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sabato 24 febbraio 2024

CARMELO RUSSO - “Vi diedi una terra che non avevate lavorato” (Gs 24,13). La terra è dono di Dio, sempre da ridonare. (VIDEO)

MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2024
promossi dalla
FRATERNITÀ CARMELITANA
DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO


I MITI ABITERANNO
LA TERRA (cf. Mt 5,5)
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Terzo mercoledì - 21 febbraio 2024



“Vi diedi una terra 
che non avevate lavorato” (Gs 24,13)
La terra è dono di Dio, 
sempre da ridonare.
Carmelo Russo

(VIDEO)




Il tema della terra è cruciale, non solo nell’ambito strettamente esegetico, ma anche teologico e politico. Il rapporto del popolo con la terra, a ben vedere, non è necessario ed è sempre affrontato nella prospettiva “telescopica”,1 come un già e non ancora, quasi come struggimento. Nel corso di questi eventi storici, il concetto di terra si trasforma geograficamente, politicamente e ideologicamente, ma resta sempre un concetto inavvicinabile, impossibile da mettere a fuoco se non a una certa distanza, attraverso affetti che devono necessariamente restare “presbiti”.


... la vera minaccia del popolo non è la condivisione della terra con altre nazioni, ma la condivisione della loro idolatria. Se è vero che la terra è dono (Gabe), puramente gratuito e incondizionato, conseguenza della promessa divina, il possesso della terra diventa adesso un compito (Aufgabe), senza automatismi e nel rispetto dell’alleanza. La tensione tra queste due dimensioni – dono e compito – è risolta dalla devozione (Hingabe), espressa dal culto in cui l’umano e il divino si incontrano. Il popolo, se vuole dare un significato propriamente teologico alla terra, deve sempre ricordare questo: «Vi diedi una terra che non avevate lavorato, abitate in città che non avete costruito e mangiate i frutti di vigne e oliveti che non avete piantato» (Gs 24,13). Purtroppo, la tentazione dell’uomo è annullare la mediazione, attraverso scorciatoie che disattivano ogni cammino di crescita. In alcune pagine della storia d’Israele la Terra non è più vista come dono, promessa e sfida, ma come fatto e diritto. La risposta di Dio è sempre la stessa: allungare la strada per facilitare l’incontro e generare processi; sottrarre il dono per poter educare il suo popolo a riceverlo ancora. «Se la prima umanità, nella bramosia del “tutto subito”, non ha accettato il limite, Dio ormai lavora a partire dai limiti». Il limite diventa sapienza e opportunità. Ciò è evidente nel peregrinare (nel girovagare!) d’Israele nel deserto: dall’Egitto alla Palestina sarebbero bastati pochi giorni a piedi; invece la marcia dura 40 anni. È in questo “già e non ancora” che matura, in itinere, la sponsalità tra Dio e il suo popolo. Il viaggio verso la terra promessa è, a ben vedere, l’aggiornamento di un rapporto di tensione con il dono: «È solo vivendo questa tensione che realmente si può arrivare a possederlo. In altri termini, la Terra la si contempla, sì: ma da lontano; il “giardino” lo si ammira, sì: ma dal “deserto”; così come anche, paradossalmente, lo si possiede»; perché il popolo impari che più importante del dono è la mano di Chi dona.


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