Enzo Bianchi
Perché Francesco rinnova il sinodo
La Repubblica - 16 Ottobre 2023
Durante il processo sinodale in corso a Roma, che per la prima volta nella storia della chiesa coinvolge tutte le componenti del popolo di Dio, molte sono le tensioni, le contrapposizioni e i conflitti che emergono. Non può essere che così, come dimostrano tutti i sinodi che si sono svolti o celebrati, dal primo testimoniato dagli Atti degli apostoli a Gerusalemme. Anzi, potremmo affermare che la necessità di celebrare un sinodo si impone proprio quando è minacciata l’unità e la comunione nella chiesa o tra le chiese.
Nel percorso attuale sono emersi sempre più come temi di confronto e di scontro i possibili mutamenti riguardanti lo svolgimento dei ministeri e l’esercizio dell’autorità, tra i quali la concessione del diaconato alle donne e la loro ammissione all’ordine presbiterale; o temi riguardanti l’etica morale che nel contesto di un’antropologia rinnovata necessita di una nuova comprensione e di nuove letture di situazioni umane realissime come i legami tra persone dello stesso sesso, le loro storie d’amore, il riconoscimento del genere, eccetera.
Su questi temi già si sta dibattendo nella chiesa e qua e là anche fuori dei suoi confini, ma si dimentica sovente che questo è un sinodo voluto da Papa Francesco sulla “sinodalità” per esplorare, acquisire e arrivare a praticare nella vita ecclesiale quotidiana questo stile del “camminare insieme”, per poter costruire la koinonía secondo la volontà del Signore. Potremmo dire che finalmente il sinodo si pone la domanda essenziale: sinodo cosa sei? Dopo decenni di ricerca di una maturità di questo istituto, di questo stile, è giunta l’ora di definirlo.
Al sinodo in corso è intervenuto il Metropolita ortodosso Job di Pisidia, del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, affermando con chiarezza che per le chiese ortodosse il sinodo è “una riunione deliberativa di vescovi, non un’assemblea consultiva di clero e laici. Non ci può essere sinodo senza primate e non può esserci primate senza sinodo”. Ma ha anche ammesso che nella storia ci sono state eccezioni e che dei teologi che erano semplici fedeli hanno preso parte ai sinodi insieme ai vescovi.
Ora sappiamo che Papa Francesco, che all’inizio del pontificato diceva che noi cattolici dobbiamo imparare dagli ortodossi, in realtà ha maturato un sinodo diverso introducendo delle novità: innanzitutto ha trasformato un evento in un processo, poi ha ammesso a questo processo non solo i vescovi ma anche altri battezzati uomini e donne appartenenti al popolo di Dio e ha dato a tutti la possibilità di esprimersi per poter ascoltare lo Spirito, fare discernimento, tendere verso l’unità. Ma ecco l’accusa: Francesco ha menomato il sinodo, gli ha tolto la qualità episcopale, lo ha ridotto ad assemblea di chiesa. In verità Francesco lascia intatto il sinodo come organo episcopale, che legifera come insieme di alcuni vescovi radunati attorno a un Primate (il Prótos) e quindi prende decisioni per tutta la chiesa. Non deliberano i laici che hanno partecipato al sinodo e hanno anche votato, ma i vescovi presenti al sinodo e il Primate dopo aver fatto discernimento. Così i laici (tutta la chiesa) sono coinvolti e i vescovi e il Papa conservano la loro exousía, la loro autorità.
Certo questo sinodo avrà una nuova forma inedita, ma la sostanza non muta rispetto al primo sinodo di Gerusalemme, nel quale tutti espressero la loro opinione e gli apostoli e lo Spirito santo decisero. D’altronde è questa la dinamica per prendere una decisione: ascoltare tutti, far parlare tutti, fare discernimento con l’aiuto dello Spirito santo tutti insieme e quindi procedere alle decisioni da parte di alcuni (i vescovi) insieme al Prótos, il papa. Questa prassi è antica quanto la chiesa. I monaci l’hanno sempre praticata con i capitoli, il grande mezzo per instaurare la comunione: tutti sono ascoltati a partire dai più giovani, tutti hanno voce in capitolo, e poi all’abate insieme al consiglio spetta la decisione ultima.
(fonte: blog dell'autore)