XVI ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI
MOMENTO DI PREGHIERA PER I MIGRANTI E I RIFUGIATI
Presso la scultura in Piazza San Pietro
Giovedì, 19 ottobre 2023
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Il Papa: il dolore dei migranti grida al cospetto di Dio
che conosce i loro volti
Momento di preghiera in piazza San Pietro, presieduto dal Papa, alla presenza di partecipanti al Sinodo, dedicato a coloro che hanno perso la vita lungo le diverse rotte migratorie, per i loro familiari per quanti sono sopravvissuti e per tutti i profughi e i migranti che sono ancora in cammino. “È necessario moltiplicare gli sforzi per combattere le reti criminali, indicare strade più sicure e impegnarsi ad ampliare i canali migratori regolari”
Si rendano sicure le strade percorse dai migranti, perché non cadano nelle mani delle reti criminali che su di loro speculano, e ci si impegni ad ampliare i canali migratori regolari. È questo che il Papa chiede, parlando con alle spalle Angel Unawares, la scultura che li raffigura quei migranti e rifugiati, quegli “uomini e donne di ogni età e provenienza, in mezzo a loro gli Angeli che li conducono”, che perdono la vita lungo le rotte migratorie, o che sopravvivono senza che vengano loro riconosciuti dignità e diritti. È a tutti loro, così come ai loro familiari e a chi ancora è in cammino, che va il pensiero dei partecipanti alla XVI Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che si ritrovano in Piazza San Pietro per un Momento di preghiera per i migranti e i rifugiati, presieduto dal Papa, la cui riflessione, partendo dalla parabola del buon samaritano, si sofferma sui pericoli delle nuove rotte migratorie “che attraversano deserti, foreste, fiumi e mari”.
Quanti fratelli e sorelle oggi si ritrovano nella medesima condizione del viandante della parabola? Tanti! Quanti vengono derubati, spogliati e percossi lungo la strada? Partono ingannati da trafficanti senza scrupoli. Vengono poi venduti come merce di scambio. Vengono sequestrati, imprigionati, sfruttati e resi schiavi. Vengono umiliati, torturati e violentati. E tanti, tanti muoiono senza arrivare mai alla meta. Le rotte migratorie del nostro tempo sono popolate da uomini e donne feriti e lasciati mezzi morti, da fratelli e sorelle il cui dolore grida al cospetto di Dio. Spesso sono persone che scappano dalla guerra e dal terrorismo, come vediamo purtroppo in questi giorni
Il Papa durante la preghiera per il migranti e i rifugiati
Dalla compassione nasce la fraternità
Oggi come ai tempi del buon samaritano, “c’è chi vede e passa oltre, sicuramente dandosi una buona giustificazione, in realtà per egoismo, indifferenza, paura, questa è la verità”
Invece, cosa dice il Vangelo di quel samaritano? Dice che vide quell’uomo ferito e ne ebbe compassione. Questa è la chiave. E La compassione è l’impronta di Dio nel nostro cuore. Lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza: questo è lo stile di Dio. E la compassione è impronta di Dio nel nostro cuore.
La compassione è la chiave che segna la svolta, il cui frutto è la fraternità.
Come il buon samaritano, siamo chiamati a farci prossimi di tutti i viandanti di oggi, per salvare le loro vite, curare le loro ferite, lenire il loro dolore. Per molti, purtroppo, è troppo tardi e non ci resta che piangere sulle loro tombe, se ne hanno una, o il Mediterraneo è finito per essere la tomba. Ma il Signore conosce il volto di ciascuno, e non lo dimentica.
La Preghiera per i migranti e i rifugiati
Le migrazioni, opportunità per le società
Il buon samaritano, soccorrendo il povero viandante, adempie ai quattro verbi “che riassumono” l’azione con i migranti: accogliere, proteggere, promuovere e integrare, “i migranti vanno accolti, protetti, promossi e integrati”. E così come le migrazioni oggi presentano criticità, possono però rappresentare anche opportunità per società “più inclusive, più belle, più pacifiche”.
Dobbiamo tutti impegnarci a rendere più sicura la strada, affinché i viandanti di oggi non cadano vittime dei briganti. È necessario moltiplicare gli sforzi per combattere le reti criminali, che speculano sui sogni dei migranti. Ma è altrettanto necessario indicare strade più sicure. Per questo, bisogna impegnarsi ad ampliare i canali migratori regolari.
Le politiche demografiche ed economiche devono dialogare con quelle migratorie, mettendo sempre al centro i più vulnerabili. Va poi promosso “un approccio comune e corresponsabile al governo dei flussi migratori, che sembrano destinati ad aumentare nei prossimi anni”. Il Papa conclude chiedendo di essere prossimi a migranti e rifugiati che bussano alle porte e invitando ad un minuto di silenzio per ricordare chi ha perso la vita lungo le diverse rotte migratorie.
