Enzo Bianchi
La profezia della pace
La Repubblica - 18/03/2024
Si narra nel libro del profeta Geremia che durante l’invasione di Israele da parte dell’Impero orientale dei Babilonesi ci fu una resistenza, si tentò per molti mesi una difesa con un numero di morti che poteva essere definito una strage e avvenne anche la terribile deportazione di uomini sani e giovani in esilio a Babilonia. Il profeta Geremia è testimone di tutti quegli eventi e predispone le condizioni per un armistizio con l’invasore, polemizzando con quelli che chiedevano in soccorso l’intervento della potenza occidentale dell’Egitto. A un certo punto il profeta Geremia predice con tutta la sua veemenza la pace e chiede di desistere dalla guerra contro i babilonesi e di non confidare nell’impero dell’occidente. Ma ecco l’accusa: “Tu passi dalla parte dei babilonesi. Tu stai con Nabucodonosor contro il popolo di Israele”. E per questo viene incarcerato, buttato in una cisterna, dileggiato e perseguitato. Si trattava di scegliere il male minore: o un atto che poteva sembrare di resa, ma in realtà era di realismo e di coraggio, o andare verso la shoah, la catastrofe, ciò che avvenne nel 587, dopo tre anni di guerra e di resistenza.
La forza profetica sta proprio in questa parresia, nel dire la verità e non lasciarsi piegare da logiche mondane che sembrano essere sacre ma che portano il peso di una catena di morti senza fine. Il Papa nei giorni scorsi ha usato le parole “resa attiva”, “negoziato”, “bandiera bianca”, “cessazione delle ostilità”; queste gli sono costate l’accusa di posizionarsi a favore della Russia e di abbandonare l’Ucraina, ma non è così. Soprattutto per l’amore che il Papa nutre per l’Ucraina, dove ci sono sei milioni di cattolici suoi figli.
È vero che alcuni in Ucraina non hanno capito la posizione del Papa, ma posso assicurare, avendo notizie dirette e autorevoli, che per molti ortodossi ucraini e anche cattolici, stanchi di questa guerra che ha mutilato le loro famiglie e ha distrutto le loro case, salvare la vita è ora più importante di tante ragioni politiche.
Purtroppo le parole del Papa sono state immediatamente circondate da voci che vorrebbero spegnerne la profezia e riportarle nell’alveo del linguaggio diplomatico. Del resto tutta la storia della chiesa testimonia che dove si leva la voce chiara e limpida del Vangelo crescono le voci di quelli che fanno solo rumore senza mai creare nulla. Tutti ormai lo vedono: la scelta è tra la dissoluzione e il dissanguamento dell’Ucraina, o una guerra in cui la NATO, secondo la proposta di Macron, si fa parte attiva con la prospettiva della guerra nucleare.
D’altronde, per chi è attento al magistero di Papa Francesco, questa posizione profetica sulla guerra non è una novità: per il Papa anche le proposizioni del Catechismo della chiesa cattolica vanno riviste per la crescita della coscienza evangelica avvenuta nella chiesa di questi ultimi anni. Per Francesco non è più giustificabile moralmente il ricorso alle armi in qualsiasi forma e davanti a un conflitto la reazione evangelica per un credente resta la non violenza attiva, efficace, che interrompe la spirale della violenza e impedisce le sofisticate logiche legalistiche della risposta proporzionale, come se questa fosse possibile misurarla e in modo distributivo. Il Papa non predica e non crede più nella possibilità di una guerra giusta semplicemente perché il Vangelo glielo vieta. E Francesco crede e obbedisce al Vangelo.
Ma in questo Papa Francesco non può essere isolato e mi chiedo cosa stiano facendo i cattolici oltre ai cortei e alle manifestazioni domenicali per la pace. In che modo si adoperano per una prassi di non violenza attiva e un cammino di riconciliazione e di pace di fronte ai conflitti e alle aggressioni?
Il Papa da solo non può fare tutto ciò che spetta ai cristiani.
(fonte: blog dell'autore)