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sabato 2 settembre 2023

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN MONGOLIA 31 AGOSTO - 4 SETTEMBRE 2023 - "Diamoci da fare insieme per costruire un futuro di pace." (foto, testo e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN MONGOLIA

31 AGOSTO - 4 SETTEMBRE 2023


Sabato, 2 settembre 2023


ULAANBAATAR

09:00 Cerimonia di benvenuto in piazza Sukhbaatar
09:30 Visita di cortesia al Presidente della Mongolia nel Palazzo di Stato
10:20 Incontro con le Autorità, con la Società Civile e con il Corpo Diplomatico nella sala “Ikh Mongol” del Palazzo di Stato
11:00 Incontro con il Presidente del Grande Hural di Stato
11:10 Incontro con il primo Ministro






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Mongolia, il Papa: passino le nuvole della guerra,
diamoci da fare per un avvenire di pace

Primo discorso pubblico di Francesco a Ulaanbaatar durante l'incontro con autorità e corpo diplomatico nel Palazzo di Stato, preceduto dalla cerimonia di benvenuto ai piedi della statua di Gengis Khan. Il Pontefice, ricordando la pax mongolica, esorta il Paese asiatico ad avere "un ruolo importante" per la stabilità nel mondo, poi loda la sua cura dell'ambiente e la determinazione per la deterrenza nucleare. Infine incita le religioni ad agire contro la corruzione che "impoverisce Paesi interi"

Il Papa e il presidente della Mongolia durante la cerimonia di accoglienza a Ulaanbaataar

“Passino le nuvole oscure della guerra, vengano spazzate via dalla volontà ferma di una fraternità universale in cui le tensioni siano risolte sulla base dell’incontro e del dialogo, e a tutti vengano garantiti i diritti fondamentali!”

Papa Francesco si presenta come “pellegrino di amicizia” che giunge “in punta di piedi” all’ingresso della Mongolia, “maestosa terra” ricca “di storia di cielo” dalla quale lancia un appello universale: “Diamoci da fare insieme per costruire un avvenire di pace”.
Un ruolo importante per la pace mondiale

Appello che il Papa, nel suo primo discorso pubblico del viaggio - quello alle autorità - accompagna con l’incoraggiamento al Paese, stretto tra Russia e Cina, a rivestire un ruolo cruciale nello scacchiere globale: per la cura dell’ambiente, per la deterrenza nucleare, per la pace. Soprattutto per la pace, ricreando le condizioni di quella che un tempo fu la pax mongolica, l’assenza di conflitti.

La Mongolia non è solo una nazione democratica che attua una politica estera pacifica, ma si propone di svolgere un ruolo importante per la pace mondiale.

Il Papa e il presidente mongolo nella Gran Ger

Cerimonia di accoglienza

Dopo la giornata di riposo ieri al suo arrivo a Ulaanbaatar, il 43.mo viaggio apostolico entra nel vivo con l’incontro con rappresentanti delle istituzioni e della società civile e il corpo diplomatico. Il primo evento si svolge alle 9 nella Piazza Sükhbaatar di Ulaanbaatar, costruita nel punto dove l’omonimo eroe rivoluzionario dichiarò nel 1921 l’indipendenza dalla Cina. È lì che si svolge la cerimonia di benvenuto, ai piedi della imponente statua del condottiero Chinggis Khaan, a fianco al presidente Ukhnaagiin Khürelsükh e dinanzi a centinaia di militari in piedi in divisa o a cavallo in armatura.

Il raccondo di Massimiliano Menichetti del primo discorso del Papa in Mongolia

Fedeli in piazza

Dietro le transenne, composti e silenziosi, ad eccezione di qualche applauso o coro di “Viva il Papa!”, sono raggruppati gruppi di fedeli venuti dalla Mongolia o in treno, aereo e macchina da Paesi asiatici vicini, inclusa la Cina. C’è don Ambrosio, ad esempio, che accompagna un gruppo di fedeli di Hong Kong; ci sono gruppi con la mascherina che preferiscono non essere ripresi né fotografati; c’è Garamdorj, anziano, buriato che parla solo russo; c’è Cecilia, nome scelto dopo il Battesimo al posto di Uugantsetseg, giovane mongola convertita al cattolicesimo nel 2004. I presenti non sono numerosi ma fortemente partecipativi, e tutti sono a Piazza Sükhbaatar per “mostrare che siamo tutti la stessa Chiesa, che amiamo il Papa, che lui ci ama e ama la Cina”, come riferisce un uomo cinese che preferisce non indicare né il nome né la provenienza.

