Enzo Bianchi
La Chiesa e i tanti modi di vivere la fede
La Repubblica - 05 Febbraio 2024
Nella bimillenaria storia del cristianesimo i modi di vivere la fede, di pensarla e di trasmetterla sono stati molti e diversi, simultaneamente diversi nelle chiese sparse su aree culturali diverse, e la diversità si è soprattutto attestata nello svolgimento della storia. Appare a tutti evidente che fin dall’inizio vi erano diversi cristianesimi, non uno solo, e che la fede che vivevano i padri della chiesa greco-bizantina era diversa dalla fede della chiesa latina nelle sue espressioni. Anche durante il primo millennio, quando regnava un’unità precaria e sovente contestata tra oriente e occidente, le due chiese si mostravano profondamente diverse pur mantenendo la stessa confessione di fede nel Dio unico e nella Triunità divina rivelata da Gesù Cristo.
È vero che la chiesa cattolica romana ha conosciuto una certa uniformità garantita soprattutto dal Romano Pontefice, principio e fondamento dell’unità della chiesa, e per questo unica era la liturgia a Roma, come in Congo e in Cina, unica la legge e la morale con le loro precise prescrizioni, unico l’atteggiamento verso il mondo. Ma oggi non è più così e questo “mondo più ideale che reale” è andato in frantumi.
È facile constatarlo osservando i conflitti ormai aperti e pubblici tra episcopati e tra episcopati e Santa Sede, ma soprattutto appare evidente la diversità nel vivere il cristianesimo all’interno della stessa comunità cristiana. Questa differenziazione è recente e soprattutto è enfatizzata dai social che sono uno strumento efficace di determinazione di identità. Le situazioni sono differenti nelle diverse regioni nelle quali la chiesa cattolica è presente; ma nel nostro paese possiamo leggere queste tendenze senza necessariamente chiuderle come in un cassetto. Sovente sono presenti cattolici incerti, oscillanti, e quindi non sarebbe corretto leggere queste tendenze di diversità non permeabili tra loro.
Diciamo la verità: alcuni cattolici sono ancora molto legati alla tradizione, a ciò che hanno vissuto prima del concilio. Su di loro è ancora presente l’eredità post-tridentina dove la fede la si viveva sotto l’egemonia del dogma e il giogo della legge. Per loro il cristianesimo resta un’obbedienza e un’osservanza di leggi e precetti e Dio è innanzitutto un Dio di giustizia che può essere misericordioso solo quando vede il pentimento di chi sbaglia. Prima va affermata la verità, poi l’amore. Si noti bene che se in Italia questa presenza, che significativamente pratica solo la liturgia preconciliare, è minoritaria e coinvolge pochi giovani, in Francia e negli USA è una minoranza che si spinge al 30-40% con l’adesione di molti giovani.
C’è poi, anche se stanca e inerte, una porzione di cattolici delusi dal post-concilio che fanno fatica a credere alla novità di Papa Francesco. Sono quei cattolici impegnati soprattutto nel volontariato, nel segno della carità... Più ex militanti che militanti oggi... Ma frequentano la chiesa, sono presenti alla liturgia e serbano ancora viva l’identità cattolica.
E infine c’è la gente, il popolo di Dio, cristiani di tutti i giorni che non parlano tanto di chiesa o di religione ma sono credenti, operano il bene senza etichette e senza ostentazione, sono padri e madri e figli in famiglie che con fatica vivono e mantengono vivo il sensus fidei, sono la folla che Gesù amava perché lo seguiva sperando solo in lui.
Questi sono la maggioranza del popolo di Dio e sono quelli che amano Papa Francesco e lo sentono come un profeta che rende il Vangelo buona notizia per i poveri, per chi non conta niente.
(fonte: blog dell'autore)