti, con la sicurezza, con la giusta retribuzione. Altrimenti abbiamo lo sfruttamento se non la schiavitù.
Oggi, 12 persone morte, tre ferite. Sabato scorso, 4 persone morte, 4 ferite. Tutti migranti impegnati in Puglia nel lavoro dei campi. Non possiamo parlare di fatalità. Incidenti di questo genere si ripetono da tempo, da anni, dall’epoca in cui a lavorare nei campi erano soprattutto nostri connazionali. Abbiamo oggi una buona legge sul caporalato, che però deve essere messa in condizione di funzionare. Ma c’è a monte una questione più generale che riguarda il lavoro.
Questo sistema sembra aver dimenticato che il lavoro è la base della dignità della persona, e che questa dignità si garantisce con i diritti, con la sicurezza, con la giusta retribuzione. Altrimenti abbiamo lo sfruttamento se non la schiavitù. Di fronte a quelle morti bisogna stare in silenzio, ma poi occorre chiedersi in che genere di mondo vogliamo vivere. Se in quello dove il lavoro è un diritto e un libero contributo al bene comune, o in quello, che sempre più cupamente si annuncia, dove l’essere umano sfrutta il suo prossimo e c’è solo posto per gli egoisti, per gli indifferenti, per i potenti e per i corrotti. Perché se è il primo mondo quello che vogliamo, non è più possibile assistere inerti a questo olocausto di vita e di speranza.
Luigi Ciotti, presidente Libera e Gruppo Abele
(fonte: LIBERA)
I loro corpi sono stati lasciati sull’asfalto freddo per oltre 9 ore: "Sono morti di serie Z"
Abbandonati per ore in mezzo a una strada, coperti solo da lenzuola bianche. E' quanto ha potuto documentare Fanpage riguardo i braccianti morti nel terribile incidente stradale avvenuto a Ripalta, in provincia di Foggia. I 12 migranti sono morti alle 15, ma dopo molte ore i corpi erano ancora riversi sull'asfalto: i pm hanno spiegato che tale decisione sarebbe stata assunta per favorire il riconoscimento, operazione che tuttavia viene solitamente svolta in obitorio e non certo in mezzo a una strada.
Una intera giornata di sciopero, cortei e manifestazioni per ricordare le 16 vittime dei due incidenti stradali dei giorni scorsi, tutti lavoratori migranti. Ma soprattutto dire no al caporalato e allo sfruttamento dei braccianti agricoli nelle campagne del foggiano. La protesta è iniziata stamattina, con la “marcia dei berretti rossi” promossa dal sindacato Usb, partita alle 8.30 dall’ex ghetto di Rignano, nel comune di San Severo. L’altro corteo, organizzato dai sindacati confederali è in programma alle 18 a Foggia. Hanno aderito numerose associazioni tra cui Libera, e parteciperanno, tra gli altri, anche mons. Giovanni Checchinato, vescovo di San Severo e i direttori di diverse Caritas diocesane della zona. “Le condizioni di vita e lo sfruttamento nei campi di lavoro di questi nostri fratelli, che hanno il solo torto di voler guadagnarsi il pane, lavorando onestamente, non possono più essere ignorate – ha affermato oggi mons. Giovanni Checchinato -. Tanto sangue sparso nelle nostre strade chiede giustizia!”. Alla “marcia dei berretti rossi”, ossia il copricapo che usano i lavoratori migranti durante la raccolta dei pomodori, erano presenti centinaia di persone, reggendo cartelli con le scritte “Basta sfruttamento”, “Siamo lavoratori, non carne da macello”, e gridando slogan come “Schiavi mai”. ...