(fonte: Vatican News, articolo di Francesca Sabatinelli 19/10/2023)
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Leggi il testo integrale
RIFLESSIONE DEL SANTO PADRE
Non saremo mai abbastanza grati a San Luca per averci trasmesso questa parabola del Signore (cfr Lc 10,25-37). Essa è anche al centro dell’Enciclica Fratelli tutti, perché è una chiave, direi la chiave per passare dalla chiusura di un mondo a un mondo aperto, da un mondo in guerra alla pace di un altro mondo. Stasera l’abbiamo ascoltata pensando ai migranti, che vediamo rappresentati in questa grande scultura: uomini e donne di ogni età e provenienza; e in mezzo a loro gli angeli, che li conducono.
La strada che da Gerusalemme portava a Gerico non era un cammino sicuro, come oggi non lo sono le numerose rotte migratorie che attraversano deserti, foreste, fiumi, mari. Quanti fratelli e sorelle oggi si ritrovano nella medesima condizione del viandante della parabola? Tanti! Quanti vengono derubati, spogliati e percossi lungo la strada? Partono ingannati da trafficanti senza scrupoli. Vengono poi venduti come merce di scambio. Vengono sequestrati, imprigionati, sfruttati e resi schiavi. Vengono umiliati, torturati, violentati. E tanti, tanti muoiono senza arrivare mai alla meta. Le rotte migratorie del nostro tempo sono popolate da uomini e donne feriti e lasciati mezzi morti, da fratelli e sorelle il cui dolore grida al cospetto di Dio. Spesso sono persone che scappano dalla guerra e dal terrorismo, come vediamo purtroppo in questi giorni.
Anche oggi, come allora, c’è chi vede e passa oltre, sicuramente dandosi una buona giustificazione, in realtà per egoismo, indifferenza, paura. Questa è la verità. Invece, cosa dice il Vangelo di quel samaritano? Dice che vide quell’uomo ferito e ne ebbe compassione (v. 33). Questa è la chiave. La compassione è l’impronta di Dio nel nostro cuore. Lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza: questo è lo stile di Dio. E la compassione è impronta di Dio nel nostro cuore. Questa è la chiave. Qui c’è la svolta. Infatti da quel momento la vita di quel ferito comincia a risollevarsi, grazie a quell’estraneo che si è comportato da fratello. E così il frutto non è solo una buona azione di assistenza, il frutto è la fraternità.
Come il buon samaritano, siamo chiamati a farci prossimi di tutti i viandanti di oggi, per salvare le loro vite, curare le loro ferite, lenire il loro dolore. Per molti, purtroppo, è troppo tardi e non ci resta che piangere sulle loro tombe, se ne hanno una, o il Mediterraneo è finito per essere la tomba. Ma il Signore conosce il volto di ciascuno, e non lo dimentica.
Il buon samaritano non si limita a soccorrere il povero viandante sulla strada. Lo carica sul suo giumento, lo porta a una locanda e si prende cura di lui. Qui possiamo trovare il senso dei quattro verbi che riassumono la nostra azione con i migranti: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. I migranti vanno accolti, protetti, promossi e integrati. Si tratta di una responsabilità a lungo termine, infatti il buon samaritano si impegna sia all’andata sia al ritorno. Per questo è importante prepararci adeguatamente alle sfide delle migrazioni odierne, comprendendone sì le criticità, ma anche le opportunità che esse offrono, in vista della crescita di società più inclusive, più belle, più pacifiche.
Mi permetto di evidenziare l’urgenza di un’altra azione, che non è contemplata dalla parabola. Dobbiamo tutti impegnarci a rendere più sicura la strada, affinché i viandanti di oggi non cadano vittime dei briganti. È necessario moltiplicare gli sforzi per combattere le reti criminali, che speculano sui sogni dei migranti. Ma è altrettanto necessario indicare strade più sicure. Per questo, bisogna impegnarsi ad ampliare i canali migratori regolari. Nello scenario mondiale attuale è evidente come sia necessario mettere in dialogo le politiche demografiche ed economiche con quelle migratorie a beneficio di tutte le persone coinvolte, senza mai dimenticarci di mettere al centro i più vulnerabili. È anche necessario promuovere un approccio comune e corresponsabile al governo dei flussi migratori, che sembrano destinati ad aumentare nei prossimi anni.
Accogliere, proteggere, promuovere e integrare: questo è il lavoro che noi dobbiamo fare.
Chiediamo al Signore la grazia di farci prossimi a tutti i migranti e i rifugiati che bussano alla nostra porta, perché oggi «chiunque non è brigante e chiunque non passa a distanza, o è ferito o sta portando sulle sue spalle qualche ferito» (Fratelli tutti, 70).
E adesso faremo un breve momento di silenzio, ricordando tutti coloro che non ce l’hanno fatta, che hanno perso la vita lungo le diverse rotte migratorie, e coloro che sono stati usati, schiavizzati.