Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



venerdì 17 agosto 2018

Una sfida per tutti RIDARE L'ANIMA A UN'ITALIA SFIATATA di p. Antonio Spadaro


Una sfida per tutti

RIDARE L'ANIMA
 A UN'ITALIA SFIATATA

di P. Antonio Spadaro,
gesuità e direttore di 
La Civiltà Cattolica



Viviamo un tempo che può diventare occasione di discernimento e rinascita.
A patto che politica, società e Chiesa ...



Forse abbiamo dato per scontato il rapporto tra Chiesa e popolo, e abbiamo immaginato che il Vangelo fosse penetrato nella gente d'Italia. Invece oggi apriamo gli occhi e vediamo che sentimenti di paura, diffidenza e persino odio, alieni dalla coscienza cristiana, hanno preso forma tra di noi e si sono espressi in vario modo (dalle urne ai social network). Forme di razzismo e xenofobia stanno emergendo nel Paese, spesso legato al fenomeno migratorio.
Non possiamo più dare per scontato il cattolicesimo del nostro popolo. E il "nemico" non è più solamente la secolarizzazione come abbiamo spesso ripetuto, ma è la paura, la frattura dei legami sociali e la perdita del senso di solidarietà

Che fare? Questo è un momento prezioso, in realtà. E' un momento di discernimento, che deve avviarsi, a mio avviso, sulla base di alcune riflessioni. 

La prima: la classe media, grande vincitrice dello sviluppo dagli anni '50 in poi, sta perdendo reddito, status sociale, senso di sicurezza e tessuto culturale in cui era nata. Gli italiani si sentono oggi più abitanti che cittadini. Questo è terreno di coltura: facile per "uomini forti" e ideologie identitarie.


La seconda: non passiamo dare la colpa di quel che accade a un solo uomo politico. In questo momento si esprimono sentimenti sordi e nascosti che da tempo si aggirano negli animi degli italiani. Gli umori sociali, le paure non esplodono all'improvviso. La gente non si è sentita ascoltata e ha reagito. Ci vogliono risposte nuove, e non è possibile tornare alle solite retoriche. Purché - come ha affermato di recente il presidente Mattarella - le isituzioni pubbliche non si facciano contagiare dai
" bacilli della divisione, del pregiudizio, della partigianeria, dell'ostilità preconcetta."

La terza: la Chiesa deve parlare con la gente e anche con coloro che oggi sono riusciti a intercettarne umori e idee. Dobbiamo dialogare con ciò che ci fa paura, anche con i sentimenti che la gente sta esprimendo, e che immaginavamo fossero estranei al nostro popolo, cioè "barbari",Papa Leone Magno incontrò Attila. E dobbiamo farlo con la consapevolezza della profezia del Vangelo, ricordandoci che la Chiesa non può mai accettare di ridursi a partner politico.
"Vi chiedo ai essere costruttori dell'Italia" aveva chiesto Francesco nel suo discorso fondamentale, ancora non assimilato, consegnato alla Chiesa italiana a Firenze il 10 novembre 2015. In quel discorso era già prefigurata la situazione attuale.
Il nostro compite oggi come discepoli di Cristo impegnati nelle tensioni della nostra moderna democrazia è quello indicato dal presidente Mattarella: contrastare le "tendenze alla regressione della storia". E dobbiamo pure ricordare che — come disse Pio XI nel 1938 - "cattolico vuol dire universale, non razzistico, nazionalistico, separatistico". La cattolicità sempre antidoto al nazionalismo xenofobo poiché, a differenza della globalizzazione imposta dai mercati, pone al centro la persona e i popoli, migranti e poveri compresi

(Pubblicato su "Famiglia Cristiana n. 32/2018 del 10.08.2018)


Guarda anche il post già pubblicato:
- Il discorso di Papa Francesco alla Chiesa italiana - 10.11.2015