"Chi sente la tenerezza di Dio si stringe ai fratelli
e con gioia la vuole portale agli altri,
a quelli che hanno bisogno, una sofferenza nel cuore"
Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna
(Testo e video)
L'omelia in occasione del pellegrinaggio giubilare della diocesi di Bologna alla Basilica vaticana,
sabato 4 giugno 2016.
E' con tanta emozione che celebriamo oggi il nostro Giubileo nella Basilica di San Pietro, per manifestare la nostra obbedienza e godere della comunione con il successore dell'Apostolo che conferma i fratelli, seduto su questa cattedra che presiede nella carità. Ci sentiamo parte di un corpo che "da un confine all'altro della terra offre al tuo nome il sacrificio perfetto a te gradito". Non avere confini ci aiuta a capire il nostro piccolo e a viverlo con un amore largo. Siamo noi, ma con noi sento tutti i fratelli della nostra chiesa, anche quelli che per missione sono lontani, tutte parti di questo poliedro così ricco nel quale nessuno è dimenticato e ognuno è importante. Sento oggi qui con noi anche tutti gli uomini e le donne che ci sono affidati, le loro attese, le domande di gioia, di sicurezza, di guarigione, che ci spingono a cambiare e che presentiamo al Signore, iniziando da quelle dei poveri, nostri e suoi fratelli più piccoli. Lasciamoci stringere dall'abbraccio di questa madre, luminosa come i tanti raggi, che vediamo davanti a noi, raggiunti dalla misericordia che Papa Francesco non si stanca di indicare e chiedere a tutti. E' rappresentata da quel colonnato che accoglie, definisce e resta sempre aperto allo stesso tempo. Lasciamoci attrarre, rinnovare, sciogliere il cuore dalla misericordia! Ne abbiamo bisogno per rivivere la simpatia immensa verso ogni uomo che scaturì dal Concilio Vaticano II, che cinquanta anni fa si concluse proprio qui in San Pietro. Il giubileo ci aiuti a scegliere personalmente e come chiesa di Bologna "ciò che a Dio piace di più", senza cedere alla tentazione di misure avare, del "giusto mezzo", di accontentarci della mediocrità, privi dell'audacia del Vangelo. Il Giubileo ci libera da abitudini che non ci fanno vedere i fratelli con gli occhi della misericordia, i soli che rivelano le loro vere domande senza giudicare e senza il grigio dello scontato "ho sempre fatto così". Il Giubileo è misericordia che scalda la nostra tiepidezza, che ci fa amare più i programmi che le persone, gli orari che gli imprevisti dell'incontro con il prossimo. Il giubileo ci libera dalle discussioni inutili che finiscono per contristare lo spirito e disperdere la nostra azione. Il Giubileo ci libera dall'attenzione alla considerazione personale, che fa amare più il ruolo che il servizio, i calcoli che la generosa gratuità. Ci libera dalla paura di uscire, di parlare, di sporcarci con il dialogo, per non restare chiusi difensori di una casa altrimenti vuota, inutilmente distante e colpevolmente incomprensibile agli uomini che ne hanno bisogno. Il Giubileo ci dona la misericordia, la gioia della grazia che trasforma tutto,liberandoci dalla stanchezza e dalla disillusione che avvelenano il nostro cuore, che spingono a guardare più al passato che spenderci nell'appassionante avventura di piantare semi che preparano il futuro. Sono semi che già lo contengono, germogli nei quali possiamo vedere i frutti di una nuova stagione per noi e per le nostre comunità.
Abbiamo tanto bisogno di questo momento straordinario perché solo gustando la misericordia superiamo i nostri limiti e, pur nel nostro peccato, nell'evidente debolezza delle nostre umanità, possiamo mostrarla a tanti che la cercano, pieni dell'entusiasmo di lavorare nella casa del padre per affrontare la necessaria opera di rinnovamento delle istituzioni e delle strutture della Chiesa. Passare questa porta ci fa uscire più uniti tra noi, perché la comunione non solo sia un metodo ma diventi anche urgente e necessaria realtà. Solo la comunione, circolarità di amore nella quale nessuno è spettatore, può permettere alla chiesa il futuro e le consente di affrontare le sfide che deve affrontare. Il giubileo ci fa godere di tanta unità tra noi e anche tra il nostro cuore e quello che facciamo, perché quando questo diventa un dovere e il privato è altrove non sappiamo certo comunicare la gioia e attrarre con la luce dell'amore. Chi sente la tenerezza di Dio si stringe ai fratelli e con gioia vuole portarla agli altri, a quelli che hanno bisogno, a quelli che hanno una sofferenza nel cuore o sono tristi. La misericordia è il primo passo che costruisce questa bellissima casa dove tutto ciò che è mio è tuo.
Come abbiamo ascoltato nel Vangelo Gesù davanti alla situazione di dolore si ferma. Non segue i suoi programmi, non rifiuta gli imprevisti e non impartisce da lontano indicazioni. La misericordia non resta un'emozione soggettiva. Ci fa compiere i passi per essere vicini al prossimo. Gesù non disprezza nessuno. La vedova è una donna senza nome perché ha il nome di tutte le madri, d'interi paesi che piangono perché vivono il dolore inaccettabile di un figlio che non c'è più. Questa è la stessa sofferenza della chiesa. Gesù non aspetta una richiesta. Le lacrime sono già un'intercessione che Gesù fa interamente sua. Misericordia è farsi toccare dalla sofferenza e toccare la sofferenza! La misericordia non è virtuale, non ha paura del contagio: è la verità di Gesù e spiega tutto il suo amore, forza che permette di sollevare, di restituire la speranza, di generare quello che ancora non c'è, di ritrovare quello che è perduto e che, senza, si perde definitivamente. E' davvero decisiva la misericordia! Vorrei che da questo giubileo cresca in noi l'umana e fortissima convinzione che solo la misericordia può rispondere alla sofferenza di tante vedove che hanno perso tutto e che la chiesa sia, attraverso ognuno di noi, madre che ridona la vita, che la difende dall'inizio alla fine. Solo se doniamo misericordia, per primi, senza calcolo, per sola compassione, sappiamo riconoscere e gustare quanta ne abbiamo ricevuta dall'immensa grazia di Dio. Può apparire poco di fronte alla complessità del mondo e delle sue domande. Eppure in queste lacrime asciugate si rivela tutto il Vangelo di Cristo e il senso di essere discepoli suoi che compiono oggi i prodigi della prima generazione perché forti dello stesso Spirito di amore.
Vorrei concludere con le parole di Papa Francesco al termine degli esercizi spirituali sulla misericordia, introducendo la preghiera'Anima Christi. "E' una bella preghiera per chiedere misericordia al Signore venuto nella carne, che ci usa misericordia con i suoi stessi Corpo e Anima. Gli chiediamo che ci usi misericordia insieme con il suo popolo: alla sua anima chiediamo "santificaci"; il suo corpo supplichiamo "salvaci"; il suo sangue imploriamo "inebriaci", toglici ogni altra sete che non sia di Te; all'acqua del suo costato chiediamo "lavaci"; la sua passione imploriamo "confortaci"; consola il tuo popolo; Signore crocifisso, nelle tue piaghe, Ti supplichiamo, "nascondici"… Non permettere che il tuo popolo, Signore, si separi da Te. Che niente e nessuno ci separi dalla tua misericordia, la quale ci difende dalle insidie del nemico maligno. Così potremo cantare le misericordie del Signore insieme a tutti i tuoi santi quando ci comanderai di venire a Te. "Anima di Cristo, santificami. Corpo di Cristo, salvami. Sangue di Cristo, inebriami. Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, confortami. O buon Gesù, esaudiscimi. Dentro le tue ferite nascondimi. Non permettere che io mi separi da te. Dal nemico maligno difendimi. Nell'ora della mia morte chiamami. Comandami di venire a te, perché con i tuoi Santi io ti lodi nei secoli dei secoli. Amen
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