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sabato 28 giugno 2014

Iraq, la grande fuga - Il grido del vescovo: «Salvateci»

Iraq, la grande fuga
dall'avanzata jihadista

​Gli sguardi dei bambini dicono tutto. L'emozione, la curiosità, la fiducia. Qualche volta anche la paura. 
Con un panino in mano sul retro di un pullman o agitando il biberon da dietro un finestrino. 
 
Ma anche a fianco dell'auto carica, dove un piccolo riposa tranquillo per terra, su un telo. 
Ad aspettarli c'è una vita da profughi nei villaggi del Kurdistan iracheno non (ancora?) minacciato dagli jihadisti. Loro non lo sanno, e (quasi sempre) sorridono. Mentre le madri e i padri attendono pazienti di superare i controlli dei militari curdi. 


 

Qualcuno a Erbil già prepara un gigantesco cous-cous, in una moschea improvvisata a centro di accoglienza. 
E ad Ainkawa, il sobborgo cristiano, si preparano distese di indumenti. Avranno bisogno di tutto, le famiglie dell'esodo, quando arriveranno. (A.M.Brogi - Avvenire)

Qaraqosh è quasi una città fantasma. Più del 90% degli oltre 40mila abitanti, quasi tutti cristiani appartenenti alla Chiesa siro-cattolica, sono fuggiti negli ultimi due giorni davanti all'offensiva degli insorti sunniti guidati dai jihadisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (Isis), che sottopongono l'area urbana al lancio di missili e granate.
Tra i pochi rimasti in città ci sono l'arcivescovo di Mosul dei Siri, Yohanna Petros Moshe, alcuni sacerdoti e alcuni giovani della sua Chiesa, che hanno deciso di non fuggire. Nel centro abitato, nelle ultime due giornate, sono arrivate armi e nuovi contingenti a rafforzare le milizie curde dei peshmerga che oppongono resistenza all'avanzata degli insorti sunniti. L'impressione è che si stia preparando il terreno per lo scontro frontale.
Nella giornata di giovedì, l'arcivescovo Moshe ha tentato una mediazione tra le forze contrapposte con l'intento di preservare la città dalla distruzione. Per il momento, il tentativo non ha avuto esito. Gli insorti sunniti chiedono alle milizie curde di ritirarsi. I peshmerga curdi non hanno alcuna intenzione di consentire agli insorti di avvicinarsi ai confini del Kurdistan iracheno.
In questa situazione drammatica, l'arcivescovo Moshe attraverso l'Agenzia Fides vuole lanciare un pressante appello umanitario a tutta la comunità internazionale: “Davanti al dramma vissuto dal nostro popolo” dice a Fides l'arcivescovo, “mi rivolgo alle coscienze dei leader politici di tutto il mondo, agli organismi internazionali e a tutti gli uomini di buona volontà: occorre intervenire subito per porre un argine al precipitare della situazione, operando non solo sul piano del soccorso umanitario, ma anche su quello politico e diplomatico. Ogni ora, ogni giorno perduto, rischia di rendere tutto irrecuperabile. Non si possono lasciar passare giorni e settimane intere nella passività. L'immobilismo diventa complicità con il crimine e la sopraffazione. Il mondo non può chiudere gli occhi davanti al dramma di un popolo intero fuggito dalle proprie case in poche ore, portando con sé solo i vestiti che aveva addosso”...

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