Assistono alla cerimonia a distanza, guardando al Papa solo in lontananza. Lo incontreranno più da vicino nei prossimi giorni. Francesco prima di giungere in Piazza si reca nel Palazzo di Stato, dove viene accolto dal presidente. Guardia d’Onore, inni, presentazione delle delegazioni, poi gli onori alla statua di Chinggis Khaan. Il Papa, alzatosi dalla sedia a rotelle, rimane in piedi per qualche istante ad ammirare la sontuosa effigie del guerriero, poi si gira e saluta la gente. Nella Gran Ger si svolge invece la visita di cortesia al presidente della Mongolia che si apre con la firma del Libro d’Onore. Nella Sala Ikh Mongol, infine, l’incontro con le autorità.

La cerimonia di accoglienza in Piazza Sükhbaatar

L'amicizia tra Mongolia e Santa Sede

Seduto su uno scranno in legno, Francesco pronuncia un lungo discorso in italiano in cui si dice anzitutto “onorato” e “felice” di aver viaggiato “verso questa terra affascinante e vasta”. Poi ricorda le relazioni diplomatiche tra Mongolia e Santa Sede e il 30° anniversario, quest’anno della firma di una lettera per rafforzare i rapporti bilaterali, come pure le radici storiche dei reciproci rapporti a cominciare dal 1246, con lo scambio di lettere tra Guyug, il terzo imperatore mongolo, e Papa Innocenzo IV. Una copia autenticata il Pontefice la dona oggi al presidente.

Possa essere segno di un’amicizia che cresce e si rinnova.

Il pianeta, giardino ospitale

Lo sguardo si sposta poi agli spazi immensi delle regioni mongole, dal deserto del Gobi alla steppa, dalle grandi praterie alle foreste di conifere fino alle catene montuose degli Altai e dei Khangai, con le innumerevoli anse dei corsi d’acqua: “Visti dall’alto sembrano decorazioni raffinate su antiche stoffe pregiate”.

Tutto questo è uno specchio della grandezza e della bellezza dell’intero pianeta, chiamato a essere un giardino ospitale.

Militari in divisa alla cerimonia di accoglienza

Imparare dagli allevatori e coltivatori mongoli

C’è da imparare, sottolinea il Pontefice, dalla sapienza dalle generazioni di mongoli allevatori e coltivatori, “sempre attenti a non rompere i delicati equilibri dell’ecosistema”. È una sapienza che “ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente e feconda”.

Quello che per noi cristiani è il creato, cioè il frutto di un benevolo disegno di Dio, voi ci aiutate a riconoscere e a promuovere con delicatezza e attenzione, contrastando gli effetti della devastazione umana con una cultura della cura e della previdenza, che si riflette in politiche di ecologia responsabile.

L'impegno contro il nucleare

Il Papa rinnova quindi l’appello ad un “impegno urgente e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra”. Questa tutela riguarda pure le “grandi sfide globali dello sviluppo e della democrazia”. “La Mongolia di oggi, infatti, con la sua ampia rete di relazioni diplomatiche, la sua attiva adesione alle Nazioni Unite, il suo impegno per i diritti umani e per la pace, riveste un ruolo significativo nel cuore del grande continente asiatico e nello scenario internazionale”, rimarca Francesco, menzionando in proposito la determinazione del Paese centroasiatico “a fermare la proliferazione nucleare e a presentarsi al mondo come Paese senza armi nucleari”. Un provvido elemento, insieme al fatto che la pena capitale non compare più nell’ordinamento giudiziale.

