Erano persone, non omosessuali, transessuali, eterosessuali, bisessuali. Erano persone che erano andate a ballare, a fare festa. Erano come me quando mi metto tutta in tiro, mi arrampico sui tacchi, tiro fuori la lingua mentre tento di tirarmi una linea di eye-liner che sia approssimativamente dritta, saluto a casa e corro dalle amiche che "si fa seratone". Che nessuno a me e alle mie amiche ha mai chiesto con chi andavamo a letto, giudicandoci per questo più o meno normali.
C'era una donna che aveva avuto 11 figli, aveva 49 anni e aveva asfaltato un cancro. Ora ci sono 11 figli senza la loro mamma (Brenda Lee). C'era una ragazzina di 18 anni che giocava a basket e aveva appena vinto una borsa di studio per il college e in disco era andata proprio per festeggiare il bel futuro che l'aspettava (Akyra). C'era un ballerino che lavorava al Disney live, aveva 35 anni e un bimbo piccolo (Xavier). C'era un uomo che era nato a Puerto Rico e da lì era risalito fino a diventare supervisore per Gucci (Javier). C'era un biondino che sognava di diventare giornalista sportivo e che è morto per mettere al sicuro la sua ragazza (Cory). C'era un cantante di un gruppo che non ho mai sentito nominare, Frequency Band, e chissà, magari se avesse avuto un po' più di tempo... (Shane).
Avrei potuto esserci io, avrebbe potuto esserci ognuno di noi che una sera esce e va in un locale e ci muore dentro e all'indomani della sua morte il mondo si preoccupa di scoprire se andava a letto con gente del suo stesso sesso o no. Perché non si può continuare nell'ipocrisia del "no ma a me i gay non fanno né caldo né freddo". Perché poi basta la strage di un "omofobo invasato" che ci si dimentica che quelle che ha ammazzato erano persone. Persone. Che le persone non sono quello che fanno a letto, che le persone non sono i baci che danno e a chi li danno. Le persone sono studentesse pronte per una borsa di studio che chissà se da grandi vogliono fare le neurologhe o le parrucchiere, sposarsi o andare con uomini e donne fino a non poterne più. Le persone non sono le loro preferenze sessuali perpetuamente ricordate, da alcuni con "l'ignoranza di un cinghiale", da altri con la grazia di una farfalla. Ma così è, e la sostanza non cambia.
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La morte non livella mica tutti: a Orlando non sono morti Akyra, Cory, Javier e altre 46 persone. Sono morti dei gay! Tragedia nella tragedia. E non venitemi a dire che non c'è neanche un po' di "ipocrisia pelosa" in tutto questo.
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A vivere e morire sono sempre e solo persone che, indipendentemente dall'oggetto del loro amore, potranno essere simpatiche, antipatiche, geniali o stupide, bellissime o brutte come l'inferno. Ma persone. E casomai volessimo un mondo in cui l'omosessualità non è più una stella arcobaleno appiccicata sul petto, potremmo iniziare a piangere Akyra, Xavier, Cory, Brenda Lee, Shane e tutti gli altri come persone. E basta.