La crescita è diventata la religione del nostro tempo
e noi dobbiamo diventare atei della crescita.
Di fronte alla crisi che l'umanità sta vivendo - stando a tutti i segnali, solo un piccolo assaggio di ciò che verrà - quel che serve è una cura tanto urgente quanto radicale di disintossicazione collettiva dal veleno della crescita, la vera religione del nostro tempo. Che questo sia il primo passo da compiere - diventare «atei della crescita» - ne è assolutamente convinto l'economista e filosofo francese Serge Latouche, che sulla questione si è soffermato nell'incontro su "Crescita, Recessione, Decrescita, un cerchio che si chiude?", svoltosi il 12 maggio alla Comunità di Base di San Paolo di Roma, nell'ambito del Cantiere Cipax 2015-2016 dedicato alle Nuove Economie di Pace (promosso in collaborazione con Adista, CdB San Paolo, Confronti, Figli di Abramo-amici per la pace, Officina Adista, Osservatorio per il dialogo laico-interreligioso e Pax Christi). Di certo, tutto sembra indicare che l'umanità sia finita in un vicolo cieco, sospesa com'è tra la strada, ormai arrivata al capolinea, di una «società della crescita con crescita» - quella su cui abbiamo camminato finora e che sta conducendo il pianeta alla sesta estinzione di massa delle specie viventi - e quella, su cui ci stiamo tragicamente muovendo oggi, di «una società della crescita senza crescita», cioè di una società in recessione, con tutta la disperazione sociale che porta con sé. Tra l'«estinzione» e la «disperazione», però, c'è, secondo Latouche, un piccolo sentiero di speranza, rappresentato da ciò che ci si è ormai abituati a definire decrescita, la quale, però, avverte, più che un concetto è uno slogan - funzionale a una critica radicale dello sviluppo diretta a spezzare l'attuale conformismo economicista - e più che un progetto alternativo è una «matrice di alternative», una proposta necessaria per riaprire gli spazi dell'inventività e della creatività...
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Vi proponiamo l'intervento pronunciato da Latouche al Cantiere del Cipax, tratto da una registrazione e non rivisto dall'autore.
L'essenza della domanda posta nel titolo del mio intervento - “Crescita, Recessione, Decrescita, un cerchio che si chiude?” - può essere tradotta, in termini shakespeariani, come: crescere o non crescere? Una domanda che ne implica un'altra: credere o non credere? Perché, come ha spiegato bene papa Francesco, la crescita è diventata la religione del nostro tempo e noi dobbiamo diventare atei della crescita. Ma, a differenza di papa Francesco, nessun responsabile politico o economico l'ha compreso (o almeno fa finta di non averlo compreso).
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Questo progetto costituisce una soluzione alla crisi sociale, alla crisi ecologica, alla crisi economica e alla crisi culturale. E allora o intraprendiamo questa strada della decrescita, dell'ecosocialismo democratico, dell'abbondanza frugale, o siamo condannati a un'altra forma di barbarie.
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