DOV'È DIO NELL'INFERNO DI GAZA?
Dov’è Dio nell’inferno di Gaza, ormai sempre più inabitabile? Dov’è Dio tra i parenti che piangono i loro cari, uccisi o rapiti nella brutalità di stragi disumane da parte di Hamas? Dov’è e, se c’è, perché non si fa vedere? Molti, anche tra i credenti, si fanno domande simili in queste ore di sgomento e grande dolore. Nel giorno in cui il Papa e le Conferenze Episcopali europee, su invito del Patriarcato di Gerusalemme, chiedono preghiera e digiuno per la tragica situazione in Medio Oriente, proviamo ad affrontare l’argomento – per quanto smisurato sia – con monsignor Marco Prastaro, vescovo di Asti, del quale le Edizioni San Paolo hanno appena pubblicato il libro “Dio, dove sei finito?”. Il volume, in realtà, parla d’altro: è una riflessione sul ruolo della Chiesa in un Occidente sempre meno cristiano. Eppure, in questo momento, è impossibile non prendere in prestito un titolo tanto forte ed evocativo.
Monsignor Prastaro, tutti abbiamo negli occhi le immagini tremende che arrivano dalla Palestina. Dov’è finito Dio?
«Dio continua a essere in mezzo agli uomini. Dio non smette di stare tra noi, di volerci bene, di stimolare le nostre coscienze. La vera questione, semmai, è un’altra e ha a che vedere con la libertà degli uomini, di fronte alla quale in qualche modo Dio si ferma. Qui si va a toccare un grande mistero, che accompagna da sempre l’umanità. Ma se Dio non avesse smisuratamente a cuore la libertà umana, sarebbe un burattinaio e non un Padre. Dio c’è sempre. E in ogni istante ci cammina accanto. Il problema è che non lo ascoltiamo».
Da un lato la ferocia di Hamas, davanti alla quale non si può che restare ammutoliti, dall’altro la risposta israeliana, che tende ad annientare e colpire in modo indiscriminato. E, da entrambe le parti, tantissime vittime civili. Esiste una possibilità di giustizia che non si trasformi in vendetta?
«Una vera giustizia è possibile solo nell’ascolto e nel dialogo reciproco. Bisogna interrogarsi anche sul perché le parti in conflitto siano arrivate a questi atteggiamenti e a questi pensieri. La giustizia esiste solo quando, insieme, si cerca una verità più ampia. Ed è sempre un processo lungo. Ha bisogno di complessità, di mettere insieme tanti aspetti. Il conflitto che vediamo in questi giorni in Israele ci dimostra quanto tale percorso sia arduo e delicato: non si può comprendere la situazione attuale senza risalire alle radici storiche».
Com’è possibile che la culla delle tre grandi religioni monoteiste – tutte riconducibili al Dio della pace e della misericordia – sembri così irrimediabilmente destinata a non trovare pace?
«La componente geografica rende ancora più stridente il paradosso di questa follia. Lì si tocca con mano il male nel mondo, la capacità che ha l’uomo di distorcere il volere di Dio o perfino di usare Dio come pretesto per la propria violenza e la propria sete di vendetta».
Veniamo al libro. “Dio, dove sei finito?” è un titolo forte, quasi una provocazione. Come mai lo ha scelto?
«Sono partito dalla mia esperienza di sacerdote Fidei Donum in Kenya e poi direttore dell’Ufficio Missionario. Mi sono chiesto se le Chiese giovani che ho incontrato, e che spesso sono delle minoranze, avessero qualcosa da dire a noi, in un mondo che ormai non è più cristiano».
Intende dire che il cristianesimo sta scomparendo?
«Tutt’altro. Penso invece che per la Chiesa e per il cristianesimo ci sia futuro. Sicuramente cambieranno le modalità, ma non cambierà il centro. Anzi, forse dovremmo tornare a essere più radicali nella preghiera, nello stare insieme, nella condivisione».
Per ricollegarci al punto di partenza, lei alla domanda “Dio, dove sei finito?” come risponderebbe?
«Risponderei che Dio è dove è sempre stato: tra gli uomini, in mezzo alla nostra vita. E rispetta le nostre scelte, anche quelle non giuste».
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Lorenzo Montanaro 17/10/2023)