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venerdì 24 ottobre 2014

Le levatrici d’Egitto/4 - Dove comincia la vera libertà


Le levatrici d’Egitto/4
Riflessione sul libro dell'Esodo




Dove comincia la vera libertà
di Luigino Bruni



" Gli imperi hanno sempre cercato di usare il lavoro per far spegnere nelle anime dei lavoratori i sogni di libertà, di gratuità, di festa. Proprio per il suo essere il principale amico dell’uomo, il lavoro si presta ad essere manipolato e usato contro i lavoratori, diventa facilmente ‘fuoco amico’. Poter lavorare è stata ed è una via di liberazione per tanti, e il non poter lavorare continua ad essere una delle principali illibertà e violenze di massa del nostro tempo. Ma accanto al lavoro che libera e nobilita, c’è sempre stato, e continua ad esserci, un lavoro usato dai faraoni come mezzo di oppressione dei poveri.
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Tutte le volte che un imprenditore fa pre-firmare ad una donna il foglio di dimissioni ‘volontarie’ da presentare in caso di maternità, o quando questo capitalismo ci nega il riposo domenicale e il tempo per la festa, torniamo alla logica di quell’antico faraone e di tutti gli imperi. Quando l’impresa ci chiede di lavorare a tutte le ore e tutti i giorni per raggiungere gli obiettivi, o quando ci impone le sue feste aziendali e ci nega le feste di tutti, queste imprese diventano molto simili alla fabbrica di mattoni dell’Egitto; e noi torniamo ad assomigliare troppo a quegli antichi schiavi, anche se abbiamo firmato liberamente un contratto e siamo ben pagati.

In tutti gli imperi si muore per mancanza di lavoro, ma si muore anche per il troppo e cattivo lavoro, perché il lavoratore-persona si spegne quando diventa solo lavoratore. Il lavoro senza non-lavoro è il lavoro forzato dello schiavo, perché è la libertà di porre un limite al lavoro che genera quello scarto antropologico tra noi e il mondo delle cose, tra Marco e l’ingegner Bianchi, uno scarto essenziale per dare dignità alle cose che produciamo e salvare l’eccedenza spirituale della nostra vita e di quella degli altri. È bene non dimenticarlo proprio in questa stagione di grave crisi del lavoro. Oggi rimpareremo a lavorare e a creare lavoro se saremo capaci di chiedere agli attuali faraoni del tempo per la gratuità e per la festa, parole che essi non amano perché troppo sovversive e inutili alla produzione dei loro mattoni.

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