L’appello dell’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Sviatoslav Shevchuk
«Non dimenticateci!
La solidarietà salva la vita»
«Chiediamo al Signore la pace per la nostra gente, chiediamo che questa guerra finisca il prima possibile, chiediamo al Signore che ci protegga dalla sofferenza, dalla morte. Ma è importante essere consapevoli che il Signore è più pronto a dare che noi a chiedere. Questo ci dà la speranza»: a colloquio con i media vaticani, l’arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Sviatoslav Shevchuk, descrive così l’anelito alla pace che alberga nel cuore del popolo ucraino. Un anelito accompagnato dalla preghiera quotidiana, così come quotidiano è, dopo due anni, il suono delle sirene e delle esplosioni che devastano il Paese.
La guerra porta morte, sofferenza, provoca odio e crea gravi problemi sociali. In che modo la Chiesa cerca di contrastare tutto questo?
In questi due anni, la nostra Chiesa ha sviluppato una “pastorale del lutto” perché dobbiamo accompagnare la gente che piange, che soffre, che vive nel lutto per la perdita dei familiari, della casa, del suo mondo. È una sfida, perché è molto facile essere pastori di gente felice. Ma nei contesti di guerra abbiamo a che fare con una situazione di profondo dolore e spesso ci sentiamo impotenti. Cosa possiamo fare? Talvolta si dà la precedenza all’essere presenti, piuttosto che al fare qualcosa: essere presenti accanto alle persone che piangono cercando di far vedere che il Signore è con noi. Trovare le parole appropriate per una madre che è in lutto per la morte di suo figlio, o per avvicinarsi a un giovane che ha perso le gambe o a un bambino che ha visto la morte di sua madre. Questa “pastorale del lutto” è una sfida, ma è anche una pastorale della speranza, perché la fede cristiana ci chiama a portare la speranza della risurrezione in mezzo al lutto.
Quindi il popolo ucraino continua a sperare, nonostante tutto?
Noi siamo feriti, ma non disperati. Il popolo che crede nella vita eterna, che crede nel Cristo risorto, trova la speranza. E la speranza non è un vano sentimento, un fidarsi ciecamente di ciò che non sai. No, il senso della speranza cristiana è la vita del Risorto: noi sicuramente risorgeremo. Quindi, la speranza cristiana ci apre nuove prospettive. In Ucraina spesso possiamo sentire la frase Contra spem spero (Spero contro ogni speranza) che è diventata anche il titolo di una poesia della famosa poetessa ucraina Lesja Ukraïnka (1871-1913): noi speriamo cristianamente contro una disperazione semplicemente umana.
Il Sinodo dei vescovi greco-cattolici in Ucraina, che si è riunito all’inizio di febbraio, aveva come tema principale la pastorale della famiglia. Quali sono le sfide principali in questo ambito e cosa cercate di fare come Chiesa?
Abbiamo quattro nuove sfide per la pastorale della famiglia: innanzitutto, abbiamo famiglie che hanno perso un parente, per esempio una giovane moglie che ha perso il marito e non sa spiegare ai suoi bambini quando tornerà il loro padre. L’altra tragedia è quella delle famiglie dei feriti di guerra: oggi in Ucraina abbiamo 200.000 persone gravemente ferite. E la famiglia porta tutto il peso della loro assistenza sociale e medica. Poi abbiamo le famiglie dei dispersi al fronte che, ufficialmente, sono 35.000. Voi non immaginate l’inferno che vivono la madre e il padre che ha non hanno notizie del figlio o la moglie che vive senza notizie del marito! Poi abbiamo le famiglie dei prigionieri di guerra ed accompagnarle è una sfida molto difficile: in ogni parrocchia che visito, mi presentano liste senza fine di prigionieri di guerra. Raccolgo continuamente questi nomi e li trasmetto al Santo Padre. Sono profondamente grato al Santo Padre per il suo impegno nella liberazione dei prigionieri di guerra. Preghiamo perché un giorno possano essere liberati e tornare a casa. Un’altra dimensione è quella dei bambini: secondo le statistiche dello Stato, nel 2023 in Ucraina sono nati 210.000 bambini. Per l’anno 2024 si prevedono soltanto 180.000 nascite, un terzo di ciò che normalmente accadeva in Ucraina. Ufficialmente il governo ucraino afferma che 527 bambini sono stati uccisi e 1.224 feriti. Un grande crimine contro la dignità dei minori sono anche le deportazioni da parte del governo russo dei bambini ucraini dalle zone occupate in Russia. Ho incontrato alcuni bambini che erano stati deportati dai russi e poi attraverso vari meccanismi internazionali, compresa la missione del cardinale Matteo Zuppi, erano riportati alle loro famiglie. Questi bambini hanno bisogno di cure specifiche, di un accompagnamento pastorale molto particolare, perché alla loro piccola età hanno sperimentato tutta la crudeltà umana possibile.
Qual è il suo messaggio ai cattolici di tutto il mondo a due anni dall'inizio dell’invasione su larga scala?
Facciamo di tutto per far finire questa guerra insensata! Perché la guerra sempre porta con sé la morte, la tragedia, la distruzione della persona umana e dell’intera società. La guerra in Ucraina non è la “guerra ucraina”, cioè non è semplicemente un fenomeno che si può chiudere dentro i confini del nostro Paese che soffre, ma è una realtà che sta invadendo il mondo. Perciò chiediamo solidarietà: la solidarietà veramente salva la vita e ci può aiutare a trovare le soluzioni che forse oggi ancora non abbiamo individuato. Non dimenticate l’Ucraina, non ci abbandonate nel nostro lutto e nel nostro dolore.
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Svitlana Dukhovych 22/02/2024)