Papa Francesco e il presidente durante l'incontro con le autorità nel Palazzo di Stato

Pax mongolica

Esemplare è pure la capacità mostrata dagli antenati in Mongolia di “riconoscere le eccellenze dei popoli che componevano l’immenso territorio imperiale e di porle al servizio dello sviluppo comune”. È quella “pax mongolica” che, secondo Francesco, è necessaria al giorno d’oggi.
Libertà religiosa

Sulla stessa scia, Francesco rammenta la “profonda connotazione spirituale” della identità della Mongolia: “È bello” che il Paese “sia un simbolo di libertà religiosa”, dice. E ricorda che è la stessa Costituzione a sancire la libertà di pensiero e religione, frutto al quale la Mongolia - da sempre caratterizzata dal “rispetto” delle tradizioni sacre - è giunta in modo “naturale”. L’ideologia atea ha provato poi ad “estirpare” il senso religioso, ma anche questa fase è stata superata e oggi il popolo si riconosce nel “valore essenziale dell’armonia e della sinergia tra credenti di fedi diverse”, che contribuiscono “al progresso morale e spirituale dei popoli”.

Incontro con le autorità della Mongolia

Il tarlo della corruzione

Alla luce di questo il Papa chiede proprio alle religioni di operare insieme per contrastare i pericoli dello “spirito consumistico che oggi, oltre a creare tante ingiustizie, porta a un individualismo dimentico degli altri e delle buone tradizioni ricevute”.

Le religioni quando si rifanno al loro originale patrimonio spirituale e non sono corrotte da devianze settarie, sono a tutti gli effetti sostegni affidabili nella costruzione di società sane e prospere, dove i credenti si spendono affinché la convivenza civile e la progettualità politica siano sempre più al servizio del bene comune, rappresentando anche un argine al pericoloso tarlo della corruzione.
Il contributo della comunità cattolica

Sì, la corruzione, afferma il Papa, è “a tutti gli effetti una seria minaccia allo sviluppo di qualsiasi gruppo umano, nutrendosi di una mentalità utilitaristica e spregiudicata che impoverisce Paesi interi”. Francesco è perciò contento che la comunità cattolica della Mongolia, per quanto “piccola e discreta”, partecipi “con entusiasmo e impegno al cammino di crescita del Paese, diffondendo la cultura della solidarietà, del rispetto per tutti e del dialogo interreligioso, e spendendosi per la giustizia, la pace e l’armonia sociale”.

Auspico che, grazie a una legislazione lungimirante e attenta alle esigenze concrete, i cattolici locali, aiutati da uomini e donne consacrati necessariamente provenienti per lo più da altri Paesi, possano sempre offrire senza difficoltà alla Mongolia il loro contributo umano e spirituale, a vantaggio di questo popolo.

Un momento musicale in onore del Papa

Accordo bilaterale Mongolia - Santa Sede

Da qui l’augurio che il negoziato in corso per un accordo bilaterale tra Mongolia e Santa Sede rappresenti “un canale importante per il raggiungimento di quelle condizioni essenziali per lo svolgimento delle ordinarie attività in cui la Chiesa cattolica è impegnata”: le attività di culto, ma anche le iniziative nei settori di educazione, sanità, assistenza, ricerca e promozione culturale.

Sono certo che anche i cattolici mongoli sono e saranno pronti a dare il proprio apporto alla costruzione di una società prospera e sicura, in dialogo e collaborazione con tutte le componenti che abitano questa grande terra baciata dal cielo.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 02/08/2023)

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INCONTRO CON LE AUTORITÀ, CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Sala “Ikh Mongol” del Palazzo di Stato (Ulaanbaatar)


Signor Presidente della Repubblica,
Signor Presidente del Grande Hural di Stato,
Signor Primo Ministro,
distinti Membri del Governo e del Corpo diplomatico,
illustri Autorità civili e religiose,
insigni Rappresentanti del mondo della cultura,
Signore e Signori!

Ringrazio il Signor Presidente per l’accoglienza e per le parole che mi ha rivolto, e porgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto. Sono onorato di essere qui, felice di aver viaggiato verso questa terra affascinante e vasta, verso questo popolo che ben conosce il significato e il valore del cammino. Lo rivelano le sue dimore tradizionali, le ger, bellissime case itineranti. Immagino di entrare per la prima volta, con rispetto ed emozione, in una di queste tende circolari che punteggiano la maestosa terra mongola, per incontrarvi e conoscervi meglio. Eccomi dunque all’ingresso, pellegrino di amicizia, giunto a voi in punta di piedi e con il cuore lieto, desideroso di arricchirmi umanamente alla vostra presenza.

Quando si entra in casa di amici, è bello scambiarsi dei doni, accompagnandoli con parole che evocano le precedenti occasioni di incontro. E se le moderne relazioni diplomatiche tra la Mongolia e la Santa Sede sono recenti – quest’anno ricorre il 30° anniversario della firma di una lettera per rafforzare i rapporti bilaterali –, ben più indietro nel tempo, esattamente 777 anni fa, proprio tra la fine di agosto e l’inizio di settembre del 1246, Fra Giovanni di Pian del Carpine, inviato papale, visitò Guyug, il terzo imperatore mongolo, e presentò al Gran Khan la lettera ufficiale di Papa Innocenzo IV. Poco dopo fu redatta e tradotta in varie lingue la lettera di risposta, timbrata con il sigillo del Gran Khan in caratteri mongoli tradizionali. Essa è conservata nella Biblioteca Vaticana e oggi ho l’onore di porgervene una copia autenticata, eseguita con le tecniche più avanzate per garantirne la migliore qualità possibile. Possa essere segno di un’amicizia antica che cresce e si rinnova.

Ho saputo che dalla porta della ger, di prima mattina, i bambini delle vostre campagne stendono lo sguardo sul lontano orizzonte per contare i capi di allevamento e riferirne il numero ai genitori. Fa bene anche a noi abbracciare con lo sguardo l’ampio orizzonte che ci circonda, superando la ristrettezza di vedute anguste e aprendoci a una mentalità dal respiro globale, come invitano a fare le ger che, nate dall’esperienza del nomadismo delle steppe, si sono diffuse su un territorio vasto, divenendo elemento identificativo di diverse culture vicine. Gli spazi immensi delle vostre regioni, dal deserto del Gobi alla steppa,dalle grandi praterie alle foreste di conifere fino alle catene montuose degli Altai e dei Khangai, con le innumerevoli anse dei corsi d’acqua, che visti dall’alto sembrano decorazioni raffinate su antiche stoffe pregiate: tutto questo è uno specchio della grandezza e della bellezza dell’intero pianeta, chiamato a essere un giardino ospitale. La vostra sapienza, la sapienza del vostro popolo, sedimentata in generazioni di allevatori e coltivatori prudenti, sempre attenti a non rompere i delicati equilibri dell’ecosistema, ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente, una terra ancora feconda. Quello che per noi cristiani è il creato, cioè il frutto di un benevolo disegno di Dio, voi ci aiutate a riconoscere e a promuovere con delicatezza e attenzione, contrastando gli effetti della devastazione umana con una cultura della cura e della previdenza, che si riflette in politiche di ecologia responsabile. Le ger sono spazi abitativi che oggi si potrebbero definire smart e green, in quanto versatili, multi-funzionali e a impatto-zero sull’ambiente. Inoltre, la visione olistica della tradizione sciamanica mongola e il rispetto per ogni essere vivente desunto dalla filosofia buddista rappresentano un valido contributo all’impegno urgente e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra.

Le ger, presenti nelle zone rurali così come nei centri urbanizzati, testimoniano inoltre il prezioso connubio tra tradizione e modernità; esse infatti accomunano la vita di anziani e giovani, raccontando la continuità del popolo mongolo, che dall’antichità al presente ha saputo custodire le proprie radici, aprendosi, specialmente negli ultimi decenni, alle grandi sfide globali dello sviluppo e della democrazia. La Mongolia di oggi, infatti, con la sua ampia rete di relazioni diplomatiche, la sua attiva adesione alle Nazioni Unite, il suo impegno per i diritti umani e per la pace, riveste un ruolo significativo nel cuore del grande continente asiatico e nello scenario internazionale. Vorrei menzionare anche la vostra determinazione a fermare la proliferazione nucleare e a presentarsi al mondo come Paese senza armi nucleari: la Mongolia non è solo una nazione democratica che attua una politica estera pacifica, ma si propone di svolgere un ruolo importante per la pace mondiale. Inoltre – altro provvido elemento da segnalare – la pena capitale non compare più nel vostro ordinamento giudiziale.

