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mercoledì 1 ottobre 2014

Il paradosso di Santa Teresa del Bambin Gesù monaca di clausura, morta giovanissima, dottore della Chiesa e patrona delle missioni

Religiosa, mistica, drammaturga, dottore della Chiesa insieme a Caterina da Siena e Teresa d’Avila, patrona di Francia insieme a Giovanna d’Arco, protettrice dei malati di AIDS, di tubercolosi e di altre malattie infettive, persino patrona delle missioni, lei che scelse la clausura e morì giovanissima di tubercolosi. La vicenda umana e spirituale di santa Teresa di Lisieux, più nota come santa Teresa del Bambin Gesù, è una delle più paradossali della storia della Chiesa che la festeggia il 1° ottobre. 
Morta quasi sconosciuta a 25 anni, nel monastero di Lisieux è venerata a livello mondiale. La Basilica di Lisieux, edificata in suo onore, è il secondo luogo di pellegrinaggio di Francia solo dopo Lourdes. Pio XI, che la canonizza nel 1925, la considerava la “stella del suo pontificato”. Giovanni Paolo II nel 1997 l’ha proclamata Dottore della Chiesa in occasione del centenario della sua morte. 
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La novità della sua spiritualità, chiamata anche teologia della "piccola via", consiste nel ricercare la santità, non nelle grandi azioni, ma negli atti quotidiani anche i più insignificanti, a condizione di compierli per amore di Dio.
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«Sono sempre affascinato da quella "piccola peste", un vulcano di energia, di fede, di amore per la Chiesa». Mette da parte per un po' i dossier su cui sta lavorando, abbozza un sorriso e si lascia portare via dai ricordi padre Giulio Albanese, 55 anni, missionario comboniano, giornalista e scrittore. «Ebbi modo di conoscere a fondo e apprezzare Teresa di Lisieux durante il noviziato, in Lombardia, a Venegono Superiore, nei primi anni Ottanta. Poi la ripensai e la rilessi in Africa, in Uganda, in Kenya e negli altri Paesi dove operai».
«Patrona delle missioni, la festa il primo giorno di ottobre, mese missionario: apparentemente un incomprensibile paradosso per una che non mise mai piede fuori dal suo monastero. E invece a ben pensarci, no», ragiona padre Albanese. «L'anima della missione è la contemplazione, ci ricodava ancora qualche anno fa don Tonino Bello. Vero, verissimo. Il missionario non è un navigatore solitario. Non è uno che si muove per capriccio. E' uno "mandato", deve avere alle spalle una comunità orante, deve essere egli stesso uomo di impegno e di profezia, sì, ma anche di silenzio e di preghiera. E proprio di preghiera, di abbandono fiducioso a Dio, di carità ardente santa Teresina del Bambin Gesù è paradigma ed esempio». 
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