"Un cuore che ascolta - lev shomea"
"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Questa parabola è uno sviluppo di quella di Domenica scorsa (Mt 21,33-43) ed ha la funzione di rammentare che quanto è stato compiuto da Israele, può essere fatto anche dalla comunità di Gesù. La storia della salvezza non è solo una finestra sul passato, ma è soprattutto uno specchio che riflette ciò che ora accade in chi sta leggendo. La parabola è un forte e deciso richiamo alla responsabilità: «Fare parte del popolo di Dio non era, non è e non sarà mai un talismano di salvezza» (cit). Non è sufficiente dire: «Abbiamo Abramo per padre» o gridare: «Signore! Signore!» per essere salvati. Bisogna, invece, riconoscersi peccatori omicidi come i nostri padri, prendere coscienza di essere fichi sterili coperti solo di belle foglie, ma incapaci di portare frutto. Avere risposto alla chiamata non ci garantisce automaticamente la salvezza; veniamo salvati solo se scegliamo di rispondere alla chiamata non solo a parole, ma «con i fatti e nella fedeltà». La veste nuziale è quella di coloro che, sapendosi infinitamente perdonati, a loro volta sempre perdonano; la veste di quanti scoprono di essere amati e per questo amano i fratelli e l'Altro con lo stesso identico amore; la veste del Figlio che è Amato perché obbediente al progetto del Padre, fino alla morte, per amore. E' il vestito di nozze che riceviamo sotto la croce (Mt 27,35), l'abito che riveste del Figlio la nostra nudità e ci fa degni di partecipare, senza vergogna, al banchetto eterno.
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Vangelo: