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mercoledì 18 giugno 2014

Sgomento nello scoprire l'orrore nell'apparente "normalità"



Nelle notizie di cronaca nera che imperversano in questi giorni, apprendiamo di uomini sposati con figli che uccidono, senza fermarsi neanche davanti ai bambini. Inutile soffermarsi su particolari truculenti che alimentano solo curiosità morbose o elucubrare su persone e vicende che in realtà non conosciamo.
Vale la pena, però, di fare una riflessione generale su alcuni elementi d'insieme. Noi tendiamo a giudicare le persone in base alla loro nazionalità, al loro orientamento sessuale, alla loro appartenenza etnica o religiosa. Infatti, davanti a delitti del genere si tende subito a pensare allo straniero. Questi casi smentiscono operazioni mentali del genere. Parliamo di uomini italiani, che hanno costituito le cosiddette "famiglie naturali fondate sul matrimonio e la procreazione".
L'ipocrisia della mentalità corrente guarda l'esteriorità delle persone, mentre la sapienza biblica invita a guardare il cuore:
"Figlio dell'uomo, questi uomini hanno posto i loro idoli nel proprio cuore e approfittano di ogni occasione per peccare" (Ezechiele 14,3).
Che cosa sono questi idoli nel cuore? ...
Leggi tutto: Quando i maschi uccidono di Christian Albini

L’hanno preso. E sbattuto immediatamente in prima pagina. Si sa, è il destino dei “mostri” a loro volta travolti dalla macchina mostruosa dei media. Parliamo del presunto assassino di Yara Gambirasio. Un uomo, che per quanto possa essere ritenuto colpevole di un delitto atroce, mostruoso, forse, ha diritto di essere trattato con la dignità e il rispetto che si deve a ogni persona. Magari non se lo merita - si può pensare -, ma ne ha diritto...
La vicenda di Yara, peraltro, ha insegnato a tutti - grazie anche alla testimonianza straordinaria di una famiglia e di un paese intero - proprio che la ricerca di giustizia non si confonde con la vendetta. Che il dolore straziante non acceca l’umanità, non fa dimenticare il vincolo che lega la comunità, non porta necessariamente all’homo homini lupus. E allora non può bastare l’ansia dello scoop per dimenticarsi di questo. La frenesia di arrivare primi sulla notizia, con tutto e di più, non può far dimenticare che ci sono persone, famiglie, bambini, travolti da una nuova tragedia e da un nuovo dolore. Immenso...

«Questa è una famiglia felice, il mostro non può vivere qui». Sulle prime il sindaco di Motta Visconti, Primo De Giuli, ha tentato di esorcizzare così l’orrore di un triplice, inspiegabile omicidio. Man mano che il tempo passava, però, la “speranza” che gli autori della mattanza fossero stati dei rapinatori balordi, magari arrivati da fuori, si è andata affievolendosi inesorabilmente. Nella tragedia, sarebbe stato quasi un mezzo sollievo. È vero, Carlo Lissi e Maria Cristina Omes erano una coppia felice. Una famiglia con due figli: Gabriele, 5 anni e Giulia, 20 mesi...
Tutte le famiglie felici si somigliano fra loro, scriveva Tolstoj. Perché felicità, a volte, fa rima con normalità. Ed è nella più pura, disarmante normalità che è maturato questo delitto. A cominciare dalle ultime parole farfugliate da Maria Cristina: «Carlo, Carlo perché mi fai questo?»...