Le ger, grazie alla loro adattabilità agli estremi climatici, consentono di vivere in territori molto variegati, come accadde durante la ben nota epopea dell’impero mongolo, quello con continuità territoriale più vasto di sempre – tra l’altro, giungo in Mongolia in un anniversario per voi importante, l’860° della nascita di Gengis Khan –. Nei secoli, l’abbracciare terre lontane e tanto diverse mise in risalto la non comune capacità dei vostri antenati di riconoscere le eccellenze dei popoli che componevano l’immenso territorio imperiale e di porle al servizio dello sviluppo comune. Questo è un esempio da valorizzare e da riproporre ai nostri giorni. Voglia il Cielo che sulla terra, devastata da troppi conflitti, si ricreino anche oggi, nel rispetto delle leggi internazionali, le condizioni di quella che un tempo fu la pax mongolica, cioè l’assenza di conflitti. Come dice un vostro proverbio, «le nuvole passano, il cielo resta»: passino le nuvole oscure della guerra, vengano spazzate via dalla volontà ferma di una fraternità universale in cui le tensioni siano risolte sulla base dell’incontro e del dialogo, e a tutti vengano garantiti i diritti fondamentali! Qui, nel vostro Paese ricco di storia e di cielo, imploriamo questo dono dall’Alto e diamoci da fare insieme per costruire un avvenire di pace.

Entrati in una ger tradizionale, lo sguardo è portato a elevarsi verso il punto centrale più alto, dove c’è una finestra sul cielo. Vorrei sottolineare questo atteggiamento fondamentale che la vostra tradizione ci aiuta a riscoprire: saper tenere gli occhi rivolti in alto. Alzare gli occhi al cielo – l’eterno cielo blu da voi sempre venerato – significa restare in un atteggiamento di docile apertura agli insegnamenti religiosi. C’è infatti una profonda connotazione spirituale tra le fibre della vostra identità culturale ed è bello che la Mongolia sia un simbolo di libertà religiosa. Nella contemplazione degli orizzonti sterminati e poco popolati da esseri umani, si è affinata infatti nel vostro popolo una propensione al dato spirituale, a cui si accede dando valore al silenzio e all’interiorità. Davanti al solenne imporsi della terra che vi circonda con i suoi innumerevoli fenomeni naturali, nasce anche un senso di stupore, il quale suggerisce umiltà e frugalità, scelta dell’essenziale e capacità di distacco da tutto ciò che non lo è. Penso al pericolo rappresentato dallo spirito consumistico che oggi, oltre a creare tante ingiustizie, porta a un individualismo dimentico degli altri e delle buone tradizioni ricevute. Le religioni invece, quando si rifanno al loro originale patrimonio spirituale e non sono corrotte da devianze settarie, sono a tutti gli effetti sostegni affidabili nella costruzione di società sane e prospere, dove i credenti si spendono affinché la convivenza civile e la progettualità politica siano sempre più al servizio del bene comune, rappresentando anche un argine al pericoloso tarlo della corruzione. Questa costituisce a tutti gli effetti una seria minaccia allo sviluppo di qualsiasi gruppo umano, nutrendosi di una mentalità utilitaristica e spregiudicata che impoverisce Paesi interi. La corruzione impoverisce Paesi interi. È indice di uno sguardo che si allontana dal cielo e fugge i vasti orizzonti della fraternità, chiudendosi in sé stesso e anteponendo a tutto i propri interessi.

Di sguardo verso l’alto e di ampie vedute furono invece protagonisti molti dei vostri leader antichi, i quali dimostrarono una non comune capacità di integrare voci ed esperienze diverse, anche dal punto di vista religioso. Un atteggiamento rispettoso e conciliante era infatti riservato anche alle molteplici tradizioni sacre, come testimoniano i diversi luoghi di culto – tra cui uno cristiano – tutelati nell’antica capitale Kharakhorum. È stato dunque quasi naturale per voi arrivare alla libertà di pensiero e di religione, sancita dalla vostra attuale Costituzione; superata, senza spargimento di sangue, l’ideologia atea che credeva di dover estirpare il senso religioso, ritenendolo un freno allo sviluppo, vi riconoscete oggi in quel valore essenziale dell’armonia e della sinergia tra credenti di fedi diverse, che – ognuna dal proprio punto di vista – contribuiscono al progresso morale e spirituale.

In tal senso, la comunità cattolica mongola è lieta di continuare ad apportare il proprio contributo. Essa ha cominciato, poco più di trent’anni fa, a celebrare la sua fede proprio all’interno di una ger e pure la cattedrale attuale, che si trova in questa grande città, ne ricorda la forma. Sono segni del desiderio di condividere la propria opera, in spirito di servizio responsabile e fraterno, con il popolo mongolo, che è il suo popolo. Sono perciò contento che la comunità cattolica, per quanto piccola e discreta, partecipi con entusiasmo e con impegno al cammino di crescita del Paese, diffondendo la cultura della solidarietà, la cultura del rispetto per tutti e la cultura del dialogo interreligioso, e spendendosi per la giustizia, la pace e l’armonia sociale. Auspico che, grazie a una legislazione lungimirante e attenta alle esigenze concrete, i cattolici locali, aiutati da uomini e donne consacrati necessariamente provenienti per lo più da altri Paesi, possano sempre offrire senza difficoltà alla Mongolia il loro contributo umano e spirituale, a vantaggio di questo popolo. A tale riguardo, il negoziato in corso per la stipula di un accordo bilaterale tra la Mongolia e la Santa Sede rappresenta un canale importante per il raggiungimento di quelle condizioni essenziali per lo svolgimento delle ordinarie attività in cui la Chiesa cattolica è impegnata. Tra queste, oltre alla dimensione più propriamente religiosa del culto, spiccano le numerose iniziative di sviluppo umano integrale, declinate anche nei settori dell’educazione, della sanità, dell’assistenza e della ricerca e promozione culturale: esse ben testimoniano lo spirito umile, lo spirito fraterno e solidale del Vangelo di Gesù, unica strada che i cattolici sono chiamati a percorrere nel cammino che condividono con ogni popolo.

Il motto scelto per questo Viaggio, “Sperare insieme”, esprime proprio la potenzialità insita nel camminare con l’altro, nel rispetto reciproco e nella sinergia per il bene comune. La Chiesa cattolica, istituzione antica e diffusa in quasi tutti i Paesi, è testimone di una tradizione spirituale, di una tradizione nobile e feconda, che ha contribuito allo sviluppo di intere nazioni in molti campi del vivere umano, dalla scienza alla letteratura, dall’arte alla politica. Sono certo che anche i cattolici mongoli sono e saranno pronti a dare il proprio apporto alla costruzione di una società prospera e sicura, in dialogo e collaborazione con tutte le componenti che abitano questa grande terra baciata dal cielo.

«Sii come il cielo». Con queste parole, un famoso poeta invitava a trascendere la caducità delle alterne vicende terrene, imitando la magnanimità ispirata proprio dall’immenso e terso cielo blu che si contempla in Mongolia. Anche noi, oggi, pellegrini e ospiti in questo Paese che tanto può offrire al mondo, desideriamo raccogliere tale invito, traducendolo in segni concreti di compassione, dialogo e progettualità comune. Possano le diverse componenti della società mongola, qui ben rappresentate, continuare a offrire al mondo la bellezza e la nobiltà di un popolo unico. Come la vostra scrittura, così possiate restare “in piedi” e sollevare tante sofferenze umane intorno a voi, ricordando a tutti la dignità di ogni essere umano, chiamato ad abitare la casa terrena abbracciando il cielo. Bayarlalaa! [grazie!].

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Guarda anche il post (con i link a quelli precedenti)

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN MONGOLIA 31 AGOSTO - 4 SETTEMBRE 2023 - Il Papa in Mongolia